Dall’isola dei morti al deserto di Carcosa – L’evoluzione di un universo narrativo

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L’architettura di un mondo narrativo

Ogni scrittore, nel corso della sua evoluzione artistica, costruisce inconsapevolmente un universo di temi, simboli e atmosfere che attraversano le sue opere come un fiume sotterraneo. Nel caso del mio percorso narrativo, “Il deserto di Carcosa” rappresenta il punto di convergenza di molte delle tematiche che ho esplorato nei miei romanzi precedenti, una rete di connessioni che rivela una profonda coerenza del mio immaginario letterario.

Il mistero come chiave di lettura universale

La prima e più evidente connessione tra “Il deserto di Carcosa” e le mie altre opere è l’elemento del mistero come forza motrice della narrazione. Già in “L’isola dei morti”, il protagonista Andrea Nascimbeni si trova catapultato in una realtà dove nulla è come appare: l’isola nasconde segreti ancestrali, riti funerari inquietanti e una popolazione che vive nell’omertà.

Allo stesso modo, in “Il deserto di Carcosa”, i giovani protagonisti scoprono che la loro tranquilla cittadina di provincia custodisce misteri che affondano le radici in dimensioni parallele. Il mistero non è mai fine a se stesso, ma diventa il veicolo attraverso cui i personaggi – e i lettori – accedono a una comprensione più profonda della realtà.

La geografia del terrore domestico

Un elemento ricorrente che unisce “Il deserto di Carcosa” a “L’incubo dietro la porta” è la trasformazione dello spazio familiare in luogo di minaccia. Se nel romanzo horror il protagonista Enrico scopre che la villa dell’amico nasconde presenze malefiche, in “Il deserto di Carcosa” è l’intera cittadina di Verulengo a rivelarsi pervasa da forze soprannaturali.

Questa scelta narrativa riflette una delle mie convinzioni più profonde: il vero terrore nasce quando ciò che consideriamo sicuro e familiare si rivela estraneo e minaccioso. Non serve andare in luoghi esotici per trovare il mistero; spesso è nascosto dietro l’angolo di casa.

L’adolescenza come soglia tra mondi

“Il deserto di Carcosa” sviluppa in modo più ampio e articolato un tema che ho sempre sentito particolarmente vicino: l’adolescenza come momento di rivelazione. I protagonisti del gruppo B.R.A.V.I. vivono quella fase della vita in cui le certezze infantili crollano e si apre l’accesso a una realtà più complessa e spesso inquietante.

Questo passaggio ricorda il percorso di Andrea Nascimbeni in “L’isola dei morti”: anche lui, pur essendo adulto, vive una sorta di seconda adolescenza intellettuale quando si confronta con misteri che sfidano la sua formazione scientifica positivista.

Il peso delle generazioni

Un altro filo rosso che attraversa le mie opere è il peso del passato familiare sui protagonisti del presente. In “Il deserto di Carcosa”, la famiglia Luschi custodisce segreti ancestrali e responsabilità che si tramandano di generazione in generazione. Roberto Luschi, padre di Stefano, porta sulle spalle il peso di conoscenze che ha ereditato e che dovrà trasmettere.

Questo tema si ritrova anche nelle mie opere precedenti: l’idea che il presente sia sempre influenzato da forze del passato che agiscono sottotraccia, che ogni famiglia porti con sé storie non raccontate che prima o poi riemergono per confrontarsi con le nuove generazioni.

Il soprannaturale come specchio dell’interiorità

Una caratteristica distintiva del mio approccio al fantastico è che il soprannaturale non è mai mera evasione, ma sempre riflesso di conflitti interiori reali. In “L’isola dei morti”, i riti funerari dell’isola rappresentano l’ossessione dell’umanità per la morte e l’aldilà. In “L’incubo dietro la porta”, le presenze che tormentano Enrico sono la materializzazione delle sue paure e delle sue colpe più nascoste.

