Nel cuore di Gesù, fratelli di tutti - Azione Cattolica Italiana

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Domenica 1° dicembre la Chiesa celebra la memoria liturgica di san Charles de Foucauld, a 108 anni dalla morte. Canonizzato il 15 maggio del 2022 da papa Francesco, è riconosciuto come il padre del deserto che ha dato la vita per i poveri contemplando e adorando la Croce nella solitudine.

Ordinato sacerdote a 43 anni (1901), nella diocesi di Viviers, si reca nel deserto algerino del Sahara, prima a Beni Abbès, povero tra i più poveri, poi più a Sud a Tamanrasset con i Tuaregs dell’Hoggar. Vive una vita di preghiera, meditando continuamente la Sacra Scrittura, e di adorazione, nell’incessante desiderio di essere, per ogni persona il “fratello universale”, viva immagine dell’Amore di Gesù. La sera del 1° dicembre 1916 è ucciso da una banda di predoni di passaggio. Il suo sogno è sempre stato quello di condividere la sua vocazione con altri: dopo aver scritto diverse regole di vita religiosa, ha pensato che la vita di Nazareth potesse essere vissuta da tutti e ovunque.

Oggi la famiglia spirituale di Charles de Foucauld comprende diverse associazioni di fedeli, comunità religiose ed istituti secolari di laici o sacerdoti sparsi nel mondo intero. Tra queste, ci sono i Piccoli fratelli di Jesus caritas, che hanno sede nell’abbazia millenaria di Sassovivo a Foligno. Il fondatore, fratel Gian Carlo Sibilia, che ha compiuto 90 anni lo scorso 27 novembre, ha raccontato ad Avvenire il suo incontro con Charles de Foucauld e poi con Carlo Carretto, che gli ha cambiato la vita. Condividiamo l’articolo.

«Ho incontrato nella mia vita molte persone, sacerdoti e laici, che mi hanno fatto del gran bene. Però la persona che ha inciso fortemente sul mio crescere davanti a Dio e agli uomini è stata la mia mamma, che mi ha insegnato ad amare Gesù». Fratel Gian Carlo Sibilia compie il 27 novembre 90 anni. Fondatore dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, una delle comunità religiose sparse per il mondo che si rifanno all’insegnamento di San Charles de Foucauld – che il prossimo 1° dicembre la Chiesa ricorda nel calendario –, dall’abbazia millenaria di Sassovivo, sede del priorato, posta alle pendici del monte Serrone, sopra Foligno, vive e continua la sua missione di innamorato del Vangelo, con allegria e naturalmente con gli acciacchi dell’età.

Il deserto e la Giac

L’abbazia di Sassovivo respira a pieni polmoni la presenza di San Francesco – Assisi è a due passi – e di fratel Carlo Carretto, straordinaria figura del cattolicesimo italiano post conciliare che a Spello, le “colline della speranza”, fondò una comunità dei Piccoli Fratelli del Vangelo dando anima e corpo ai tanti piccoli eremi sparsi per il monte Subasio.

«Un’altra persona che ha segnato fortemente il mio amore per Gesù e per la Chiesa – continua Gian Carlo – è stato fratel Carlo Carretto. Innamorato di Gesù alla scuola di Carlo Carretto, e guidato da fr. Charles, non potevo che seguirli sulle orme stesse del deserto e nello sviluppo del loro messaggio spirituale. Ma c’era un altro amore che andava sviluppandosi: quello per la Chiesa. Il noviziato per conoscere e crescere in quest’amore fu la Giac (la Gioventù Italiana di Azione cattolica) e i vari servizi diocesani e nazionali a essa legati. Con la Giac imparai a servire la Chiesa locale».

Innamorarsi di frère Charles

All’abbazia di Sassovivo il cuore di Gesù, sormontato da una croce di colore rosso, lo si vede dappertutto. Nell’abito dei Piccoli fratelli. Nei quadri appesi alle pareti. È il simbolo di Charles de Foucauld. Spesso iniziava le sue lettere disegnando un cuore con una piccola croce, posto tra due parole: “Iesus Caritas”. Per fratel Gian Carlo l’innamoramento verso Charles de Foucauld iniziò in modo molto semplice. «L’assistente della Giac di allora, mons. Paolo Gillet, mi regalò un libretto dov’erano raccolte le meditazioni di un ritiro di fratel Arturo Paoli, fatto in Argentina. Queste pagine mi fecero scoprire innanzitutto il messaggio spirituale di Charles de Foucauld. Ma il libro fondamentale fu Come loro di Renè Voillaume, l’autentico fondatore della Famiglia foucauldiana. Infine frequentai le Piccole Sorelle alle Tre Fontane, vicino alla mia casa di Roma; l’ascolto delle loro testimonianze chiarì quale sarebbe stato il mio progetto di vita».

Fratel Gian Carlo Sibilia

Pane, acqua e amicizia

Sulla strada di Charles de Foucauld, con l’aiuto di Carretto. «La prima volta che gli parlai fu al telefono. Lui era a Benì-Abbes, nel deserto, e la telefonata sollecitava la richiesta che nelle stampe dei giornali e riviste della Giac ci fosse un aiuto finanziario per alcune famiglie del Sahara bisognose di crearsi un pozzo per approvvigionarsi di acqua.

Pur nella solitudine del deserto algerino Carlo Carretto, che era stato il presidente della Giac dal 1946 al 1952, non smetteva mai di chiedere informazioni su quello che accadeva in Italia. Ricordo soprattutto la sua vicinanza fisica e spirituale durante i miei primi quaranta giorni di eremo a Bindua in Sardegna, dove i fratelli avevano sistemato un eremo. Carlo ogni due giorni mi portava pane e acqua e poi, facendosi sera, parlavamo di cosa volesse dire diventare “piccolo fratello”. Per non parlare dei due ritiri spirituali nel Sahara: ci fermavamo per la preghiera e l’adorazione nei luoghi frequentati da fr. Charles. Divenne un’amicizia forte. Che bello avergli chiuso gli occhi per nascere al cielo».

