Povertà assoluta: nella relazione annuale ISTAT l’Italia che lavora ma non riesce a vivere - U.Di.Con Unione per la Difesa dei Consumatori

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Non è una questione di rinunciare alle vacanze. Né di tagliare sul superfluo. La povertà assoluta è un’altra cosa. È dover scegliere tra la spesa e la bolletta. È vivere in una casa senza riscaldamento o dover rimandare una visita medica perché mancano i soldi. È contare fino all’ultimo centesimo ogni mese e arrivare comunque corti.

Il rapporto ISTAT 2025

Secondo l’ultimo Rapporto annuale dell’Istat presentata la settimana scorsa a Roma, oltre 5,7 milioni di persone in Italia vivono in questa condizione. Famiglie, 2,2 milioni per la precisione, che non riescono a sostenere le spese minime per condurre una vita dignitosa. Un dato stabile rispetto all’anno precedente ma tutt’altro che rassicurante. Colpisce il fatto che la povertà non riguardi solo chi è ai margini. Tocca realtà ben più diffuse: famiglie con figli piccoli, giovani sotto i 35 anni, persone che lavorano ma che non riescono comunque a cavarsela. Perché il lavoro, ormai, non è più una garanzia contro la povertà. C’è un’Italia che lavora nel quotidiano, che lavora a tempo pieno o salta da un contratto all’altro e che nonostante tutto, non ce la fa. Nel 2023, il 21% dei lavoratori italiani era a rischio di basso reddito. E le cose peggiorano se si guarda alle donne (26,6%), ai giovani (29,5%) e agli stranieri, dove il dato supera il 35%. Non si tratta di situazioni eccezionali ma di un trend che si sta consolidando, silenziosamente.

I dati in pillole

Anche il livello d’istruzione continua a fare la differenza. Chi ha solo la licenza media è tre volte più esposto alla povertà rispetto a chi ha almeno un diploma. Eppure nemmeno un titolo di studio riesce sempre a fare da scudo, soprattutto quando i salari sono bassi e il costo della vita cresce. Poi ci sono le famiglie più fragili. Quelle giovani, con bambini piccoli, che spesso non hanno reti su cui contare. Lì, l’incidenza della povertà assoluta tocca il 15,2%. In pratica, una su sei. Numeri ancora più alti se parliamo di famiglie composte solo da stranieri, dove più di una su tre vive sotto la soglia. E naturalmente, c’è il nodo mai risolto delle disuguaglianze territoriali. Il Mezzogiorno resta l’area più colpita. Qui una famiglia su dieci è in povertà assoluta. Ma tra i giovani con figli il dato sale ancora. Un divario che si trascina da decenni, tra un Sud che fatica a tenere il passo e un Nord che resiste, ma non è più immune. Accanto alla povertà “economica” si affianca poi quella abitativa. Parliamo del 5,6% della popolazione che vive in case sovraffollate, umide, inadeguate. E se guardiamo alle spese quotidiane, il quadro si fa ancora più netto: quasi un terzo delle famiglie italiane non può permettersi una settimana di vacanza all’anno, né affrontare una spesa imprevista. Segnali chiari di una fragilità strutturale, che non fa rumore ma definisce la qualità della vita.

La povertà assoluta non è un’eccezione

Non servono enfasi né allarmi. Basta leggere i dati con onestà. La povertà assoluta non è un’eccezione. È diventata una componente strutturale della società italiana. Un contesto dove lavorare non garantisce più un’esistenza decorosa e dove, spesso, le condizioni di partenza segnano in anticipo la traiettoria di un’intera vita. Osserviamo questi numeri per quello che sono: un termometro affidabile del malessere sociale. Ed è proprio da qui che deve partire ogni analisi seria sulla condizione dei consumatori nel nostro Paese. Perché non si può parlare di diritti, servizi, efficienza o innovazione se non si parte da una semplice, cruda verità: c’è una parte d’Italia che lavora, risparmia, si sacrifica. Ma resta comunque in difficoltà.

Il Rapporto annuale 2025 – Integrale

Il Rapporto annuale 2025 – Sintesi

Le infografiche di ISTAT sul Rapporto annuale

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