RAPPORTO DI PREVISIONE Energia, Green Deal e dazi: gli ostacoli all’economia italiana ed europea
Sintesi e introduzione
Scenario internazionale sempre più frammentato
Nel biennio 2025-2026 la crescita del PIL mondiale è attesa sostanzialmente stabile, intorno al +2,7% annuo, su ritmi vicini alla media pre-pandemia (+2,8% annuo nel 2012-2019). È il risultato di un rallentamento dell’economia USA (danneggiata dai dazi), un consolidamento della crescita dei paesi emergenti e una dinamica in lieve miglioramento, ma su valori bassi, nell’Eurozona. Il commercio mondiale di beni è tornato in modesta espansione nel 2024 (+1,8%) ma il sentiero di cre- scita è rivisto al ribasso per l’anno in corso (+2,0%, dal +2,8% atteso in prece- denza), perché l’incertezza frena innanzitutto gli scambi con l’estero, e risale gradualmente nel prossimo anno (+2,5%, su ritmi ancora inferiori a quelli del PIL. …
…
Mercato unico europeo
Il mancato completamento del mercato unico europeo e la mancata armo- nizzazione di alcune regole sono tra le principali cause di questi ritardi, perché creano ostacoli allo scambio di beni e servizi all’interno dell’UE: secondo stime del FMI, questi fattori possono aumentare del 44% i costi di produzione dei beni manifatturieri, del 110% per i servizi. Negli USA il peso di queste barriere per il commercio di beni fra Stati vale circa il 13%. Se l’UE riuscisse a diminuire queste barriere al livello degli Stati Uniti, la produttività aumenterebbe del 6,7%.
Proliferazione normativa
La proliferazione normativa è un altro fattore che frena l’economia europea. Un costo molto elevato per le imprese europee diminuisce l’attrattività dell’UE come luogo per fare impresa: ad esempio, uno studio recente ha valutato che la compliance al GDPR (che disciplina il modo in cui le aziende trattano i dati personali) ha comportato una diminuzione dell’8% in media dei profitti e del 2% delle vendite; il Rapporto Draghi ha indicato che, tra il 2019 e il 2024, l’UE ha approvato circa 13.000 atti, più del doppio rispetto agli USA. …
…
Incertezza economica
A causa dei ripetuti annunci sui dazi, gli indici di incertezza economica e poli- tica sono al loro massimo assoluto all’inizio del 2025 e ciò influisce negativa- mente sulle decisioni di investimento, con grave pregiudizio per gli scambi lun- go le filiere produttive globali. Dal 2022, sono state varate a livello mondiale più di 3.400 misure protezionistiche all’anno, quasi 3.000 in più rispetto a quelle in- trodotte prima del 2020.
Un’eventuale escalation protezionistica, generata da ritorsioni tariffarie tra le principali economie mondiali, minerebbe la struttura stessa degli scambi e della produzione internazionali, con profonde ricadute sul PIL globale. Lo scenario di previsione CSC incorpora esclusivamente l’a- spetto legato all’impennata dell’incertezza causata dagli annunci di dazi, con l’ipotesi che duri per la prima metà del 2025; se persistente, rappresenterebbe un forte limite alla crescita, in quanto influirebbe negativamente sulle decisioni di investimento domestiche e internazionali. Ma non include l’effetto di ulterio- ri dazi e contro dazi.
…
La crescita in Italia riprende slancio solo nel 2026
Nel 2024, il prodotto italiano è cresciuto del +0,7% annuo, grazie a contributi piuttosto diffusi tra le compo- nenti: i consumi delle famiglie (+0,2%), gli investimenti fissi lordi (+0,1%), i con- sumi collettivi (+0,2%) e le esportazioni nette (+0,4%), che hanno compensato il decumulo di scorte. Nel 1° trimestre del 2025, gli indicatori congiunturali foto- grafano una fase ancora caratterizzata da una debole espansione. Il PIL italiano nel 2025 è atteso crescere quasi in linea con quanto osservato nel 2024: +0,6%. Nel 2026, invece, è atteso riprendere slancio, al +1,0%. Per il 2025 si ha una revi- sione al ribasso di -0,3 punti percentuali ascrivibile, in larga parte, alla debolezza della seconda metà del 2024 e al peggioramento del quadro macroeconomico nel quale si contrappongono forze di segno opposto.
Il taglio dei tassi
In positivo, nel 2025-2026 agirà il proseguimento del taglio dei tassi da parte della BCE, che entro fine 2025 porterà la politica monetaria al livello neutrale.
Reddito disponibile reale totale delle famiglie
Secondo, la risalita del reddito disponibile reale totale delle famiglie, grazie al progressivo recupero delle retribuzioni pro-capite, il buon contributo dei redditi non da lavoro, l’aumento dell’occupazione totale, il calo dell’inflazione, sebbene gli ultimi due fenomeni si attenueranno nel 2025 e 2026. Insieme al calo atteso della propensione al risparmio (da fine 2025 e poi nel 2026) grazie al dipanarsi dell’incertezza, ci si aspetta che l’aumento del reddito continui a dare un buon contributo alla dinamica dei consumi.
PNRR
Terzo, l’implementazione del PNRR: tra il 2025 e il 2026 le risorse programma- te ammontano a circa 130 miliardi. Anche se non verranno spese tutte (l’ipote- si è che ne venga spesa la metà, 65 miliardi), daranno un importante contribu- to al PIL, in particolare agli investimenti in costruzioni, frenati dal venire meno degli incentivi all’edilizia residenziale. Non ci si attende, invece, un sostegno agli investimenti in impianti e macchinari poiché il Piano Transizione 5.0 si è rivelato poco efficace nel 2024 e dovrebbe incidere poco anche nel 2025.
Costo energia
In negativo, agiscono due fattori. Anzitutto, l’ennesimo rincaro dell’energia, che non tocca i picchi del 2022, ma minaccia la competitività delle imprese italiane e riduce il reddito reale delle famiglie.
I dazi
Ma soprattutto, l’ondata di dazi annunciata dall’Amministrazione Trump, a cui l’economia italiana è particolarmente esposta, visto che gli USA sono il se- condo mercato per i nostri beni. La reintroduzione dei dazi USA su acciaio e alluminio al 25%, secondo stime del Centro Studi Confindustria, porterà ad un calo medio di circa -5% dell’export di acciaio e alluminio negli Stati Uniti, con un impatto macroeconomico minimo (circa -0,02% dell’export italiano di beni).
Un’eventuale escalation protezionistica che comporti un persistente, invece che temporaneo, innalzamento dell’incertezza (+80% sul 2024), l’imposizione di dazi del 25% su tutte le importazioni USA, comprese quelle dall’Europa, e del 60% dal- la Cina e l’applicazione di ritorsioni tariffarie sui beni di consumo USA esportati, avrebbe un impatto cumulato negativo sul PIL italiano, misurato come scosta- mento rispetto allo scenario base, del -0,4% nel 2025 e del -0,6% nel 2026. …
…