Come è cambiata l'advocacy nel campo della salute: i pazienti sempre più protagonisti nella ricerca

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Maya Uccheddu, paziente esperta, racconta come il coinvolgimento di chi vive una malattia in prima persona possa dare un grande contributo allo sviluppo di nuovi trattamenti

Cagliari – Oggi i pazienti svolgono un ruolo attivo in molti ambiti, ad esempio nella prevenzione e nella diagnosi delle malattie, nella pianificazione dei trattamenti, nella sensibilizzazione, nella creazione di linee guida, nella progettazione di sperimentazioni cliniche e nella ricerca medica. Grazie agli sforzi di advocacy, si sono sviluppati negli anni nuovi modi per coinvolgere i pazienti nella ricerca, superando modelli obsoleti in cui i pazienti avevano poca o nessuna voce in capitolo. Uno sviluppo di rilievo è la figura del “paziente esperto”, ovvero persone con esperienza vissuta di una malattia che lavorano a stretto contatto con ricercatori e medici. Questo approccio conferisce ai pazienti una voce più forte nel processo di ricerca, policy e advocacy.

Si parla di questo nell’articolo “Inclusion in neurological research: empowering people living with neurological diseases”, pubblicato recentemente sulla rivista Nature Reviews Neurology, in cui è stato esaminato il modo in cui i pazienti sono attualmente coinvolti nella ricerca medica, con una particolare attenzione al campo della neurologia, ed è stato approfondito il ruolo crescente dei pazienti esperti. Fra gli autori di questo studio c'è Maya Uccheddu, farmacista e digital artist sarda, già intervistata da OMaR nel 2023 (negli articoli “Malattie rare, il disegno come 'cura' per la miastenia grave” e “Maya, digital artist e paziente, disegna la miastenia gravis per vincere l'invisibilità”). È lei, paziente esperta e referente per la Sardegna dell’Associazione Italiana Miastenia (AIM), a raccontarci quali sono i temi principali trattati in questa pubblicazione.

ADVOCACY: UNA STORIA CHE PARTE DA LONTANO

“Per prima cosa, abbiamo voluto mostrare con una timeline l’evoluzione del coinvolgimento dei pazienti nella medicina: dagli anni '40, con le prime valutazioni della qualità di vita, passando per la crescita dell’attivismo degli anni '80, con i movimenti come quelli per l’AIDS e i programmi di coinvolgimento che iniziano a influenzare la ricerca e la sanità”, spiega Maya Uccheddu. “Negli anni 2000 i pazienti entrano poi nei processi decisionali di ricerca, regolamentazione e finanziamento; includerli nella ricerca medica è diventata oggi una priorità fondamentale, sostenuta da programmi come l'iniziativa Salute 2020 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)”.

Nell’articolo sono citati diversi esempi di come gruppi di pazienti abbiano contribuito a garantire l’approvazione di trattamenti chiave, come i farmaci per l’Alzheimer e la distrofia muscolare, e abbiano ampliato l’accesso alle terapie sperimentali per la sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Campagne di grande successo, come l'ALS Ice Bucket Challenge, hanno raccolto fondi e sensibilizzato l'opinione pubblica, portando a progressi nella ricerca e a nuove collaborazioni”.

Organizzazioni come l'Alzheimer’s Research UK e la Multiple Sclerosis (MS) Society coinvolgono i pazienti nella definizione delle priorità della ricerca, nella valutazione delle proposte di finanziamento e nel miglioramento della progettazione degli studi. In una sperimentazione sulla sclerosi multipla, ad esempio, la presenza di un ricercatore con esperienza personale della malattia ha prodotto dei vantaggi pratici, come un migliore reclutamento dei partecipanti e risultati di ricerca più pertinenti”.

IL CONTRIBUTO DEI PAZIENTI ALLA RICERCA

Per valutare l'impatto dei trattamenti sulla vita quotidiana dei pazienti, sempre maggiore importanza hanno ora i PRO, patient-reported outcome, ovvero i risultati riferiti dai pazienti. Queste partnership portano a studi progettati in modo da essere più pertinenti per i pazienti, migliorano il reclutamento e producono risultati più applicabili alle esperienze del mondo reale”, prosegue Uccheddu. “La ricerca neurologica ha tratto particolare beneficio da questa collaborazione, con pazienti che hanno contribuito attivamente a dare forma agli studi su patologie come l’Alzheimer, la sclerosi multipla e la SLA. Questi sforzi non solo rendono la ricerca più efficiente, ma garantiscono anche che essa rispecchi le esigenze e le priorità delle persone che intende aiutare”.

In alcuni casi il bisogno di avere progressi nella ricerca ha dato vita a vere e proprie iniziative di ricerca scaturite dai pazienti. Nel 2008, ad esempio, i pazienti affetti da SLA hanno sperimentato il carbonato di litio, condividendo i risultati attraverso la piattaforma PatientsLikeMe. Sebbene informali, i loro risultati hanno fornito spunti iniziali che sono stati poi confermati da sperimentazioni cliniche vere e proprie. Poi, durante la pandemia, i pazienti affetti da Long-COVID hanno formato il Patient-Led Research Collaborative, definendo la loro condizione, co-scrivendo articoli scientifici e sostenendo finanziamenti e cambiamenti nelle politiche. Infine, il Women’s Parkinson’s Project ha evidenziato gli impatti ormonali sui sintomi del Parkinson, un’area poco esplorata”.

