Andate, con generosità e consapevolezza - Azione Cattolica Italiana Andate

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Il brano del Vangelo di Luca, di cui oggi ricorre la festa liturgica, inizia con un riferimento ai fatti avvenuti in precedenza. È utile cogliere il contesto perché ci aiuta a comprendere meglio alcune espressioni di quanto abbiamo ascoltato. I “fatti” a cui l’evangelista fa riferimento sono legati al cammino intrapreso in modo deciso da Gesù verso Gerusalemme e all’annuncio del compimento in quel luogo della missione salvifica attraverso il mistero pasquale della sua passione, morte e risurrezione. Iniziano anche i primi fraintendimenti e soprattutto emerge che la sequela di Gesù è molto impegnativa e segue una logica opposta a quella del mondo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,23-24). In modo particolare, nei versetti che precedono il brano che abbiamo ascoltato, – dopo aver ricordato che i primi sono coloro che servono e che il più grande è colui che si fa piccolo come un bambino (cfr. Lc 9,48) – insiste sulla radicalità delle scelte che devono caratterizzare chi vuole collaborare con il Signore nell’annuncio del Vangelo. La veloce carrellata di situazioni si conclude con un monito lapidario: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (Lc 9, 62).

Ecco i fatti che precedono. Già ci danno la misura di quanto sia esigente la sequela e impegnativa la missione a cui il Signore chiama tutti, non solo gli Apostoli. Nonostante le titubanze, le resistenze e le contraddizioni di coloro che si pongono alla sua sequela, Gesù non si scoraggia e continua a chiamare e mandare. Qui entrano in campo i 72 discepoli, ben più numerosi dei 12. Ad essi viene affidato il compito di raggiungere i territori circostanti per annunciare il passaggio del Signore Gesù in cammino verso Gerusalemme. Se gli apostoli ricevono un mandato speciale per la custodia della fede e la guida della comunità, non meno importante, a partire dalla consacrazione battesimale, è la missione di tutti coloro che si mettono a servizio del Vangelo. Possiamo dire che oggi tutti noi siamo qui con le nostre responsabilità associative ed ecclesiali per continuare questa azione missionaria. Mandati “due a due”, cioè assieme, per essere riflesso della carità, come spiega San Gregorio Magno nel suo commento: «Ecco che egli manda a due a due i discepoli a predicare, perché sono due i precetti della carità: l’amore di Dio, cioè, e l’amore del prossimo» (Dalle “Omelie sui vangeli” di san Gregorio Magno, papa. Om. 17, 1-3; PL 76, 1139).

È bello aprire il nostro Convegno con questo mandato del Signore. Il contributo dei discepoli, quali siamo tutti noi, è indispensabile perché l’evento salvifico continui ad illuminare il cammino dell’umanità anche nel nostro tempo. Sappiamo quanto sia vera l’amara costatazione del Signore: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» Oggi, come allora, la messe è davvero molta e gli operai sono sempre pochi, e non solo i ministri ordinati, anche gli operai laici sono pochi. Il primo gesto che facciamo pertanto è quello della preghiera perché si rendano disponibili tanti operai. Ma chiediamo che anche quelli che ci sono, indegnamente come siamo noi, siano all’altezza di un compito così grande.

A quel perentorio “andate”, segue la descrizione delle condizioni necessarie per svolgere al meglio la missione loro affidata. Potremmo dire che viene tracciato il profilo del missionario e descritto lo stile di vita che lo deve contraddistinguere: o forse, ancora meglio, qui troviamo richiamate le condizioni di possibilità della missione stessa. Con veloci ed efficaci pennellate il Signore indica quattro condizioni che rendono riconoscibile il testimone del Vangelo.

La prima caratteristica è quella del coraggio. Coloro che sono inviati dal Signore e vivono il Vangelo sono come “agnelli in mezzo ai lupi”. Quante volte lo sperimentiamo e ne restiamo impauriti, tanto da ritirarci o nasconderci. Ma non dobbiamo temere perché al nostro fianco c’è il Buon Pastore che si prende cura delle pecore, le difende dai lupi rapaci e le nutre. Nel Vangelo di Giovanni leggiamo infatti: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano» (Gv 10,27-28).

La seconda caratteristica è l’essenzialità o forse meglio la leggerezza. «Non portate borsa, né sacca,né sandali e nonfermatevi a salutare nessuno lungo la strada». Chi annuncia il Vangelo non deve avere altre preoccupazioni; deve essere libero da tutto e da tutti. Non perché si debba essere degli sprovveduti, ma affinché nulla sia anteposto all’annuncio del Vangelo. Occorre avere quella libertà a cui il Signore invita tutti: «voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta (Lc 12,29-31).

