In Veneto la precarietà è donna - SPI CGIL Veneto

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In Veneto le condizioni lavorative delle donne non accennano a migliorare: contratti precari e part time, retribuzioni più basse, maggiori difficoltà nei percorsi di carriera. Il quadro tracciato dai dati sul mercato del lavoro è desolante.

Per quanto riguarda il 2023, i contratti a tempo indeterminato full time hanno interessato solo 32.425 lavoratrici contro 68.840 lavoratori, quindi meno della metà rispetto i colleghi uomini. Se invece si considerano i rapporti di lavoro a tempo determinato part time le lavoratrici sono 116.295 e i lavoratori sono 69.595 (elaborazione a cura di Ires Veneto su dati Inps) .

Tiziana Basso, Segretaria generale Cgil Veneto: “Questi dati rispecchiano perfettamente una situazione di disparità contrattuale che denunciamo da tempo. Le donne venete oggi sono povere come lavoratrici, e si portano dietro questa condizione per tutta la vita, perché questa precarietà, come anche il gap salariale, avrà gravi ripercussioni anche dal punto di vista previdenziale. Se poi a questo si aggiunge che l’inflazione di questi ultimi tre anni ha eroso pesantemente i salari di tutte e tutti, il quadro peggiora notevolmente come peggiora anche la qualità della vita di chi deve lavorare per vivere, soprattutto per le donne tra salari bassissimi, part time involontario e precarietà. Per questo è indispensabile attuare una contrattazione che punti ad eliminare le occasioni di disparità di contratto e di retribuzione, e che i sindacati partecipino ai percorsi di valorizzazione del lavoro femminile”.

Nicoletta Biancardi, Segretaria generale Spi Cgil Veneto: “Le donne sono discriminate nel mondo del lavoro e discriminate quando vanno in pensione, con entrate che in Veneto sono più basse di un terzo rispetto a quelle degli uomini. Le pensioni basse, conseguenza di precarietà, contratti part time, gap salariale e lavoro di cura, minano alla base la qualità della vita delle donne anziane, la maggior parte delle quali vive da sola dagli 80 anni, tanto a dover rinunciare spesso alle cure sanitarie”.

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SPI Ufficio Stampa