Allevamenti intensivi: in Spagna riconosciuti i danni ambientali

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Comunicato stampa
18 luglio 2025

Secondo il Tribunale Superiore di Giustizia della Galizia, l’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi può violare i diritti fondamentali delle persone: con una sentenza destinata a creare un precedente fondamentale, per la prima volta in Europa è stato riconosciuto l’impatto degli allevamenti intensivi sulla salute umana. In particolare, è stata contestata la violazione del diritto alla vita e all’integrità personale.

Per l’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) si tratta di un traguardo importante, che in futuro potrebbe portare altri Paesi alla stessa conclusione. L’Italia per prima ha a che fare con le conseguenze ambientali dell’allevamento intensivo, specialmente nelle regioni del Nord. È noto che la Pianura Padana ha uno dei livelli di qualità dell’aria peggiori in Europa, e il contributo degli allevamenti intensivi è cruciale: per fare solo un esempio, circa l’85% delle emissioni di ammoniaca in Lombardia proviene da questa fonte.

Eppure, i fondi europei della PAC continuano ad andare agli allevamenti. Tra il 2019 e il 2023 i fondi PAC destinati alla zootecnia sono aumentati da 250 a 286 milioni di euro: una mossa lontanissima dagli obiettivi del Green Deal europeo, dalla strategia “Farm to Fork” e dalla tutela della salute dei cittadini.

Questa sentenza storica punta i riflettori sui pericoli che gli allevamenti intensivi rappresentano per la salute pubblica, in un momento storico in cui l’attenzione politica sull’impatto degli allevamenti è praticamente assente” commenta Massimo Comparotto, Presidente OIPA Italia. “Ci auguriamo che anche in Italia si riconosca che gli allevamenti intensivi hanno un impatto ambientale devastante: le evidenze scientifiche parlano chiaro e ignorarle è una contraddizione rispetto al tanto sostenuto Green Deal europeo“.

L’OIPA coglie l’occasione per ricordare che l’Italia è l’unico Paese in Europa a essersi opposto con largo anticipo alla carne coltivata (comunemente e in maniera fuorviante chiamata “carne sintetica”), la cui diffusione rappresenterebbe una svolta estremamente positiva da diversi punti di vista. Parliamo infatti di carne ottenuta in laboratorio partendo da cellule animali.

Secondo un’analisi condotta da scienziati dell’Università di Oxford e dell’Università di Amsterdam, la produzione di carne coltivata genererebbe emissioni di gas serra inferiori fino al 96% rispetto alla carne prodotta convenzionalmente, un consumo del suolo inferiore del 99% e stima che richiederebbe dal 7 al 45% di energia in meno rispetto allo stesso volume di carne di maiale, pecora o manzo.

A questo, si aggiunge soprattutto che è prodotta senza macellazione e rappresenta quindi un’alternativa (più) etica al consumo di carne convenzionale, che comporta mesi o anni di sofferenze degli animali negli allevamenti, per concludersi poi con l’abbattimento. Anche se la produzione di carne coltivata richiede l’utilizzo di cellule animali, può andare incontro alle richieste chi ancora non ha abbracciato la scelta vegetariana o vegana, che per l’OIPA rimane comunque quella eticamente migliore.

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