Spello, Assunta del 1965

I Piccoli fratelli di Jesus Caritas fanno parte della grande famiglia spirituale di Charles de Foucauld. In cosa consiste la vostra missione? «I Piccoli fratelli di Jesus Caritas cercano di vivere il messaggio di fr. Charles innanzitutto con una stretta vita fraterna, nutrita dalla preghiera di adorazione e dalla Lectio Divina quotidiana. Un servizio in diocesi secondo le nostre disponibilità e la richiesta del Vescovo. Iniziai la mia avventura di piccolo fratello a Spello nel Convento di San Girolamo (ora è il “polmone spirituale” gestito dall’Azione cattolica italiana), dove arrivai a mezzogiorno dell’Assunta del 1965, con due fratelli, uno più giovane e il secondo colpito dalla malaria cronica.

Spello, con il convento francescano del ‘400, doveva diventare, insieme ai 25 eremi sparsi per il Subasio, il luogo di informazione e formazione per far fare esperienza di preghiera privilegiando il silenzio e l’adorazione eucaristica. Così accadde. Per quasi venticinque anni fu un notevole riferimento spirituale ed ecclesiale per centinaia di giovani che si alternavano ogni domenica tra i servizi liturgici, il lavoro nei campi e l’aiuto in cucina. L’andata al cielo di Carlo nel vespro di San Francesco, il 4 ottobre 1988, e infine il terremoto del 1997, hanno determinato la chiusura dell’esperienza. Ci si augura che fratel Carlo e gli altri piccoli fratelli sepolti con lui a Spello, rifacciano rifiorire la fraternità».

Il chiostro dell’abbazia di Sassovivo

La mappa della fraternità

Non solo Spello, però. «Vissi alcuni anni a Casalecchio di Reno, nella vivace diocesi di Bologna del card. Lercaro. Da lì siamo stati richiamati nella diocesi di Foligno per assumere la responsabilità della parrocchia di Limiti di Spello. Poi la fraternità cittadina a Foligno, e l’abbazia di Sassovivo. Ancora il Goleto in Irpinia, nella diocesi di S. Angelo dei Lombardi, e infine a Nazaret, in una parte dell’ex monastero delle Clarisse dove è vissuto per tre anni fr. Charles. La nostra Comunità poi ha la responsabilità della Rivista Jesus Caritas, della Famiglia Charles de Foucauld, e custodisce l’archivio di fratel Carlo Carretto, curando inoltre la diffusione dei suoi fortunatissimi libri».

Condividere con chi soffre

Nazaret, infine. «La nostra presenza nella fraternità di Nazaret, luogo molto caro alla famiglia spirituale di Charles de Foucauld, lo dobbiamo alle Piccole sorelle di Gesù che dopo cinquanta anni hanno dovuto ritirarsi da lì. Rimane una delle poche memorie della presenza di frere Charles. Nazaret vuol dire una vita semplice, come la si viveva ai tempi di Gesù. Fatta di preghiera, lavoro e amicizia con gli uomini.

Charles de Foucauld rimase tre anni a Nazaret e comprese subito che bisognava predicare anche in terre e luoghi non cristiani. A Nazaret accogliamo chi viene in visita o chi voglia trascorrere un tempo più o meno prolungato di ritiro. Con l’inizio della guerra ci siamo posti la domanda se chiudere la fraternità o restare, ma i fratelli che vivono lì ci hanno risposto: “siamo stati qui più di 20 anni per accogliere i pellegrini e ora che la gente del posto è in guerra noi non possiamo rifiutarci di condividere con loro la sofferenza”».

Il giornale e il Rosario

Fratel Gian Carlo parla a bassa voce. La voce degli anziani, dei sapienti. Riscalda il cuore di chi vuole ascoltarla. Chi arriva a Sassovivo sa che incontra dei piccoli fratelli che vivono la carità fraterna, aperti all’accoglienza di quanti bussano alla loro porta. Sa che può trovare una parola o un conforto spirituale in un uomo che somiglia molto a quei vecchi patriarchi dell’Antico Testamento.

«A 90 anni pieni, come mi viene richiesto e con una sofferenza non lieve di artrosi reumatica: prego, leggo, ascolto persone che mi vengono a scaricare le loro sofferenze, dedico un po’ di tempo anche alla lettura di qualche quotidiano ricordandomi sempre quello che scriveva Thomas Merton: l’uomo non è un’isola. In questo periodo ho riscoperto il valore del santo Rosario che fratel Carlo Carretto chiamava il Breviario dei poveri; ci sono giornate che anche il salmodiare mi diventa difficile…allora, corona in mano, e via con Maria, madre di Gesù e madre mia».

Uomo vivo perché donato

L’ultima domanda per Gian Carlo è rivolta ai giovani. Cosa direbbe ai più giovani per innamorarsi di Charles de Foucauld? «Di leggere una sua buona biografia. Ce ne sono ormai tante. Se poi si vuol camminare più specificamente sulle sue orme bisogna prendere in mano Come loro, il libro guida per incamminarsi alla sequela del Santo. Ci fu un anno in cui l’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini venne a Spello con 150 preti ambrosiani di età piuttosto giovanile. Alla fine dell’Eucaristia celebrata nel piccolo chiostro della fraternità di san Girolamo disse: “fratel Carlo, un uomo vivo perché donato, perché spoglio. Un uomo che ha vissuto la speranza che è tale solo se la si vive fino in fondo. Amen”».

Recapiti
Gianni Di Santo