La terza caratteristica è l’essere artigiani di pace. Tema intimamente connesso con il Vangelo, inseparabile da esso. Gesù è venuto a portare la pace vera, non quella del mondo precaria e ambigua. Mai, come oggi, tanto invocata e così poco coltivata. La pace, che ha la sua culla nella famiglia e nelle comunità che custodiscono e alimentano la fraternità, appare oggi come il bene più prezioso. Dovremmo recuperare questo saluto suggerito dal Signore e farlo risuonare con convinzione: «Pace a questa casa!»: dove la casa è il nostro cuore, la famiglia, la Chiesa, l’associazione, la comunità civile, l’umanità intera. Possa davvero essere il nostro biglietto da visita testimoniato con la vita prima che pronunciato con le labbra.

Infine, la quarta caratteristica: porre segni di guarigione. Gesù è la rivelazione della regalità di Dio che si manifesta nel servizio e nella misericordia verso tutti. Le guarigioni sono il segno messianico del suo essere a servizio di tutti e in particolare dei più poveri e fragili. Per questo ai suoi discepoli insegna: «chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,27-28).  Le guarigioni sono il segno di una rigenerazione che parte dalla fede in Lui e dalla piena accoglienza del comandamento nuovo: «amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). Se i segni di guarigione del corpo oggi sono più limitati, non è venuta meno, anzi è sempre più evidente, la straordinaria ricchezza di grazia che continua a sanare i cuori e a guarire le tante malattie dell’anima.

Queste caratteristiche ci ricordano a quali condizioni anche noi oggi possiamo essere dei veri discepoli del Signore e farci carico responsabilmente della missione che Lui ci affida. Quell’“andate”, risuona forte, ancora oggi, per i membri dell’Azione Cattolica e per noi, eredi di quei settantadue, che siamo qui – presidenti, assistenti, delegazioni regionali – per confrontarci sui contenuti e le modalità della missione affidata all’Azione Cattolica.

Andate, senza farvi spaventare o intimorire dall’indifferenza, dai pregiudizi, dalle chiusure o contrapposizioni ideologiche, dalla cultura dell’effimero… continuate ad annunciare il Vangelo in ogni luogo e ogni momento perché il mondo ha sete di verità e chiede salvezza;

Andate, e siate fermento di pace in una società lacerata da tensioni e conflitti, consapevoli dei limiti e delle fragilità umane ma anche certi che, nella luce del Risorto, è possibile costruire un mondo più fraterno e solidale, più giusto e sostenibile;

Andate, da cristiani laici presenti in tutte le realtà testimoniando, con la vita prima che con le parole, la bellezza del Vangelo e la potenza della grazia divina che fa nuove tutte le cose, oltre ogni resistenza e stanchezza;

Andate, pieni di gratitudine, prendendovi cura gli uni degli altri, promuovendo una piena e matura corresponsabilità e non fate mancare alla vita della Chiesa il vostro originale e prezioso contributo;

Andate, e attraverso la formazione, la spiritualità e lo slancio missionario, nel solco della ricca tradizione associativa, date il vostro peculiare contributo come palestra e atleti di sinodalità per un autentico rinnovamento della vita ecclesiale e un efficace annuncio evangelico;

Andate, e nello spirito del rinnovamento giubilare portate a tutti la freschezza e la gioia della speranza cristiana perché, a partire dalla conversione dei cuori, nessuno si senta più solo, abbandonato e ai margini della vita sociale ed ecclesiale;

Andate, e portando con voi la memoria viva del grande abbraccio di Piazza san Pietro con Papa Francesco (25 aprile 2024), fate sentire a tutti, con uno stile associativo accogliente, gioioso e creativo, la bellezza di camminare nella santità verso la pienezza della vita fino al giorno dell’abbraccio eterno di Dio che non avrà mai fine.

A Maria, Madre premurosa, che si alzò e andò in fretta da sua cugina Elisabetta (Cfr. Lc 1,39) per aiutarla e gioire delle grazie del Signore, affidiamo la nostra assemblea e queste giornate di lavoro, non per essere frettolosi, ma per essere pronti e saper contemplare le meraviglie che il Signore anche oggi compie in mezzo a noi. Vogliamo imparare da Lei a dire, con consapevolezza e generosità: “Eccoci, siamo a servizio, si compia in noi e attraverso di noi il tuo disegno di amore per la Chiesa e la società”. Amen.

Recapiti
Claudio Giuliodori