Quando ho iniziato a scrivere “Il deserto di Carcosa”, sapevo di dover affrontare una sfida tutta particolare: reinterpretare un mito letterario famoso come quello creato da Robert W. Chambers ne “Il re giallo” e trasformarlo in qualcosa che fosse autenticamente mio, radicato nella mia visione di una narrativa fantastica mediterranea e ambientato in una cittadina immaginaria, Verulengo.
L’ispirazione originale
La Carcosa di Chambers mi ha sempre affascinato per la sua natura sfuggente, per il modo in cui viene evocata più che descritta. È un luogo di rovina e follia, una città perduta che esiste tra realtà e immaginazione. Chambers la descrisse solo per accenni nei primi quattro racconti della sua raccolta intitolata “Il re giallo”, lasciando spazio all’immaginazione del lettore e anche a quella di autori successivi che, come me, si sono sentiti chiamati a indagare e rappresentare questo territorio misterioso.
Nel mio romanzo (che puoi acquistare qui), ho voluto mantenere questa qualità onirica e inquietante, ma trasportandola in un contesto italiano, specificamente veneto. Ho voluto che Carcosa diventasse una presenza che si manifesta nella quotidianità dei miei personaggi, filtrata attraverso la loro esperienza di adolescenti in una piccola città di provincia. Ho pensato che la tensione tra la normalità della vita quotidiana e l’irruzione del soprannaturale potesse creare un effetto particolarmente potente.
La ricerca: da Chambers ad altro
La mia ricerca è iniziata, naturalmente, con una rilettura approfondita di “Il re giallo” di Chambers. Ho voluto assorbire gli elementi espliciti del suo mito – Carcosa, il Re in Giallo, la Pallida Maschera – ma anche l’atmosfera di decadenza e il senso di una realtà che può essere lacerata dalla conoscenza proibita.
Ho studiato anche il modo in cui altri autori hanno interpretato e sviluppato il mito di Carcosa. Lovecraft lo ha assimilato nel suo pantheon cosmico, Bierce ha fornito le prime immagini della città in rovina. Ho esplorato le interpretazioni moderne in serie TV come “True Detective”.
Ma volevo andare oltre, volevo creare una mia personale fusione tra questo mito e gli elementi della tradizione mediterranea che mi vedono attivo nella ricerca di una nuova narrativa fantastica a carattere tutto italiano fin dal 2007. Ho studiato leggende locali venete, elementi del folklore italiano legati ai confini tra i mondi, e ho cercato di capire come questi elementi potessero dialogare con il mito di Carcosa, rappresentandoli nella mia cittadina immaginaria, Verulengo.
Adattare Carcosa al contesto italiano
Nel mio “Il deserto di Carcosa” ho deciso di rappresentare Carcosa non come una città fisica, ma come una dimensione parallela che occasionalmente si interseca con la nostra. Ho immaginato che certe famiglie italiane, come i Luschi, abbiano una lunga storia di confronto con questa dimensione e con le entità che cercano di penetrare nel nostro mondo.
Il “lupo nel cielo” è diventato la mia personale reinterpretazione del Re in Giallo – una presenza costante e minacciosa che si manifesta in modi diversi ai diversi personaggi, partendo da una leggenda araba rievocata da uno dei giovani protagonisti. Per Stefano rappresenta la chiamata a un destino più grande, per Marco incarna le paure legate alla sua identità divisa, per Nadia simboleggia il mistero legato alla sua trasformazione personale. Per Yaheya, il ritorno di un passato dimenticato.
Ho voluto che questo antagonista multiforme permettesse di esplorare diverse sfaccettature dei conflitti interni ed esterni dei personaggi, creando una narrazione stratificata che funzionasse a più livelli.
La struttura narrativa e il mito
Un aspetto fondamentale del mio adattamento è stato integrare il mito di Carcosa in una struttura narrativa che seguisse i principi della narratologia classica. Ho voluto che i desideri consci e inconsci dei miei personaggi (come descritto da Robert McKee in “Story”) si intrecciassero con gli elementi mitici.
Per fare un solo esempio, Roberto Luschi ha il desiderio conscio di proteggere la sua famiglia e vincere le elezioni, ma il suo desiderio inconscio è redimere se stesso per passati errori legati al libro maledetto. L’effetto che ne risulta è una dualità interna al personaggio capace di creare la sua profondità, dandomi al contempo la possibilità di offrire una buona qualità narrativa.
Ho strutturato la storia in modo che il confronto con Carcosa e le sue manifestazioni costringesse ogni personaggio a confrontarsi con i propri desideri inconsci, creando archi narrativi personali completi, che si intrecciano con la trama principale.
Elementi originali: “L’antidoto” e il “segno giallo”
Oltre ad adattare elementi esistenti del mito di Carcosa, ho creato alcuni elementi originali che funzionano come ponte tra il mito originale e la mia reinterpretazione. Si tratta soprattutto di un libro e di un “segno”.
“L’antidoto” è un libro segreto che si contrappone a “Il re giallo”, una sorta di manuale colmo di conoscenze per resistere all’influenza di Carcosa. Si tratta di una sorta di “mitologia della resistenza” che si intreccia con la storia familiare dei Luschi, non dissimilmente da quanto è necessario avvenga contro certo fascismo che ritorna a livello storico.
Il “segno giallo” è diventato nel mio romanzo un simbolo ambiguo, sia di pericolo che di protezione, che è andato collegandosi all’immaginario di Chambers con degli elementi simbolici che possono essere ricollegati alla grande tradizione mediterranea.
La palude e la Mystery House
Ho creato anche luoghi che fungono da punti di contatto tra il nostro mondo e Carcosa. La cosiddetta “palude” (molto simile ai Barrens di IT del Re del brivido) ai margini di Verulengo e alla casa di Marco, nonché la Mystery House a Gardaland sono entrambi luoghi liminali, soglie tra dimensioni. La scelta di ambientare parte della storia in un parco divertimenti come Gardaland mi ha permesso di giocare con il contrasto tra divertimento spensierato e il terrore soprannaturale.
Questi luoghi fisici concreti ancorarono il mito astratto di Carcosa a una geografia riconoscibile, rendendo più credibile e immediata l’intrusione del soprannaturale nella realtà quotidiana.
Conclusione: una personale reinterpretazione
Il processo di adattamento del mito di Carcosa alla mia visione narrativa è stato un viaggio appassionante. Riprendendo le tracce di un mio passato romanzo, “Il lupo nel cielo”, pubblicato con GDS Edizioni negli anni Dieci, ne ho implementato la storia cercando di essere rispettoso dell’opera originale di Chambers (Il re giallo), mantenendone lo spirito e gli elementi fondamentali, ma senza esitare a reinterpretarli e arricchirli con elementi della mia sensibilità e della tradizione mediterranea.
Il risultato è “Il deserto di Carcosa”, un romanzo che spero offra ai lettori sia il brivido di riconoscere elementi di un mito letterario celebre, sia la sorpresa di vederli trasformati in qualcosa di nuovo e inaspettato.
La creazione di questo mondo è stata per me un’esperienza di scoperta continua, in cui l’atto stesso della scrittura ha rivelato collegamenti e significati che non avevo previsto inizialmente, perché nascosti nel profondo inconscio, sia personale che collettivo. È questo, credo, il vero potere del worldbuilding: creare un universo narrativo abbastanza ricco e coerente da sorprendere persino il suo creatore.