“A dimostrazione della crescente attività dei pazienti nella ricerca, un numero sempre maggiore di articoli in neurologia e in altri campi ora includono pazienti come coautori. Grazie ai progressi della tecnologia digitale, una nuova generazione di pazienti ha iniziato a combinare l'esperienza vissuta con la conoscenza specifica della malattia per catalizzare l'innovazione incentrata sul paziente, andando oltre la ricerca accademica. Sono stati anche creati programmi di finanziamento ad hoc, come il progetto Chan Zuckerberg Initiative Rare as One”.

TECNOLOGIA E INNOVAZIONE

Il progetto Open Artificial Pancreas System (OpenAPS) dimostra la potenza dell'innovazione guidata dal paziente. Nel 2014, un gruppo di oltre cento persone affette da diabete si è unito sotto l'hashtag #WeAreNotWaiting. Hanno applicato le loro capacità tecniche per costruire sistemi ibridi a circuito chiuso, che combinano hardware di elaborazione di piccole dimensioni e software open source (OpenAPS) con dispositivi esistenti per il monitoraggio del glucosio e la somministrazione di insulina. I risultati auto-riportati indicano che OpenAPS fornisce un controllo glicemico superiore rispetto ai sistemi standard, con conseguente miglioramento della qualità della vita”, racconta Uccheddu. “Stiamo assistendo a un'esplosione della tecnologia medica e digitale e della ricerca sull'intelligenza artificiale per le condizioni neurologiche, con i pazienti e i loro familiari che promuovono soluzioni tecnologiche per migliorare la vita con la loro condizione. Un esempio è la start-up My Moves Matter, guidata dai pazienti, che si propone di soddisfare le esigenze specifiche delle donne affette da Parkinson tramite un'app che consente alle donne di registrare le fluttuazioni dei sintomi neurologici durante il ciclo mestruale”.

COME DIVENTARE UN PAZIENTE ESPERTO?

Nell’articolo viene proposta una terminologia nuova per contraddistinguere i pazienti esperti che hanno un particolare bagaglio di conoscenza grazie ai corsi appositi o per esperienza personale: sono i 'pazienti esperti tecnici', che si occupano di diventare promotori attivi di progetti di ricerca in modi innovativi e interessanti”, spiega Uccheddu. “Un sottoinsieme di pazienti esperti che, oltre alla competenza acquisita attraverso l'esperienza vissuta di una malattia, possiedono conoscenze tecniche, scientifiche e normative, sia per via del loro background personale sia attraverso la formazione. La partecipazione a questo livello alla ricerca e all'innovazione medica richiede familiarità con la biologia, la patologia, l'ingegneria e la statistica”.

I pazienti possono acquisire le conoscenze necessarie anche grazie a corsi di formazione appositi, come l'Accademia Europea dei Pazienti sull'Innovazione Terapeutica (EUPATI), l'EURORDIS Open Academy, la WECAN Academy, formazione della Rete europea di difesa dei pazienti affetti da cancro, e i corsi online dell'EFNA (European Federation of Neurological Associations), chiamati 'TINA'. Agenzie come la FDA (Food and Drug Administration) e l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) coinvolgono i pazienti nella revisione di nuovi farmaci e tecnologie mediche”.

“Nel Regno Unito, il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) coinvolge i pazienti nei comitati per l'elaborazione delle linee guida. Il nuovo regolamento sulla valutazione delle tecnologie sanitarie (HTAR) in Europa garantisce che i pazienti saranno inclusi nei processi decisionali entro il 2025. Di nota anche il coinvolgimento dei pazienti nelle attività di organizzazioni come l’EAN, l'Accademia Europea di Neurologia, e nelle reti di riferimento europee per le malattie rare (ERN, European Reference Networks)”.

IL FUTURO DELL'ADVOCACY

Rimangono comunque delle barriere alla partecipazione dei pazienti: identificare e reclutare rapidamente pazienti esperti può essere difficile. Spesso le risorse, la formazione e il supporto, affinché i pazienti assumano questi ruoli, sono limitati. Inoltre, le sfide fisiche delle condizioni neurologiche e delle popolazioni affette da malattie rare possono rendere più difficile la partecipazione”, evidenzia Uccheddu. “In soccorso a queste limitazioni ci sono gli strumenti digitali, come i dispositivi indossabili e le piattaforme online, che consentono ai pazienti di contribuire senza dover viaggiare. I social media aiutano a creare comunità di pazienti esperti per condividere conoscenze, discutere idee e generare dati di ricerca iniziali”.

“Continua ad essere importante coinvolgere i pazienti nelle conferenze scientifiche o con nuovi approcci, come Walking the Talk for Dementia, che riuniscono pazienti, famiglie ed esperti per creare soluzioni insieme. Coinvolgere i pazienti durante tutto il processo di ricerca è essenziale per creare trattamenti e risultati migliori. I pazienti apportano una prospettiva unica e preziosa alla ricerca. Con il giusto supporto e la giusta formazione - conclude Maya Uccheddu - possono svolgere un ruolo ancora più importante nel migliorare la cura delle malattie neurologiche”.

Recapiti
info@osservatoriomalattierare.it (Francesco Fuggetta)