Il 13 settembre il Lazio Pride torna a Rieti
In questi ultimi 9 anni il Lazio Pride ha raccolto la sfida di contesti troppo spesso lasciati in silenzio, di voci con cui abbiamo costruito percorsi di lotta contro tutte le discriminazioni. Abbiamo incontrato e attraversato i territori della provincia del Lazio, per dare voce a chi per troppo tempo è rimasto ai margini, dentro un isolamento sociale e culturale che ancora oggi ci riguarda da vicino.
Vivere in un territorio lontano dai riflettori delle grandi città metropolitane si traduce spesso in una rinuncia forzata a nominarsi, dirsi e uscire fuori. Abbiamo scelto di tornare a Rieti e in tutta la sua provincia perché abbiamo ancora tanto da combattere e tante battaglie da vincere se vogliamo che il nostro territorio accolga davvero tutte coloro che lo abitano, lo hanno scelto, lo amano e non vogliono essere costrette a lasciarlo.
Il nostro slogan è
Sfacciatamente Queer
Perché la nostra lotta sia davvero visibile e travolgente dobbiamo e vogliamo essere SFACCIATE! Il silenzio, la moderazione, la vergogna per i nostri corpi e per quello che siamo e rivendichiamo non ci appartengono! Nelle province vige ancora la regola del silenzio, del fare ma non mostrare, dell’invisibilità che porta all’immobilismo, a non risolvere le problematiche che affliggono il nostro territorio, a restare sempre indietro! Le nostre battaglie devono essere sfacciate per creare spazi, libertà, avanzamento per tutte!
Per molti siamo creature strane, bizzarre, fuori dai binari rispetto a una normalità che non esiste ma che viene imposta da chi parla di ordine naturale, di sicurezza, di pulizia. Allora noi lo rivendichiamo! Rivendichiamo con forza il nostro essere QUEER, il nostro essere strane, bizzarre, froce! Siamo una casa sicura per tutte quelle persone che sentono di appartenere ma anche di non appartenere. E la nostra casa è Rieti e il suo territorio ed è qui che vogliamo restare, vivere, amare, lavorare, creare le nostre famiglie queer!
La visibilità è lotta quotidiana.
Le persone LGBTQAI+ a Rieti esistono, resistono, vivono.
Il 13 settembre saremo nelle strade con i nostri vissuti, i nostri colori, i nostri corpi.
Vogliamo una città e un territorio che si prendano cura di tutte le persone che li abitano, senza distinzioni.
Che costruisca percorsi culturali e politici insieme a tutte le realtà che già lottano ogni giorno e che ringraziamo per aver partecipato attivamente a questo documento politico costruito anche grazie alle loro istanze fondamentali.
No Pride in Genocide!
Ci uniamo agli appelli del movimento queer palestinese; sosteniamo il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, chiediamo la fine immediata dell’occupazione sionista, della violenza militare e coloniale a Gaza finalizzata allo sterminio totale, del massacro di un popolo per mano di Israele nel totale silenzio dei nostri governanti e nelle azioni insufficienti dell’Europa! Sono necessarie misure reali e drastiche! È in atto un ecocidio attraverso la distruzione delle risorse, della terra, dell’accesso al cibo, all’acqua per la popolazione palestinese anche con la collaborazione di multinazionali italiane ed europee spalleggiata da parte del mondo accademico. È in atto un genocidio perpetrato sulla possibilità di un gruppo sociale di riprodursi (attraverso l’uccisione di bambine e bambini come eliminazione di un popolo alla sua radice), sullo stupro etnico, sulla sperimentazione sui corpi delle donne, sullo sradicamento dei corpi dalla terra, dalla cultura, dall’aria per respirare.
Chiediamo, nell’immediato, il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, la protezione dei civili, l’accesso agli aiuti umanitari e ai servizi essenziali che deve essere seguito dall’attuazione della parità di diritti e il riconoscimento dello stato della Palestina. Non ci può essere orgoglio di fronte a un genocidio!
La Palestina deve essere riconosciuta e libera!
