John le Carré: omaggio a uno dei più grandi romanzieri inglesi del secondo Novecento
Di John le Carré Ian McEwan disse che era arrivato il momento di smettere di considerarlo solo un grande autore di romanzi di spionaggio: le Carré va omaggiato in senso assoluto come uno dei più grandi scrittori del Novecento per le sue doti di fine romanziere e per la sua sapienza stilistica e narrativa.
Il padroneggiare la costruzione di intrecci intricati e perfetti, l'evocazione dell'atmosfera di epoche storiche controverse, i personaggi complessi e sfaccettati capaci di muoversi tra le mille pieghe di quelle epoche sono solo alcuni dei motivi per i quali è stato consacrato a livello internazionale, con bestseller che hanno fatto la storia del genere spy story come La spia che venne dal freddo, La talpa, L'onorevole scolaro e Tutti gli uomini di Smiley.
Le Carré - pseudonimo di David J. M. Cornwell - è scomparso il 12 dicembre 2020, ma non smetterà mai di appassionare e conquistare lettori e lettrici con libri intriganti che, anche quando raccontano le dinamiche del mondo di ieri, indagano temi universali come gli eterni meccanismi che vedono contrapporsi il bene e il male. Storie di potere e conquista, di segreti e tormenti interiori.
A cinque anni dalla sua scomparsa arriva in libreria La scelta di Karla, un omaggio di Nick Harkaway, un romanzo perfettamente autonomo, intriso di tensione e nostalgia. Con uno stile raffinato e avvincente, lo scrittore e figlio di John le Carré, riporta in scena il personaggio più emblematico della spy fiction contemporanea, in un capitolo inedito e sorprendente che si colloca nel decennio mancante tra La spia che venne dal freddo e La talpa...
Il mondo dei servizi segreti e il mito della spia-scrittore
Quando i primi romanzi di John le Carré ottennero il successo all'inizio degli anni Sessanta in tantissimi - critici, stampa, lettori - li salutarono come i libri verità firmati da una spia britannica uscita allo scoperto per raccontare il sottobosco misterioso di quel lavoro e di quel mondo.
Con un misto di timore reverenziale e di rabbia impotente l'autore cercò al contrario di spiegare che le sue erano opere di fiction che non si basavano direttamente su esperienze personali. Su La spia che venne dal freddo, in particolare, scrisse:
L'ho scritto a trent’anni, in uno stato di intenso stress personale di cui non ho mai fatto parola con nessuno, e nel più assoluto riserbo. Funzionario dell’Intelligence sotto copertura come diplomatico all’Ambasciata britannica di Bonn, ero un mistero per i miei colleghi e, per buona parte del tempo, anche per me stesso. (2013)
L'universo dei servizi segreti divenne per le Carré il perimetro nel quale inventiva, doti narrative e capacità di introspezione psicologica trovarono un felice incontro.
Divenne agente dei Servizi Segreti britannici nel 1958 e durante la sua carriera prestò servizio sia nell’MI5 (Security service) che nell’MI6 (Secret intelligence), i due organi che hanno rispettivamente funzioni di sicurezza all’interno del paese e di ricerca all’estero.
Tra gli incarichi esteri ci fu quello svolto in Austria nel 1950 con gli interrogatori a chi fuggiva dai Paesi dell’Est, e poi dal 1952 a Oxford, dove lo scrittore si era iscritto al Lincoln College, per individuare eventuali spie dei russi tra gli studenti di estrema sinistra.
Le Carré conosceva quindi perfettamente il mondo complesso e spietato di cui scriveva ma non aveva nessuna intenzione di violare la sicurezza nazionale né di lanciare messaggi politici in codice. I suoi scritti erano piuttosto il frutto di un'"immaginazione ribelle" che lo chiamò a esprimere se stesso per trovare anche risposta a una confusione personale che l'affliggeva.
Fu mentre lavorava in Germania per l’intelligence sotto copertura diplomatica che scrisse nel 1961 il suo primo romanzo (più vicino al genere della detective story), Chiamata per il morto, che presentò al pubblico il suo personaggio più iconico, l'agente George Smiley, un protagonista molto diverso dal James Bond di Ian Fleming, eroe da copertina che già allora spopolava.
