Appena usciti dal “Blue Monday” – il terzo lunedì di gennaio – quello che, secondo gli esperti dell’Università di Cardiff, è “il giorno più triste dell’anno”, in cui ci rendiamo conto che la ricarica delle vacanze di Natale si è esaurita e che i buoni propositi per il nuovo anno non sono alla nostra portata più di quanto siano mai stati in passato; quello in cui realizziamo con sconforto che avremo davanti una lunga serie di lunedì analoghi, in cui confrontarci con il “lutto” delle vacanze finite, di una pseudo-libertà ritrovata il venerdì sera e ripersa il lunedì mattina, che non ci lascia migliori di come ci aveva trovati e ci permette invece di misurare come, una volta di più, non siamo riusciti a valorizzare il nostro tempo e a dare continuità ai nostri proponimenti usciti dunque da questo gorgo di autocommiserazione, malconci e indeboliti, non aiutati dalle giornate ancora corte, dal buio e dal freddo, dai troppo timidi segnali di ripresa; costantemente riportati al palo di partenza dal riproporsi di quelle dinamiche che, già prima delle feste, ci avevano indotti a dichiararci “esauriti”, eccoci nelle condizioni perfette per un “pit stop” di tipo completamente diverso, non più basato su un’evasione dalla routine destinata a rivelarsi temporanea e illusoria ma, al contrario, sulla comprensione profonda degli aspetti di insoddisfazione che caratterizzano la nostra vita, trasformandosi ora in attacchi di irritabilità, ora in qualcosa che assomiglia a un blando “blue”, appunto, cioè a una leggere ma insidiosa angoscia malinconica che ha più di un tratto in comune con la parente povera di una depressione.
Al di là dell’opportunità di un lavoro su se stessi e sul proprio “bilancio” esistenziale temporaneo – consigliabile a tutti, sempre e comunque, al bisogno o anche prima, proprio per riuscire a prevenire questa sensazione di stare “navigando a vista” senza le giuste risorse e privi di una solida prospettiva – possiamo certamente chiamare in soccorso, anche in questo caso, le potenti forze terapeutiche che la Natura conserva e offre a chi la sappia avvicinare con rispetto e tanta, tanta conoscenza.
In fitoterapia si individua una categoria di piante medicinali dette “adattogene”, ovvero contenenti principi attivi in grado di aumentare in maniera aspecifica la resistenza dell’organismo a fattori di stress di varia natura, sia fisica che psichica. La loro azione, pertanto, risulta generalmente corroborante rispetto all’efficienza dell’intero l’organismo e agli stati d’animo che ne derivano. Le piante adattogene vengono consigliate per affrontare e superare al meglio periodi di impegno straordinario, disturbi collegati ai cambi di stagione o, come si diceva, quei momenti in cui ci sembra che il nostro quotidiano sia particolarmente gravoso.
Tra le piante unanimemente riconosciute come dotate di proprietà adattogene, citiamo l’astragalo, l’echinacea, l’eleuterococco, l’uncaria, la brionia, la centella, la rhodiola e anche l’aglio e la curcuma.
Alcune di queste sono annoverate tra gli ingredienti di alcuni rimedi Thesaura Naturae, pensati propriamente come sostegni a un generale benessere psico-fisico.
Segnaliamo, per esempio i flaconcini monodose di GINGKO, con eleuterococco, acerola e mirtillo nero, di valido aiuto contro la “stanchezza mentale”, nel sostenere i processi cognitivi e la memoria.O ancora i flaconcini di ALFAVIS, in cui a eleuterococco, acerola e mirtillo nero si aggiungono polline e ginseng per un’azione energizzante in grado di generare una risposta positiva alla situazioni “pressanti”, una risposta che derivi da un sostegno energetico reale e non da una “stimolazione” tanto più appariscente quanto meno supportata da un aiuto reale alle funzioni organiche e destinata perciò a lasciarci ancora più svuotati di prima.