Il filo di Dio. Da Francesco a Leone - Azione Cattolica Italiana

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Un gesto semplice, un sorriso umile, e una parola che abbraccia il mondo: “Pace”. Così Papa Leone XIV si è affacciato dalla Loggia di San Pietro, raccogliendo l’eredità viva di Papa Francesco e tracciando, fin da subito, la traiettoria di un pontificato che non nasce per rompere, ma per continuare. Continuare un cammino di Chiesa missionaria, sinodale, misericordiosa.
Il Conclave ha consegnato alla Chiesa e al mondo un nuovo successore di Pietro, ma anche – e forse soprattutto – una conferma: il processo di rinnovamento avviato da Francesco non è un episodio chiuso, bensì un processo aperto, destinato a maturare, a fruttificare nel tempo. «Non siamo qui per occupare spazi – ricordava Francesco – ma per avviare processi». Papa Leone XIV ne è ora il custode e il promotore.

Un’agenda che non è solo un programma

Non si tratta di un’agenda politica o di un piano strategico. È molto di più: è il Vangelo vissuto nel tempo presente. Evangelizzazione, riforma della Curia, sinodalità, apertura pastorale, cura del creato, impegno per la pace e i migranti, lotta contro gli abusi, dialogo tra le religioni: sono queste le grandi sfide che Leone XIV ha già abbracciato, senza esitazioni, raccogliendo le domande che hanno attraversato il Conclave e la preghiera di milioni di fedeli
Con il suo stile pacato e fermo, Papa Leone XIV ha indicato una direzione chiara: non tornare indietro, non avere paura del cammino iniziato, affrontare con coraggio i nodi ancora aperti, senza mai smarrire il centro: Cristo vivo nella Chiesa e nel mondo.

La Chiesa che cammina insieme

Il sogno di Francesco – una Chiesa “in uscita”, povera e per i poveri, in dialogo, senza paura delle ferite del mondo – resta vivo. Leone XIV riparte proprio da lì, consapevole che la Chiesa del nostro tempo non può più essere un fortino arroccato, ma una tenda aperta, capace di accogliere, ascoltare, camminare insieme.
Nel suo primo saluto, il nuovo Papa ha rilanciato con forza la parola “sinodalità”. Non come slogan, ma come stile permanente: un modo di pensare, di discernere, di governare. La sinodalità non è una moda passeggera: è la via del futuro. E Leone XIV si è impegnato a percorrerla con decisione e pazienza.

Custodi della luce

Papa Francesco aveva più volte ammonito: «Il tempo è superiore allo spazio». Non importa occupare il potere, importa lasciare che il tempo di Dio cresca nei cuori. Leone XIV sembra incarnare perfettamente questa intuizione: senza fretta, senza protagonismi, ma con la consapevolezza che ciò che conta davvero è custodire la luce della fede, seminare speranza, tessere legami di pace.
In un mondo stanco, ferito e spesso cinico, il nuovo Papa invita tutti a credere ancora: credere che il Vangelo può cambiare la vita; che la pace, pur fragile, può essere costruita; che la Chiesa, pur imperfetta, può essere casa e madre per ogni uomo e donna.

Una chiamata, non una predizione

Nell’epoca dell’algoritmo e dell’immediatezza, l’elezione di un Papa è ancora – inspiegabilmente – una sorpresa. Non una predizione calcolata, ma una chiamata. Una voce che richiama a ciò che conta. In Leone XIV, la Chiesa riconosce un padre, non un manager; una guida spirituale, non un capo di partito; un pastore che cammina davanti, non un burocrate che amministra.
C’è bisogno di tempo per conoscere meglio il suo volto, il suo stile, il suo pensiero. Ma una cosa è già chiara: la Chiesa di Leone XIV sarà la Chiesa che continua a credere nell’incontro, nella misericordia, nella possibilità di un mondo nuovo.

Il futuro ha bisogno di Dio

In fondo, tutto si gioca su una domanda essenziale, quella che Gesù stesso ha posto: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8).
Non si tratta solo del profilo del nuovo Papa, ma del nostro volto di credenti. Non possiamo permetterci di trasformare l’evento di un’elezione in una cronaca di preferenze o di gossip ecclesiastico. È il tempo di riscoprire la questione di Dio, al centro della storia.
Papa Leone XIV ci chiama a questo: a ripartire dalla fede, a camminare nella speranza, a costruire la pace. Come Pietro, conferma i suoi fratelli. Come ogni buon pastore, ricorda che prima di tutto, prima di ogni analisi e programma, c’è la fiducia che Dio non abbandona mai il suo popolo.

Foto tratte dal sito della diocesi di Chiclayo in Perù
Recapiti
Antonio Martino