Paolo Bertinetti cura per le opere negli Oscar Moderni un “Dossier George Smiley” che racconta le caratteristiche e l'evoluzione di un personaggio molto più umano degli agenti patinati alla Bond (già dall'aspetto "basso e grassoccio") che si muove nel contesto storico di un mondo reale, sempre guidato da una morale ferrea e una lealtà cristallina verso i suoi collaboratori:
Le doti più straordinarie erano una memoria prodigiosa e una eccezionale capacità nel far parlare le persone: tanto era abile nel far chiacchierare l’avventore di un pub che poteva dargli, senza avvedersene, utili informazioni, quanto era efficace in un interrogatorio. La prima è una dote che non si può insegnare; la seconda, il metodo da seguire in un interrogatorio [...] invece sì. Smiley infatti istruiva i suoi collaboratori, spiegando loro che la psicologia è molto più efficace della violenza, la risorsa preferita dai «Cugini», cioè dagli americani della CIA... (Paolo Bertinetti)
Smiley evoca un intero mondo, quello della Guerra Fredda e della Cortina di ferro.
Le Carrè racconta la lotta senza quartiere dell'Occidente contro i Servizi dell’Unione Sovietica e della Germania Est. Come i tanti in prima linea durante quegli anni oscuri, Smiley persegue "il bene dell’Europa": il suo ideale è condurre il Continente fuori dalle tenebre verso "una nuova età della ragione".
Berlino divenne un luogo cruciale per l’attività degli agenti segreti e delle spie di entrambi i blocchi. Non è un caso che La spia che venne dal freddo si apra e si chiuda dinnanzi al Muro: la Guerra Fredda, basata sulla convinzione che nessuna delle due parti volesse ricorrere alle armi (almeno non per prima), per gli uomini dell’intelligence era invece una guerra caldissima, combattuta con le armi più diverse. (Paolo Bertinetti)
Una spia corre sul campo ai tempi della Brexit
La spia corre sul campo, ultimo romanzo di Le Carré pubblicato nel 2019 racconta la storia di Nat, un veterano di 47 anni del Secret Intelligent Service britannico, che torna a Londra con la moglie Prue, convinto che i suoi anni come agente siano finiti.
Ma a causa della crescente minaccia russa, l’agenzia ha un nuovo incarico per lui: prendere in mano il Rifugio, una defunta sottostazione del quartier generale di Londra, con un gruppo improbabile di spie.
Nat non è solo un esperto agente: nel tempo libero è anche un appassionato giocatore di badminton e da qualche tempo il suo usuale avversario nelle partite del lunedì sera è un giovanotto che ha la metà dei suoi anni: l’introspettivo e solitario Ed Shannon.
Ed odia la Brexit, odia Trump e odia il suo lavoro presso un’agenzia di stampa. Ma è proprio lui, tra tutte le persone improbabili, che condurrà Nat e la sua squadra lungo il sentiero della rabbia politica che si impadronirà di loro, una posizione politica che rappresenta quella dello stesso le Carrè che si è sempre detto contrario alla Brexit.
John le Carrè oltre la letteratura: le più famose trasposizioni cinematografiche
Tra i più celebri adattamenti delle opere dello scrittore per il cinema si ricordano le seguenti:
- La spia che venne dal freddo, diretto da Martin Ritt nel 1965 con Richard Burton nei panni di Alec Leamas;
- Chiamata per il morto, diretto da Sidney Lumet nel 1966, con James Mason nei panni di Charles Dobbs;
- Lo specchio delle spie, diretto da Frank Pierson nel 1969 con Anthony Hopkins nei panni di John Avery.
A meno di un anno dalla morte, anche in Italia arriva la serie tv spy thriller ispirata al romanzo La tamburina, a cui lo stesso le Carrè ha partecipato come produttore esecutivo e compare anche in un cameo della serie tv firmata BBC/AMC del 2018. L'adattamento televisivo dell'unico romanzo dell'autore con una protagonista donna, sarà disponibile nel nostro Paese da martedì 28 settembre in prima tv su laF (Sky 135) alle 21.10.