6 Errori comunissimi nel Marketing Territoriale che quasi tutti commettono - Marketing Italia

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I sei errori più frequenti nel marketing territoriale: come evitarli per attrarre il giusto target e valorizzare al meglio ogni destinazione.

di Ruben Santopietro

Ogni campagna di marketing territoriale è un’opportunità preziosa per raccontare un luogo e trasformarlo in una meta desiderabile. Tuttavia, nel tentativo di raggiungere questo obiettivo, anche i professionisti più esperti cadono spesso in alcuni errori che rischiano di penalizzare l’intera strategia. Come CEO di Visit Italy, collaboro ogni giorno con amministrazioni locali e regionali su campagne di marketing in tutta Italia: dalle località di montagna come Courmayeur alle perle costiere come Tropea, dai paesaggi collinari delle Marche alle tradizioni dell’entroterra sardo, fino ai piccoli comuni piemontesi e ad isole magiche come Capri. Ecco sei errori comunissimi che vedo quasi sempre e che possono indebolire anche le campagne più ambiziose.

1. Pensare al pubblico come un unico gruppo

Troppo spesso si presume che i turisti siano tutti uguali o che basti seguire le mode più popolari per ottenere successo. Tuttavia, senza un’analisi approfondita delle caratteristiche demografiche, psicografiche e culturali del target, il rischio è di creare messaggi che non trovano risonanza. In una campagna dedicata alle città d’arte, ad esempio, è fondamentale distinguere l’approccio tra chi visita occasionalmente e chi cerca un’esperienza culturale profonda. Comprendere il pubblico permette di costruire contenuti mirati e di massimizzare l’impatto di ogni investimento. Una comunicazione che non risponde alle motivazioni specifiche dei diversi segmenti turistici finisce per sembrare generica: cercare di raggiungere tutti può significare, alla fine, non raggiungere nessuno.

2. Dare per scontato il significato delle parole

Uno degli errori più comuni nel marketing territoriale è dare per scontato che il significato delle parole sia universale. In Italia, ad esempio, il termine ‘territorio’ evoca molto più di uno spazio fisico: racchiude cultura, storia, identità e senso di comunità. All’estero, invece, parole come ‘land’ o ‘territory’ vengono spesso associate solo al suolo o alla proprietà, mancando di quella carica culturale. Lo stesso vale per parole italiane come ‘borgo’ o ‘paesaggio’, che in traduzioni come ‘village’ o ‘landscape’ rischiano di perdere fascino e intensità. Perciò, parlare la lingua del mercato significa scegliere con cura il linguaggio, trasmettendo che il nostro ‘territorio’ è un’esperienza da vivere, e non solo una località geografica. Senza una comunicazione che tenga conto di queste differenze, rischiamo di sminuire l’unicità della nostra offerta.

3. Ignorare il potere del digitale

Nel 2024, non essere online significa non esistere per il 78% dei viaggiatori, che pianifica e sceglie le proprie esperienze tramite il digitale. Studi recenti mostrano che le destinazioni con una presenza attiva sui social media e che producono contenuti video di qualità vedono un aumento delle prenotazioni fino al 32% rispetto a quelle che non lo fanno. Investire in content marketing — testi evocativi, immagini e video che raccontano l’essenza del luogo — è fondamentale per creare connessioni autentiche, facendo innamorare i visitatori ancor prima che arrivino. Essere presenti online non è solo promozione: è costruire un legame che spinge le persone a scegliere la destinazione. In Visit Italy siamo specializzati nella creazione di campagne di marketing territoriale digitale di successo, lavorando con destinazioni in tutta Italia per valorizzare la loro identità e raggiungere un pubblico globale.

