Influencer, content creator e overtourism: qual è la correlazione? - Le avventure di Anna Pernice - Travel Fashion Tips

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Foto:Unsplash

Ultimamente si parla tanto di overtourism, in Italia e nel mondo, e molti danno la colpa agli influencer e content creator che con i loro video hanno svelato alcune mete fino a qualche anno fa poco conosciute.
Ma è davvero colpa dei content creator? Ho rilasciato di recente un’intervista su questo tema per un magazine italiano, ma vorrei affrontare anche con voi l’argomento.

Se un tempo le destinazioni venivano promosse attraverso TV, radio e magazine cartacei, oggi il baricentro della comunicazione turistica si è spostato quasi interamente sui social network. Secondo il Digital 2025 Report, oltre il 62% della popolazione mondiale utilizza quotidianamente almeno una piattaforma social, e il 78% dei viaggiatori sceglie le proprie mete ispirato da contenuti digitali.

In questo scenario, Instagram, TikTok e YouTube sono diventati vetrine potenti: basta un video virale per trasformare un piccolo borgo in un luogo iconico. È innegabile che i social abbiano ampliato le possibilità di scoprire posti nuovi e abbiano reso più accessibile il sogno del viaggio a chiunque.

È facile puntare il dito contro gli influencer e accusarli di aver reso invivibili alcune destinazioni. In realtà, il problema è molto più complesso.

L’overtourism non nasce con i social: è il risultato di diversi fattori, tra cui la crescita esponenziale dei voli low cost, che hanno reso i viaggi accessibili a un pubblico molto più ampio, e la digitalizzazione, che ha eliminato molte delle barriere informative che un tempo limitavano la pianificazione dei viaggi.

Gli influencer hanno certamente accelerato la visibilità di alcune mete, ma ridurre il problema unicamente al loro lavoro è una semplificazione. Come ogni strumento, i social possono generare effetti positivi o negativi: dipende dall’uso che se ne fa.

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Dall’era degli “Instagram spot” alle esperienze autentiche

Qualche anno fa la corsa era tutta a caccia dello “scatto perfetto” nei luoghi più instagrammati del mondo. Oggi la tendenza è diversa: secondo Booking.com (2024), il 74% dei viaggiatori preferisce vivere esperienze autentiche, a contatto con la cultura locale, lontano dai circuiti turistici tradizionali.

Questa nuova sensibilità sta favorendo la crescita di mete emergenti come Uzbekistan, Armenia o Kazakistan, che fino a pochi anni fa erano fuori dalle principali rotte turistiche. Il viaggiatore contemporaneo non cerca solo un luogo da fotografare, ma un’esperienza da raccontare.

Overtourism in Italia: un problema di concentrazione

L’overtourism nelle città d’arte italiane sono un campanello d’allarme. Venezia, Firenze, Roma e Napoli stanno affrontando conseguenze pesanti: affitti alle stelle, spopolamento dei centri storici e trasformazione dei quartieri in “scenografie turistiche”.

Il problema principale? La concentrazione. Secondo ENIT, oltre il 70% dei visitatori stranieri si concentra su appena il 2% del territorio italiano. Questo significa che l’Italia, con la sua immensa varietà di borghi, parchi e aree interne ricche di tesori nascosti, resta in gran parte inesplorata.

Tutto ciò può portare prima o poi a episodi come quelli visti ultimamente alle Isole Canarie, dove molti residenti hanno fatto delle proteste contro i turisti.

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E qui arriviamo al punto: se usati con intelligenza, i social non sono un problema, ma una risorsa. Proprio i canali tanto criticati per l’overtourism possono diventare strumenti per destagionalizzare i flussi e promuovere mete meno conosciute.

Raccontare borghi autentici, itinerari alternativi ed esperienze legate al territorio può non solo ridurre la pressione sulle città più visitate, ma anche generare nuove opportunità economiche per le comunità locali. In altre parole, il potere dei social dipende da come viene indirizzato.

Gli influencer e i content creator non sono i “colpevoli unici” dell’overtourism. Sono piuttosto specchio e amplificatore di fenomeni globali che hanno reso il viaggio più accessibile e desiderato.

La vera sfida per il turismo del futuro non è demonizzare i social, ma utilizzarli come strumenti per un turismo più consapevole, sostenibile e distribuito. Solo così potremo continuare a viaggiare, scoprendo il mondo senza consumarlo.

E voi cosa ne pensate?
Avete mai scelto una meta grazie a un post visto sui social? Pensate che gli influencer abbiano più colpe o più responsabilità nel raccontare il turismo? Raccontatemelo nei commenti!

Anna

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Anna Pernice