In “Il deserto di Carcosa”, il “lupo nel cielo” che tormenta i sogni di Stefano diventa la rappresentazione tangibile delle angosce tipiche dell’adolescenza: la paura di crescere, di assumere la propria responsabilità, di scoprire che il mondo non è il luogo sicuro che si credeva.

La filosofia della conoscenza nel fantastico

Il mio percorso filosofico, culminato nella pubblicazione de “La filosofia mistica della conoscenza”, permea sottilmente anche le mie narrazioni fantastiche. La ricerca della verità nascosta, che in ambito filosofico si traduce nell’indagine sui meccanismi della conoscenza umana, diventa nelle mie storie la scoperta di realtà parallele e di forze che agiscono oltre la percezione ordinaria.

I protagonisti dei miei romanzi sono sempre, in un certo senso, dei filosofi inconsapevoli che si interrogano sulla natura della realtà attraverso l’esperienza diretta del mistero.

Il Mediterraneo come radice narrativa

“Il deserto di Carcosa” e “L’isola dei morti” condividono anche un radicamento profondo nella tradizione narrativa mediterranea. Non solo ambientazione geografica, ma un approccio al fantastico che affonda le radici nella cultura del nostro mare.

Questo “filone mediterraneo della narrativa fantastica”, che ho contribuito a sviluppare, privilegia:

  • La dimensione simbolica rispetto agli effetti speciali
  • L’approfondimento psicologico rispetto all’azione pura
  • Il mistero come ricerca di senso rispetto al terrore fine a se stesso

Verso una poetica dell’invisibile

Tutte le mie opere narrative ruotano attorno a un concetto cardine: “l’essenziale è invisibile agli occhi”, come ricorda il Piccolo Principe. Che si tratti delle forze di Carcosa, dei segreti dell’isola dei morti o delle presenze che si aggirano nella villa di “L’incubo dietro la porta”, ciò che veramente conta non è mai immediatamente visibile.

I miei protagonisti devono imparare a vedere oltre la superficie, a riconoscere i segni nascosti, a decifrare i simboli che la realtà offre a chi sa osservare. Questo vale per Stefano che deve interpretare i suoi sogni, per Andrea Nascimbeni che deve comprendere i riti dell’isola, per Enrico che deve riconoscere la natura delle presenze che lo circondano.

La scrittura come atto di rivelazione

“Il deserto di Carcosa” porta a compimento un percorso che ho iniziato con i miei primi romanzi: la scrittura come strumento per svelare i misteri dell’esistenza. Ogni mia storia è, in fondo, un tentativo di illuminare quegli angoli oscuri dell’esperienza umana dove si nascondono verità essenziali.

Il mio obiettivo non è mai stato quello di spaventare o stupire fine a se stesso, ma di usare il fantastico come lente di ingrandimento per osservare la realtà da prospettive inedite. I mostri delle mie storie sono sempre, in ultima analisi, specchi che riflettono le nostre paure più profonde e autentiche.

Un invito al lettore

Per chi ha seguito il mio percorso narrativo, “Il deserto di Carcosa” offre l’occasione di riscoprire temi e atmosfere familiari in una forma più matura e complessa. Per chi si avvicina per la prima volta alle mie storie, rappresenta una porta d’ingresso ideale a un universo narrativo coerente e riconoscibile.

Ogni mia storia dialoga con le altre, creando una rete di rimandi e risonanze che arricchisce l’esperienza di lettura. Il vero piacere, per il lettore attento, sta nel riconoscere questi echi, nel cogliere come le stesse preoccupazioni esistenziali trovino espressione in forme narrative diverse ma complementari.

In fondo, questo è ciò che distingue un semplice narratore da un vero scrittore: la capacità di creare un mondo riconoscibile, dove ogni storia contribuisce a illuminare un aspetto diverso della stessa, grande domanda sul senso dell’esistenza umana.


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Fabrizio Valenza