Oggi più che mai è necessario riappropriarci di un Pride intersezionale, politico, solidale. Non possiamo accettare che il nostro orgoglio e le nostre battaglie vengano brandizzate da aziende che finanziano guerre o governi complici di massacri. Non possiamo sfilare accanto a chi sostiene il genocidio, solo perché mostra il logo rainbow una volta all’anno.
Siamo dalla parte di tutti in popoli oppressi, contro le guerre e chiediamo che il nostro Paese dica NO al riarmo e alle spese militari.
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Cosa vogliamo come comunità
La comunità LGBTQAI+ del Lazio è una delle più numerose in questo Paese. Siamo persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, non binarie, intersex e gender diverse, ma anche alleate che sostengono il movimento. Siamo sieropositive e siero coinvolte, siamo genitori queer e figlie e figli di genitori queer. Siamo persone che lottano da anni per vedere riconosciute le proprie relazioni affettive e che resistono anche nelle province dove ancora c’è tanto lavoro e tanto da spendersi per costruire una società libera dall’oppressione. Siamo sex worker.
Vogliamo:
- il matrimonio egualitario;
- una legge per l’autodeterminazione dei percorsi di affermazione di genere;
- il riconoscimento immediato alla nascita delle figlie e dei figli delle famiglie omogenitoriali;
- l’adozione per tutt3, anche per le persone single;
- l’abolizione della legge Varchi e un percorso aperto, concreto, scientifico e privo di pregiudizi sulla GPA;
- l’accesso alla PMA per tutt3;
- l’estensione e l’attuazione della carriera alias e dell’identità alias in ogni spazio formativo e lavorativo in particolare alle luce delle recenti audizioni per i DDL Valditara, Sasso e Amorese ;
- una legge efficace contro l’omolesbobitransfobia;
- l’introduzione dell’educazione sessuo-affettiva, laica e scientifica, nei programmi curricolari in tutte le scuole di ordine grado che comprenda anche gli orientamenti sotto l’ombrello asessuale e aromantico;
- massimo accesso all’IVG e la garanzia della presenza di personale medico non obiettore in tutti gli ospedali;
- una legge contro le mutilazioni genitali su bambin3 intersessuali;
- la messa al bando delle “terapie” di conversione;
- un sistema di accoglienza per le persone migranti LGBTQAI+ che rispetti i vissuti senza cancellarli;
- l’accesso libero e gratuito alla PreP per tutt3;
- Non più barriere architettoniche, sociali o culturali: ogni spazio, pubblico e privato, deve essere accessibile, così come ogni attività e opportunità devono essere fruibili da tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità fisiche o cognitive.
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Contro l’omolesbobitransfobia è ora di una rivoluzione culturale
I casi di violenza, fisica e verbale, di matrice omolesbobitransfobica sono in aumento. L’ultimo rapporto pubblicato da ILGA Europe relega l’Italia, ancora una volta, agli ultimi posti tra i Paesi che hanno adottato misure di contrasto ai crimini d’odio nei confronti delle persone LGBTQAI+. Un dato allarmante e sconfortante per un Paese democratico, che non possiamo più permetterci di sottovalutare. Educare alla totale accoglienza delle differenze vuol dire lottare contro i pregiudizi e gli stereotipi, soprattutto verso le nuove generazioni, e garantire anche la possibilità di un coming out libero e senza ostacoli. Spesso il prezzo da pagare per essere se stess3 è ancora troppo alto.
Il nostro lavoro di formazione si fa sempre più difficile, anche a livello territoriale. La mancanza di scelte curricolari solide da parte dei governi che si sono susseguiti negli anni ci lasciano ora alla mercé di politiche repressive e conservatrici che, anche grazie ai recenti DDL, mirano a silenziare le coscienze, bloccare tutti i progetti e gli interventi negli istituti scolastici di ogni ordine e grado sull’educazione all’affettività e al consenso e, di fatto, lasciano alle sole famiglie scelte educative fondamentali che la scuola e uno Stato laico dovrebbero invece garantire.
