Con la risposta n. 5 del 15 gennaio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, in materia di fringe benefit destinati ai dipendenti, i beni e i servizi inclusi nel piano di welfare aziendale possono essere indicati in un unico documento di legittimazione, a condizione che il loro valore totale non superi il limite stabilito dalla legge. Se tale limite viene oltrepassato, l’importo eccedente viene considerato integralmente come reddito da lavoro dipendente e soggetto a tassazione, come previsto dall’articolo 51, comma 3 del TUIR. A fare la richiesta è stata una società che intende adottare un piano di welfare aziendale che preveda l’erogazione di fringe benefit tramite una carta di debito nominativa, gestita da un provider informatico incaricato della gestione del servizio. In questo caso, il sostituto d’imposta non è obbligato ad applicare la ritenuta d’acconto sull’importo erogato.
In cosa consiste la carta di debito
La carta di debito sarebbe utilizzabile esclusivamente dai dipendenti presso fornitori specificamente selezionati, e solo per i beni e servizi offerti dal datore di lavoro, nel limite di un budget prefissato. Inoltre, non sarebbe possibile monetizzarla o convertirla in denaro, e, essendo nominativa, sarebbe strettamente personale, non trasferibile a terzi né commerciabile. Potrebbe essere utilizzata solo presso attività commerciali operanti nei settori indicati dalla società come idonei per l’erogazione dei fringe benefit.
In qualità di sostituto d’imposta, la società chiede all’Amministrazione se tale carta di debito possa essere considerata un documento di legittimazione, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale del 25 marzo 2016, e se possa qualificarsi come un voucher cumulativo (ai sensi dell’articolo 51, comma 3-bis, del TUIR), esonerandola quindi dall’obbligo di applicare la ritenuta d’acconto sui beni e servizi forniti ai dipendenti.
La risposta dell’Agenzia
L’Agenzia, nel rispondere al quesito, ricorda che, secondo l’articolo 51 del TUIR, tutte le somme e i valori percepiti dal dipendente, anche come erogazioni liberali, sono reddito di lavoro dipendente, salvo le eccezioni previste nei commi successivi. Il comma 3 stabilisce che i beni e i servizi con un valore inferiore a 258,23 euro non concorrono a formare il reddito, mentre quelli superiori lo fanno integralmente. Il comma 3-bis permette l’erogazione di fringe benefit tramite documenti di legittimazione, che possono essere cartacei o elettronici e riportano un valore nominale.
Inoltre, la Legge di Bilancio 2024 ha introdotto modifiche, stabilendo che, nel periodo d’imposta 2024, i fringe benefit, fino a mille euro, non concorrono a formare il reddito, incluse somme per il pagamento delle utenze e per l’affitto della prima casa. Per i dipendenti con figli, la legge ha elevato il limite a 2.000 euro. L’Agenzia specifica che i voucher non possono essere ceduti, monetizzati o usati da altre persone, devono dare diritto a un solo bene o servizio per l’intero valore nominale e non possono rappresentare somme di denaro.
Redazione redigo.info