Sono davanti a Te, Signore. Sono davanti a Te, ora. E vorrei cercare parole più giuste per avvicinarmi ancora una volta a Te. Sto cercando ancora le parole giuste, dopo anni, per avvicinarmi a Te. Cerco parole che mi elevino, che sappiano di un amore appassionato, infuocato, eterno. Ma queste parole per cercare di rendermi amabile ai tuoi occhi, ormai, ho capito che non funzionano.
Perciò mi accosto a Te con il mio cuore povero, errante, ferito, a tratti incapace, ma semplicemente aperto. In questa storia attorcigliata che è la mia vita mi hai guidato nello scorgere la tua Presenza nei passaggi più semplici e più scontati: nel tenere in braccio il piccolo Giovanni fino a farlo addormentare, nell’ammirare le mie colline mentre viaggio in auto nelle fredde mattine di Inverno, nella chiamata di Leonardo i giovedì sera in ritorno da lavoro, negli abbracci forti, nei lunghi viaggi in treno passati ad osservare chi mi sta intorno, negli sguardi pieni di Anna, Maddalena, Filippo al termine del loro primo camposcuola. In tutti questi passaggi, ho scoperto che Tu vieni a trovarmi.
E mi trovo impreparato quando tu vieni a trovarmi, perché nella paura di mostrarmi, vorrei nascondermi. Sono solamente io, davanti alla pluralità di modi con cui ti manifesti ogni giorno nella mia vita, e sono nudo, e sono ferito. E con queste ferite ancora aperte, con lo sguardo ripiegato su di me, sorge l’incertezza e la paura, sorge il dubbio e l’inquietudine, a volte la Speranza si affievolisce.
Se io mi nascondo, Tu sfuggi dal mio sguardo. Ma non c’è modo per cui io sfugga dal Tuo. Attraverso le vite degli altri mi parli di desideri profondi che sento intrecciati nella mia pelle. Attraverso la comunità che abito mi tocchi, mi fai commuovere, mi fai sorridere, mi fai gioire. Attraverso i gruppi di Giovani e Giovanissimi che provo a seguire, mi insegni che amare e curare chi mi sta accanto è possibile solo dopo essermi scoperto Figlio Amato, e che la misura di questo amore è solo la croce.
Nella sofferenza e nel dolore continuo a gridare a Te, Signore, perché le mie ferite possano diventare feritoie di grazia. Desidero imparare a benedire questa vita, Signore, perché i segni che lasci ogni giorno nelle nostre vite sono tanti, per tutte e tutti, e si moltiplicano nella condivisione con chi ci sta accanto. Le Tue Parole, Signore, sono dolci e delicate, sfiorano le nostre piaghe aperte. Tu, Signore, entri nella nostra vita in punta di piedi, ci parli con tenerezza, ci consoli e ci fai gioire. Ci fai sentire amati personalmente nelle nostre povertà, mettendoci accanto chi sa davvero farlo con noi.
Il mio grido, oggi, Signore, è soprattutto un grido di gratitudine. Perché nei fratelli che mi metti accanto mi dai l’occasione di essere Tuo strumento indegno. Perché in questa Santa inquietudine io assaggio una vita piena. Perché mi fai sentire appartenente a un sogno grande, a un progetto di salvezza che nelle nostre comunità, nelle nostre vite, siamo chiamati continuamente a confermare e, talvolta, a ricostruire.
Dove sei Signore? E’ chiaro, Signore, è lampante. Tu sei qui. Non servono parole per ringraziarti. Mi affido a te, Signore, perché nella vita mi hai mostrato che leggi i miei bisogni ancora prima che io li abbia realizzati.
Mi affido a Te, che sei qui.