Non possiamo rimanere in silenzio!
Chiediamo che venga emanata una legge che dica no all’odio contro le persone LGBTQAI+, un odio che non è un’opinione e che invece è parte integrante di un sistema. È necessaria una legge che non diventi ostaggio di compromessi politici o di calcoli al ribasso. Il tempo in cui viviamo non ammette più alcun rinvio, perché l’odio corre veloce non solo nella società ma anche sul web. Nessun compromesso è più accettabile.
Le persone LGBTQAI+ ancora oggi subiscono violenza istituzionale: dalla magistratura, dalle forze dell’ordine, dai consulenti tecnici d’ufficio, dai servizi sociali e in tutti i luoghi dove persistono pregiudizi e stereotipi di genere. Tra le criticità pesa la formazione inadeguata che non permette di riconoscere la violenza e di distinguerla dal conflitto.
Vogliamo spazi sicuri e chiediamo il rafforzamento e la garanzia dei centri antidiscriminazione e delle case rifugio presenti sul territorio nazionale, affinché le persone LGBTQAI+ abbiano a disposizione tutele, spazi di prevenzione e contrasto all’omolesbobitransbifobia e accesso ai servizi essenziali.
Lottiamo per una sanità pubblica, laica, universale, gratuita e senza discriminazioni di genere, identità di genere e orientamento sessuale.
Persone trans*, salute e sport
L’accesso alla salute sessuale, riproduttiva e ai diritti sanitari delle persone LGBTQAI+ è ancora un tema troppo ignorato. Le persone trans* e gender diverse sono vittime di discriminazione sistemica da parte delle strutture sanitarie. Le disparità sanitarie, diversissime da regione a regione e spesso da provincia a provincia e la mancanza di accesso sicuro a terapie ormonali e trattamenti di affermazione di genere, sono gravi e vanno affrontate.
Una volta concluso il percorso legale di affermazione di genere, le persone trans non sono burocraticamente riconosciute all’interno dei percorsi di prevenzione ginecologica e urologica e totalmente assenti all’interno dei percorsi di PMA e riproduttivi in generale. È necessaria:
- una revisione dei sistemi sanitari burocratici e informatici che non divida le persone in base a un binarismo biologico non sempre realistico e che consenta alle persone trans* di accedere ai percorsi di prevenzione senza ostacoli;
- formazione costante del personale sanitario che si occupa di salute sessuale e riproduttiva delle persone trans, non binarie e gender diverse, prima, durante e dopo l’eventuale percorso di affermazione di genere. Una formazione che tenga conto anche dell’aspetto dell’accoglienza e del linguaggio e non solo degli aspetti medico-scientifici.
Abbattiamo i pregiudizi che negano alle persone transgender, gender diverse e non binarie il diritto a un’esistenza libera da discriminazioni, stigma e pregiudizio. Essere trans* non è una condizione patologica, non è una malattia mentale, non lo è mai stata e mai lo sarà. Siamo per la piena autodeterminazione senza se e senza ma.
- Chiediamo un’attenzione particolare ai reali diritti delle piccole e giovani persone trans* e delle loro famiglie. Dietro le recenti proposte del Ministero della Salute, si nasconde una negazione della stessa esistenza dell’infanzia e adolescenza transgender. Si rende impossibile, nella pratica, reperire dei farmaci essenziali per il benessere (e la vita stessa!) delle persone trans* piccole e adolescenti, abbandonando le famiglie e bloccando drammaticamente percorsi già iniziati. Invece che andare verso un percorso di totale autodeterminazione, si torna all’idea che essere trans* sia una malattia psichiatrica che necessita di una diagnosi specialistica, intrappolando le giovani e giovanissime persone trans* e le loro famiglie in un calvario che ha spesso esito drammatico. Ancora una volta, uno stato che dovrebbe essere laico non si affida all’opinione di chi segue realmente le giovani persone trans* e agli studi scientifici, ma ascolta il pregiudizio e l’oppressione finalizzati al controllo dei corpi.
