Analisi di alcuni interventi pubblici. Spiccano: “insieme”, “ascolto”, “dialogo”, “unità” e “servizio”
Rileggendo le interviste al card. Robert Francis Prevost, oggi Papa Leone XIV, e riascoltando alcuni suoi interventi pubblici è possibile comprendere gli aspetti essenziali del suo pensiero e delineare un profilo del nuovo Pontefice, a partire dalle parole impiegate con più frequenza. Spiccano, tra queste, “insieme”, “ascolto”, “dialogo”, “unità” e “servizio”. Temi ricorrenti che hanno trovato conferma nel corso dell’omelia recitata durante la messa d’insediamento.
Una Chiesa che cammina insieme con spirito sinodale
Molto frequenti sono i richiami alla necessità di una Chiesa in comunione, aperta a tutti ed ispirata alla sinodalità. Sin dal suo arrivo a Callao, nel saluto ai fedeli, il card. Prevost li ha invitati a «lavorare insieme per continuare a costruire una Chiesa di amore e di speranza», ricordando che «tutti voi siete nelle mie preghiere, e desidero veramente conoscervi, camminare insieme». L’auspicio si collega all’idea di una Chiesa sinodale, che vive di dialogo e partecipazione per arrivare a decisioni condivise.
A tal proposito, in un’intervista del 2020, il cardinale affermava che «tutti insieme, ogni persona, ogni movimento, confraternita, comunità, parrocchia, dobbiamo riflettere profondamente sul ruolo che abbiamo come Chiesa nel mondo di oggi per essere “scuola di comunione”». Infatti, ha dedicato molto spazio alla riflessione sulla sinodalità nel mondo attuale, definendo il Sinodo «un percorso, un nuovo atteggiamento per cercare di camminare insieme alla ricerca della presenza di Dio nella Chiesa e nel mondo. Il Sinodo è un’occasione ed uno spazio per ascoltare e per dialogare con il popolo di Dio e con tutti coloro che desiderano condividere le loro esperienze, le loro difficoltà e quello che cercano nella fede».
Una Chiesa in ascolto contro ogni polarizzazione
Sin dalla prima uscita come nuovo pontefice, Papa Leone XIV ha chiesto ai potenti della terra il ritorno alla pace, che appare uno degli elementi centrali del suo pontificato. Domenica, durante l’omelia in Piazza San Pietro, ha ricordato l’importanza di «costruire un mondo nuovo in cui regni la pace» percorrendo la strada con «le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà».
E anche da cardinale ha riservato sempre un posto di primo piano al tema del dialogo quale veicolo imprescindibile per la pace. Nel 2023, durante la festa di San Nicola a Tolentino, nel chiedere di pregare per il Sinodo, chiamava a riflettere sull’importanza di meccanismi che favoriscono il dialogo in un mondo in cui governa l’incomunicabilità e la polarizzazione. Diceva in quell’occasione «che possiamo imparare nuovi metodi per invitare tutti al tavolo, un tavolo di dialogo. Possiamo dare questa testimonianza di promozione della pace e del dialogo in mezzo a un mondo che spesso soffre di conflitti, di polarizzazione. Un’incapacità di parlarsi, persone chiuse nelle loro idee, senza il desiderio, senza la volontà di ascoltare l’altro». Nelle parole del cardinale lo strumento dell’ascolto è inteso quale naturale antidoto al conflitto. Perciò da Papa, Leone XIV, ha chiesto che «la Chiesa sia lievito di concordia per l’umanità».
Una Chiesa unita nella diversità
Durante la messa di inizio pontificato ha esordito sottolineando l’importanza dell’unità. Già da vescovo, più volte, ha affrontato il tema dell’unità della Chiesa, pur nei suoi mille volti. Nel salutare la Diocesi di Callao, poco dopo la sua nomina e nel mezzo della pandemia, affermava «desidero costruire una Chiesa di partecipazione, di comunione, dove tutti siamo uniti in Gesù Cristo». E ancora, «Quella della mancanza di unità è una ferita che la Chiesa soffre, molto dolorosa. Divisioni e polemiche nella Chiesa non aiutano a nulla. Specialmente noi vescovi dobbiamo accelerare questo movimento verso l’unità».
Il vescovo, pastore al servizio del suo gregge
Come pastore il vescovo deve servire, dichiarava il cardinale nel 2023. Alla domanda su quale caratteristiche dovesse avere un vescovo, rispondeva che «essere un buon pastore significa essere in grado di accompagnare il popolo di Dio e di vivere vicino a lui, non essere isolato. Papa Francesco lo ha detto chiaramente molte volte. Non vuole vescovi che vivono nei palazzi. Vuole vescovi che vivano in relazione con Dio, con il resto dell’episcopato, con i sacerdoti e soprattutto con il popolo di Dio in un modo che rifletta la compassione e l’amore di Cristo, creando comunità».
Ancora, rispondendo ai microfoni di Vatican News, affermava che un vescovo nella Chiesa del nostro tempo deve anzitutto avere la «capacità di ascoltare il prossimo», ma soprattutto «un elemento fondamentale dell’identikit è l’essere pastore, capace di essere vicino ai membri della comunità. Vivere questa vicinanza a tutti, senza escludere nessuno». Per il futuro Papa «non bisogna cedere alla tentazione di vivere isolati, separati in un palazzo, appagati da un certo livello sociale o da un certo livello dentro la Chiesa. E non bisogna nascondersi dietro un’idea di autorità che oggi non ha più senso. L’autorità che abbiamo è per servire, accompagnare i sacerdoti, per essere pastori e maestri».
Questa visione è stata ribadita durante l’omelia di domenica, quando ha ricordato che «Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri ma servire la fede dei fratelli camminando insieme a loro».