Natale, il Bambino svela che tipo di uomo sei - Azione Cattolica Italiana - Natale

Compatibilità
Salva(0)
Condividi

Qualche giorno prima di Natale, forse, il pomeriggio stesso di quella santissima Notte, accadde un evento sul quale generalmente non ci fermiamo più di tanto a riflettere: Maria e Giuseppe si trovavano con il loro asinello davanti al banco di un’ufficiale romano per adempiere al censimento. Stavano, cioè, registrando ufficialmente il loro nome nella storia. Che bello pensare che anche Gesù abbia partecipato a questo censimento. È stato censito come un «portato in grembo». Ci chiediamo come vogliamo essere registrati nella storia? Come ci piacerebbe essere ricordati, almeno dai nostri famigliari o dalle persone che ci hanno conosciuto? Come individui o come donne e uomini in relazione tra loro e in cammino, che portano dentro di sé la meravigliosa presenza di Cristo? L’interrogativo – capiamo bene – non è accessorio. È fondamentale. La scelta di associarsi all’Azione cattolica e, più i generale, il desiderio di un’esperienza ecclesiale che sia sempre più contraddistinta dal carattere partecipativo e corresponsabile, non può sottrarsi da una risposta chiara, puntuale e, possibilmente, appassionata.

In cammino con Cristo

Il sommo poeta, Dante Alighieri, ebbe a scrivere un giorno che nel ventre di Maria si «raccese l’amore». La presenza di Cristo è qualcosa che riscalda, anche oggi, che non rinchiude il senso della vita in ragionamenti fatti a sangue freddo. La presenza di Cristo commuove, cioè fa camminare in compagnia, come ci stanno ripetendo le varie assemblee del cammino sinodale. Questa dinamica ha il potere di distruggere all’istante la paralisi di ogni solitudine, imboccando sempre nuovi sentieri. Alcuni – lo sappiamo – per la verità saranno quelli di sempre, ma è la novità che ci portiamo dentro che renderà diverso il modo di poterli percorrere. 

L’identità personale di ciascuno

A Natale Dio, che si presenta a noi nel segno di un neonato, provoca la sensibilità di tutti, ma proprio di tutti. Qui capiamo che la scelta non è facoltativa, perché dice lo spessore della nostra stessa umanità. Qui si capisce di che pasta siamo fatti: l’indifferenza di chi volta le spalle e scarica su altri la responsabilità, oppure la scelta di mettersi in gioco, accettando, nel caso, di non essere gli unici a decidere le regole della partita. Un bimbo che viene al mondo ha bisogno almeno di un contesto che l’accolga amorevolmente. La presenza fragile di un neonato è come se ci dicesse: «O tu mi accudisci o io muoio!». E se questo è vero per ogni bambino, di ogni latitudine, è altrettanto vero anche per il mistero di Dio. A volte non cercato, forse anche non voluto o addirittura temuto, Dio sceglie di nascere in noi! E la sua presenza interpella la voce profonda della nostra coscienza: «o tu mi accudisci o io muoio!».

La relazione unica con il mistero

Perché possa crescere in noi, il mistero di Dio va accudito, nutrito, ma soprattutto amato. Non si può crescere nella personale esperienza di fede affidando ad altri – come ad una babysitter – la cura appassionata del mistero di Dio! È necessario invece sforzarsi di capire personalmente la sua lingua, come si fa per i vagiti di un bambino, eventualmente facendosi aiutare da chi già ci è passato e tuttavia senza sottarsi alla fatica. Una volta imparato il suo linguaggio sarà magnifico costruire con lui una relazione. Nulla stimeremo di valore superiore. Conoscere e sentirsi riconosciuti! Cercare e sentirsi ricercati, addirittura, in alcuni passaggi delicati della vita, preferiti! Non se ne potrà più fare a meno! Con un velo di gelosia lo mostreremo agli altri, forse più incuriositi che appassionati, sapendo che rientrati nel clima dell’assoluta confidenza saremo liberi di stare ancora a lungo con Lui. E quando il lavoro o le incombenze chiederanno un prolungato distacco ne sentiremo i morsi della nostalgia. Quasi un senso di colpa per non poterlo portare ovunque con noi.

Il segno della Grazia che apre le porte

Nella Notte di Natale si presenta ancora una volta a ciascuno di noi, come ai pastori di Betlemme, il mistero di Dio attraverso dei segni: «troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». Quest’anno un ulteriore segno accompagna l’annuncio: una grande Porta aperta per accogliere migliaia di pellegrini che giungono a Roma dai luoghi della non-pace. Per Amore e per Fede attraverseranno i luoghi di conflitti personali e sociali per sperimentare riconciliazione e accoglienza. Occorre consegnare loro un salvacondotto: la Speranza che non confonde e che fa cogliere nel tempo la presenza viva dell’Eterno. L’augurio sincero è quello di non ridurre la sacralità del Giubileo alla straordinarietà di un evento, anzi, di una serie di eventi. Di restare affascinati dall’apertura di una o più Porte sante, senza ricordare che Cristo, in quanto risorto, ha la capacità di entrare «a porte chiuse» e di stare nella paura dei discepoli, per augurare la pace a fraternità insidiate.

A Natale inizia un vero Anno di Grazia. E per chi lo vuole — come diceva già nel IV secolo Ambrogio di Milano — Dio si rende accessibile a tutti come «un bambino, perché tu possa diventare uomo perfetto».

Assistente centrale per il Settore giovani di Ac      

Recapiti
Michele Martinelli