- Chiediamo che i percorsi anagrafici diventino esclusivamente amministrativi e totalmente svincolati dall’obbligo di un percorso legale e dalla decisione di un giudice. Chiediamo la piena depatologizzazione dell’esperienza trans* come previsto a livello internazionale. Diciamo NO a percorsi di medicalizzazione forzata e chiediamo la garanzia e la tutela dell’accesso al lavoro, il contrasto dello stereotipo negativo e dell’informazione distorta proposta dai media; chiediamo che venga garantita, all’interno delle scuole di ogni ordine e grado e alle università, la “carriera Alias” per le persone trans* studenti e in tutte le aziende pubbliche e private “l’identità Alias” per le persone trans* dipendenti.
- Chiediamo alle associazioni sportive locali, nazionali e internazionali, piena accoglienza delle persone trans*, che ancora subiscono discriminazioni e violenza in un ambiente spesso chiuso e patriarcale. Lo sport dovrebbe unire e accogliere! Nessuna discriminazione di genere, orientamento sessuale o identità di genere deve avere spazio in nessuna disciplina. In ogni ambito sportivo che sia scolastico, pubblico o privato si deve garantire pieno accesso alle persone transgender e sicurezza nell’utilizzo degli spazi.
Persone intersex e salute
Libertà è rispetto dei corpi. Poniamo fine alle violenze agite sulle persone intersessuali, costrette a subire interventi invasivi fin dalla tenera età; ogni persona deve essere libera di autodeterminarsi affinché la sua natura non sia limitata dall’imposizione di un concetto repressivo quale è il binarismo di genere. Vogliamo formazione capillare riguardo le identità intersex, che sappia andare oltre l’approccio puramente medico e spesso ancora legato a concetti ottocenteschi che ancora le regola. È necessario capire quanto le aspettative sociali e le sovrastrutture che decidono cosa è “normale” e cosa no ancora opprimano le identità intersex in tutti quegli ambiti che vanno oltre la mera biologia.
Prevenzione HIV e IST
Vogliamo l’attivazione di campagne di informazione riguardo le infezioni a trasmissione sessuale anche nelle scuole, attraverso una educazione socio-sessuo-affettiva che punti al superamento dello stigma sociale che colpisce le persone con HIV o AIDS. Le persone adolescenti, oggi, sono in balia di una scarsa educazione sulle tematiche inerenti le Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST), frutto di una sottocultura promossa da uno stato sociale inefficiente e sempre più spesso in linea con ideologie reazionarie. Servono percorsi di formazione e sensibilizzazione che abbraccino pienamente un approccio anti-stigma, in cui il rispetto della privacy deve essere prioritario, rivolti al personale sanitario sul rapporto medico-paziente quando il loro lavoro incontra le persone LGBTQAI+. Chiediamo una maggiore presenza di presidi per effettuare test HIV e IST anche nelle aree rurali e periferiche.
PrEP
L’accesso alla PrEP (profilassi pre-esposizione all’HIV), anche nei presidi ospedalieri di provincia, deve diventare un diritto garantito a tutte le persone a rischio, senza distinzioni. La discriminazione nella distribuzione delle terapie, in particolare per le donne e le persone trans*, deve cessare. La salute o è un diritto per tutt3 o non è un diritto.
Lotta al patriarcato, transfemminismo, laicità
La lotta o è intersezionale o non è lotta.
Lottiamo contro il fascismo e ogni regime totalitario. Siamo antirazziste, siamo laiche, siamo trans-ecofemministe intersezionali, decoloniali, ribelli, in conflitto, radicate e al contempo libere nel mondo.
Forme sempre più identitarie di eterosessismo si legano a una cultura che vuole la donna relegata al ruolo ancestrale di cura. Contro la cultura del patriarcato e una visione dell’universo femminile come ancella del capitale maschile, dobbiamo difendere la scelta consapevole che le donne portano con loro stesse quando decidono di ricorrere all’aborto e quando compiono scelte che ne autodeterminano i percorsi. Ci vogliamo vive! È necessario investire nella prevenzione e nell’educazione al consenso