Io credo che se oggi siamo arrivati al riarmo, questa non sia una fatalità, ma il frutto di scelte politiche precise. Scelte che hanno represso gli investimenti sulla cultura nei nostri Stati. Negli anni, abbiamo visto tagli ai finanziamenti per la scuola, per l’arte, per la ricerca storica e filosofica. Ma cosa succede quando smettiamo di investire nella cultura? Succede che perdiamo gli strumenti per comprendere noi stessi e gli altri.
La storia ci insegna a riconoscere i segnali dei tempi, a non ripetere gli errori del passato. La cultura – quella vera, che abbraccia lo studio delle lingue, delle tradizioni e delle idee altrui – ci permette di costruire ponti invece che muri. E la filosofia? Essa ci insegna a riflettere, a interrogarci sul senso delle nostre azioni, a mettere in discussione la retorica della paura e della guerra.
Oggi, però, viviamo in una società che ha delegittimato queste discipline, considerandole “inutili” o “superflue”. Abbiamo creato generazioni che sanno poco del mondo e ancor meno di come evitarne le derive più pericolose. Così, il vuoto lasciato dalla cultura è stato colmato da slogan semplicistici, nazionalismi esasperati e logiche di contrapposizione.
Riarmarsi significa scegliere le armi al posto del dialogo. Significa rinunciare all’idea che i conflitti possano essere risolti con la diplomazia, la conoscenza reciproca e il rispetto delle differenze. Ma io sono convinto che ogni bomba sganciata oggi è anche il risultato di un libro non letto, di una sinfonia non ascoltata, di una riflessione filosofica non fatta.
Investire sulla cultura non è mai una spesa, ma una forma di prevenzione. Perché la cultura disarma i cuori prima che le mani. E forse è tempo di ricordarlo.
Pierluigi Filagna, Segretario generale Fials Cisal Spettacolo