4. Credere che avere tutto sia di appeal

Molto spesso, parlando con i responsabili di destinazione, sento dire: “Qui abbiamo tutto: buon cibo, arte, storia, cultura, ecc.”, come se questo fosse un vantaggio competitivo. In realtà, è un errore. Pensare che elencare tutto ciò che una destinazione offre possa attirare i visitatori riduce la comunicazione a un inventario, dimenticando che le persone non scelgono una destinazione per ciò che possiede, ma per l’emozione che lascia. Non è il fatto di “avere tutto” a rendere un luogo speciale, ma il modo in cui quel luogo farà sentire chi lo visita. Pensiamo a Ibiza: i viaggiatori non la scelgono per un elenco di servizi, ma per l’atmosfera, il mood che l’isola trasmette. Lo stesso vale per Marrakech, che non offre “tutto”, ma ha un’identità e un’anima che portano i visitatori fuori dal tempo. Creare una narrazione autentica significa parlare delle sensazioni che accompagneranno il viaggiatore. Un vero storytelling territoriale non dovrebbe mai cadere nell’errore di fare una lista delle attrazioni: senza emozione, una destinazione diventa solo una mappa.

5. Prepararsi ad uno sprint e non ad una maratona

Uno degli errori più comuni è considerare il marketing territoriale come un’attività da cui ottenere risultati immediati, dimenticando che il vero successo si costruisce nel tempo. Le destinazioni che restano nella mente e nel cuore dei viaggiatori non lo fanno grazie a una singola campagna, ma attraverso una narrazione continua e autentica. In Visit Italy, lo sappiamo bene: con la campagna Salude & Trigu in Sardegna, abbiamo puntato a destagionalizzare i flussi turistici e ad attirare un pubblico internazionale. È stato un percorso di anni, costruito con impegno e coerenza, e oggi raccogliamo i risultati: un aumento del 33% dei turisti americani, attratti da una destinazione che comunica la sua autenticità nel tempo. Il marketing territoriale, infatti, non si limita a generare visite nell’immediato, ma lavora per rendere una destinazione memorabile e capace di attirare viaggiatori stagione dopo stagione.

6. Attuare investimenti poco efficaci

Occorre essere diretti: in un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale, è sorprendente come molte destinazioni continuino a investire risorse in strumenti obsoleti, come brochure da distribuire negli hotel o materiali simili, oppure si affidino a strutture di marketing non specializzate, convinte che le tecniche utilizzate per promuovere un prodotto o un brand possano adattarsi alla complessità di un territorio. Affidare una campagna di marketing territoriale a chi non ha competenze specifiche significa disperdere tempo e risorse preziose, sottraendole a una disciplina che, se gestita con consapevolezza, può generare impatti economici, culturali e ambientali di grande valore. Il marketing territoriale richiede infatti una conoscenza approfondita e un approccio strategico distintivo, capace di creare legami autentici e duraturi tra una destinazione e i suoi visitatori.

Riflessioni finali

Il vero marketing territoriale si fonda su una profonda conoscenza del territorio, una visione chiara e un’interazione continua con il pubblico, come evidenziato nei nostri 7 segreti per una campagna di successo. Per le destinazioni che aspirano a distinguersi, Visit Italy rappresenta il partner ideale. Ogni giorno, collaboriamo con realtà italiane per sviluppare strategie di marketing territoriale su misura, pensate per far emergere le caratteristiche uniche di ciascun luogo. Crediamo fermamente che ogni destinazione custodisca una storia autentica e preziosa, e il nostro impegno è raccontarla con passione, per far sì che brilli nel panorama turistico internazionale, attirando viaggiatori consapevoli e coinvolti.

Ruben Santopietro

Imprenditore ed esperto in marketing territoriale, Santopietro è il CEO di Visit Italy, la principale piattaforma indipendente per la promozione dell’Italia a livello globale. Visit Italy è una media company che racconta l’eccellenza del paese, informando i viaggiatori sui migliori luoghi ed esperienze da non perdere. La piattaforma ha una vasta community online di oltre 3,2 milioni di viaggiatori e lavora per supportare destinazioni e aziende nella pianificazione di campagne di marketing del territorio ad alto valore e basso impatto. Nel tempo libero, coltiva la sua passione per l'arte, l'attività fisica e l'esplorazione dei luoghi più affascinanti del mondo.

Recapiti
Ruben Santopietro