Intermodalità, ottimizzare la logistica attraverso il trasporto combinato - Open Gate Italia

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Nel contesto attuale, in cui la transizione ecologica è diventata una priorità strategica per l’Unione Europea, il settore dei trasporti assume un ruolo centrale. Rappresentando circa un quarto delle emissioni totali di gas serra, la mobilità delle merci è una delle aree su cui è necessario intervenire con urgenza per raggiungere gli obiettivi del Green Deal. In questo scenario, l’intermodalità si configura come una delle soluzioni più promettenti per ridurre l’impatto ambientale del trasporto, migliorare l’efficienza della supply chain e aumentare la resilienza complessiva del sistema logistico.

L’intermodalità non è un concetto nuovo, ma oggi si impone con rinnovata forza all’attenzione di decisori politici, operatori del settore e stakeholder istituzionali. La combinazione intelligente di diverse modalità di trasporto – gomma, ferrovia, mare – consente di costruire filiere logistiche più sostenibili, ma anche più competitive. Per questo, parlare di intermodalità oggi non significa soltanto promuovere una pratica virtuosa, ma ragionare su una trasformazione strutturale del sistema logistico nazionale ed europeo.

Cos’è l’Intermodalità e quali sono i suoi vantaggi

Il concetto di intermodalità si basa sull’integrazione operativa di più modalità di trasporto lungo un unico percorso di consegna, senza che le merci vengano scaricate e ricaricate nei passaggi intermedi. In concreto, ciò significa che un container caricato su un camion può essere trasferito su un treno e successivamente su una nave senza mai essere aperto, garantendo continuità, sicurezza e tracciabilità lungo l’intera filiera.

Questa metodologia si traduce in una serie di vantaggi concreti. Innanzitutto, permette di ottimizzare i flussi logistici, rendendo più efficiente l’organizzazione dei trasporti e riducendo i costi operativi. A ciò si aggiunge una sensibile diminuzione delle emissioni di anidride carbonica e degli inquinanti atmosferici, grazie alla minore incidenza del trasporto su gomma, che resta la modalità più inquinante. Anche la sicurezza del trasporto migliora, poiché la riduzione delle operazioni di carico e scarico diminuisce il rischio di incidenti e danneggiamenti delle merci. Infine, nel medio-lungo termine, l’intermodalità può rivelarsi economicamente più conveniente, soprattutto su tratte superiori ai 300 chilometri, dove la ferrovia o la navigazione riescono a esprimere appieno la propria efficienza.

È anche per questi motivi che l’Unione Europea, attraverso strumenti come il Connecting Europe Facility (CEF) e i fondi destinati allo sviluppo delle reti TEN-T, promuove con decisione la creazione di corridoi logistici integrati, capaci di collegare i principali hub produttivi del continente con porti, interporti e snodi ferroviari.

Intermodalità e transizione ecologica: un connubio necessario

La necessità di decarbonizzare i trasporti rende l’intermodalità non solo una scelta opportuna, ma una vera e propria necessità sistemica. Ridurre le emissioni del settore significa intervenire su una delle componenti più complesse della mobilità, dove le abitudini consolidate, le infrastrutture carenti e le logiche di mercato spesso ostacolano il cambiamento.

In questo quadro, il trasporto combinato si rivela particolarmente efficace, soprattutto se accompagnato da politiche di supporto strutturali. L’elettrificazione dei porti e dei terminal ferroviari, ad esempio, permette di diminuire l’uso di carburanti fossili nelle fasi di movimentazione e di sosta delle merci. La digitalizzazione della catena logistica, mediante l’adozione di piattaforme interoperabili e l’uso dei big data, favorisce un migliore coordinamento tra i diversi attori coinvolti, aumentando trasparenza, affidabilità e puntualità.

Fondamentale è anche la promozione del cosiddetto modal shift, ovvero il trasferimento di quote significative del trasporto merci dalla gomma alla ferrovia o alla navigazione. Questo passaggio richiede una visione politica chiara, incentivi mirati e un sistema di regole che premi davvero le scelte più sostenibili. La riduzione delle esternalità negative del trasporto stradale – come traffico, incidenti e inquinamento – è un obiettivo collettivo che può essere raggiunto solo attraverso una strategia intermodale coerente e condivisa.

Infrastrutture e digitalizzazione: le sfide da affrontare

Nonostante l’intermodalità sia spesso citata come best practice logistica, la sua piena attuazione in Italia è ancora ostacolata da diversi fattori critici. Il primo nodo riguarda le infrastrutture: molte aree del Paese, in particolare nel Mezzogiorno, soffrono per la mancanza di collegamenti adeguati tra le reti stradali, ferroviarie e portuali. I terminal intermodali sono spesso sottodimensionati, male connessi o non attrezzati per gestire elevati volumi di traffico merci in tempi competitivi.

Un secondo fronte problematico è quello della digitalizzazione. La scarsa interoperabilità tra i sistemi informativi utilizzati dai diversi attori della filiera – trasportatori, spedizionieri, terminalisti, autorità portuali – rende difficile un’efficace gestione dei flussi in tempo reale. Questo deficit tecnologico, in un settore sempre più basato sulla velocità e sull’accuratezza dei dati, rappresenta un ostacolo significativo alla crescita dell’intermodalità.

Infine, permangono barriere normative e culturali che frenano l’adozione del trasporto combinato. I tempi di transito intermodali, in alcuni casi, risultano ancora poco competitivi rispetto al trasporto esclusivamente su gomma, soprattutto sulle tratte medio-brevi. Serve quindi una politica industriale orientata a favorire l’intermodalità, attraverso investimenti infrastrutturali mirati, incentivi fiscali e l’adozione di standard digitali condivisi.

Intermodalità come pilastro della logistica sostenibile

Promuovere l’intermodalità non significa semplicemente cambiare mezzo di trasporto, ma ripensare l’intera architettura della logistica. È un processo che richiede un cambio di mentalità, una riorganizzazione delle filiere, l’adozione di tecnologie innovative e una collaborazione strutturata tra attori pubblici e privati.

L’Italia, per la sua posizione geografica e per la densità del tessuto produttivo, ha tutte le potenzialità per diventare un hub intermodale strategico nel Mediterraneo. Ma per cogliere questa opportunità è necessario superare le attuali frammentazioni, investire con continuità e costruire un ecosistema normativo e infrastrutturale all’altezza delle sfide globali.

In questo percorso, realtà come Open Gate Italia possono giocare un ruolo determinante nel rappresentare le istanze del comparto logistico, nel promuovere un dialogo costruttivo con le istituzioni e nel contribuire a definire una visione condivisa della logistica sostenibile del domani.

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