Disturbi neuroevolutivi, scoperto il ruolo del gene RNU2-2

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La ricerca di base ha individuato un nuovo gene causa di una sindrome epilettica associata a deficit dello sviluppo cognitivo

Un team internazionale guidato dall'autorevole Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital di New York ha identificato il gene RNU2-2 come responsabile di una nuova e grave forma di disturbo neuroevolutivo, caratterizzata da epilessia e deficit dello sviluppo cognitivo. La scoperta è stata possibile grazie allo studio su modelli animali (in questo caso topi) e la ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Genetics. Questa scoperta è il risultato di una collaborazione internazionale che ha coinvolto team di ricercatori da Regno Unito, Belgio, Spagna, Paesi Bassi e Islanda. Sebbene i risultati derivino da esperimenti sui topi, rappresentano un passo cruciale verso la comprensione dei meccanismi biologici alla base di queste patologie, aprendo la strada a future applicazioni cliniche e a nuove opportunità di diagnosi genetica.

UN GENE INATTESO, UNA SVOLTA SCIENTIFICA

Il gene RNU2-2 appartiene alla categoria dei geni non codificanti, che non producono cioè proteine ma svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione delle funzioni cellulari. Fino ad ora questo gene era considerato silente: è la prima volta che viene collegato allo sviluppo di una specifica forma di disturbo neuroevolutivo. Un aspetto interessante è che le mutazioni nel gene RNU2-2 sembrano insorgere spontaneamente (de novo), piuttosto che essere ereditate dai genitori. Le mutazioni ricorrenti sono state individuate nelle posizioni 4 e 35 del gene RNU2-2 in nove topi. Questo risultato è stato poi confermato in altri 16 casi.

Il disturbo si manifesta con disabilità intellettiva, comportamenti dello spettro autistico, microcefalia, ipotonia, epilessia e iperventilazione. Tutti i casi studiati presentano crisi epilettiche complesse e gravi.

GIÀ L’ANNO PRECEDENTE VI ERA STATA UN’IMPORTANTE SCOPERTA

Questo studio si inserisce nel contesto di un’altra scoperta avvenuta nel 2024 (qui e qui), sempre dal team del Mount Sinai. Si tratta della sindrome ReNU, un disturbo del neurosviluppo causato da mutazioni, anch’esse non ereditate, nel gene RNU4-2. Si manifesta nei bambini con ipotonia, ritardo globale, grave disabilità intellettiva, linguaggio assente o scarso, difficoltà motorie e alimentari, tratti facciali dismorfici e anomalie cerebrali. La causa è un'alterazione dello splicing dell'RNA dovuta a varianti in RNU4-2. Il nome "ReNU" è stato scelto per simboleggiare il rinnovamento della speranza futura per molte famiglie. La sindrome ReNU e la sindrome correlata a RNU2-2 appena identificata presentano alcune somiglianze, ma i pazienti affetti da quest’ultima patologia tendono a essere più gravemente colpiti dall'epilessia.

SEQUENZIARE I GENOMI SU LARGA SCALA

I risultati recentemente pubblicati su Nature Genetics sono stati possibili anche grazie ai recenti progressi nel sequenziamento genomico, in particolare grazie ai dati relativi a oltre 50.000 individui raccolti da Genomics England, una società britannica, costituita e controllata dal Dipartimento della salute e dell’assistenza sociale del Regno Unito, nata nel 2013. Il “100.000 Genomes Project” è stata la primissima iniziativa di Genomics England con l’obiettivo di sequenziare i genomi di 85mila pazienti del Servizio sanitario nazionale (NHS) britannico affetti da malattie rare, dei loro familiari, e di pazienti oncologici, con lo scopo di migliorare diagnosi e terapie integrando la genomica nella pratica clinica.

IN QUANTI POTREBBERO BENEFICIARE DI QUESTA SCOPERTA?

Secondo i ricercatori, la sindrome correlata a RNU2-2 potrebbe avere una prevalenza pari al 20% di quella della sindrome ReNU individuata e descritta lo scorso anno. Ciò significa che migliaia di famiglie in tutto il mondo potrebbero essere interessate da questa nuova scoperta.

Conoscere la base genetica di un disturbo non solo permette di affrontarlo con maggiore consapevolezza, ma rende anche possibile l'avvio di nuove ricerche sui meccanismi molecolari coinvolti e, in prospettiva, lo sviluppo di terapie specifiche. È un primo passo verso un supporto più mirato, cure potenzialmente più efficaci e la creazione di una rete di condivisione tra persone che vivono la stessa condizione.

Recapiti
info@osservatoriomalattierare.it (Cristina Da Rold)