All’Alpe Bonze un rifugio ad alto impatto sociale: intervista ai gestori Mosè Morsut e Paolo Picci

Compatibilità
Salva(0)
Condividi

Il Rifugio Alpe Bonze a Donnas (Valle d’Aosta) ospiterà i primi week-end aperti di Cammino (Ri)Generativo, il percorso di formazione esperienziale fondato sul cammino come metafora generativa promosso da (RI)GENERIAMO. Per saperne di più sul rifugio abbiamo chiesto a Mosè Morsut e Paolo Picci della Cooperativa ExEat, che gestisce il rifugio.

Di cosa si occupa la Cooperativa sociale ExEat?

La Cooperativa sociale ExEat è nata a inizio 2020 per scissione da un’altra cooperativa sociale. Oltre al Rifugio Alpe Bonze, gestiamo il ristorante ExMattatoio di Chieri (Torino) e il progetto Hubbuffate, che mette in rete l’agricoltura sociale e prevede un market online in cui è possibile fare acquisti di prodotti in modo consapevole.

Da quando gestite il Rifugio Alpe Bonze?

Lo abbiamo preso in gestione nel 2023. A gestirlo per ora siamo noi due, ma la missione a lungo termine è di realizzare inserimenti lavorativi di persone svantaggiate. Per ora abbiamo fatto fare esperienze di lavoro saltuarie ad alcuni ragazzi, della durata di un week-end o al massimo di una o due settimane: teniamo presente che per persone che spesso hanno routine quotidiane definite con molta precisione, e che necessitano magari di un contatto assiduo con la famiglia o con altre figure di riferimento, non è semplice lavorare per un tempo prolungato, come ad esempio alcuni mesi, in un posto come un rifugio, che già non è semplice da raggiungere: c’è il rischio, cioè, di creare disorientamento, scompensi. Le attività principali in cui i ragazzi sono stati impegnati sono la cucina, il servizio, la pulizia, insieme ad attività tipiche da rifugio come andare a far legna e poi anche tagliarla. L’obiettivo che ci siamo posti è di attivare uno o due inserimenti stabili entro l’estate del prossimo anno.

Com’è avvenuto l’incontro con (RI)GENERIAMO?

Tramite conoscenze comuni, Luca Pereno (Cofondatore e Amministratore di (RI)GENERIAMO, ndr) ha saputo dell’esistenza del nostro rifugio ed è venuto a visitarlo, da grande appassionato e curioso della montagna quale notoriamente è. Era la prima settimana di luglio. Ci siamo conosciuti, gli abbiamo parlato del nostro progetto e Luca, probabilmente colpito dal rifugio, ci ha subito chiesto se volevamo essere coinvolti nell’organizzazione dell’iniziativa di Cammino (Ri)Generativo.

Cosa vi sentite di dire a chi trascorrerà da voi le giornate di Cammino (Ri)Generativo?

La cosa che affascina di più del nostro rifugio è che è immerso nella natura, permette davvero di vivere le emozioni dell’ambiente. Proprio per questo, e per il fatto che non è una meta molto affollata, si presta ad attivare relazioni, a creare sinergie. Noi siamo i primi a intavolare con piacere delle belle chiacchierate coi gli escursionisti che ci vengono a trovare, non li trattiamo cioè semplicemente come clienti. Non vogliamo dire che diventiamo amici con tutti, ma che il nostro impegno e il nostro obiettivo è di farli sentire a casa. Nei week-end di Cammino (Ri)Generativo, ad esempio, oltre a dare il benvenuto ai partecipanti, li accompagneremo all’inizio del sentiero, dando loro qualche consiglio sullo spirito e il modo con cui si deve affrontare la montagna, presenteremo il nostro progetto e il contesto in cui ci troviamo, il parco del mont’Avic.

Come sono i sentieri che si snodano intorno al rifugio?

Ci sono due sentieri ad anello, entrambi alla portata praticamente di tutti, anche se ovviamente siamo in montagna e il dislivello c’è. Uno è sulla cresta, un po’ più alpinistico e forse interessante per chi va spesso in montagna. L’altro è più semplice e tocca il lago Liet, oltrepassa un colle e arriva al rifugio. Da qui, poi, sono facilmente raggiungibili con cammini di circa un’ora e mezza due cime, la Cima Bonze e il Monte Bo.

Dai riscontri avuti in questo primo anno di attività, cos’è che funziona di più del rifugio, che attira le persone e magari le fa tornare?

Funziona perché ci siamo noi, ovviamente! A parte gli scherzi, crediamo che quel che rimanga di più agli avventori del rifugio sia il clima semplice e genuino che si respira. L’aspetto umano è quello che, a esser sinceri, dà più soddisfazioni anche a noi che ci lavoriamo. Questo è un luogo in cui le persone si sentono a casa e, allo stesso tempo, sentono che stanno viaggiando. Incontrano tante altre persone e tante storie diverse. È un luogo dove le persone possono rigenerarsi.

Recapiti
andytuit