Per la prima volta anche la legge italiana l’ha riconosciuto: gli animali sono esseri senzienti. Sono in grado, quindi, di provare gioia e dolore, anche se non sempre possono esprimerlo in modi a noi comprensibili. È proprio questo lo scoglio che spesso ci impedisce di provare empatia per alcune specie e, la conseguenza è che tendiamo a considerarle quasi al pari di oggetti inanimati. Senza vita e senza emozioni.
Questa tendenza a suddividere gli animali in base al grado di empatia che ci suscitano si unisce alla cultura e alle tradizioni che ci circondano. Basti pensare alla cucina, alle tante ricette a base di carne, nella gran parte dei casi di origine bovina, suina o, al più, equina. Raramente i consumatori riescono a intravedere un animale dietro al piatto, un essere a cui è stata privata prima la libertà e poi la vita. Ma se anche lo vedessero, è comunemente accettato che alcune specie siano adatte a diventare cibo. Alcune possono vivere con noi e altre possono essere allevate e macellate. Questo insieme di credenze ha un nome e si chiama specismo.
È la cultura specista che spinge una persona che si ritiene amante degli animali a consumare abitualmente carne e pesce o a considerare “maltrattamento” un cane detenuto in modo non consono, ma non una mucca o un maiale costretti a vivere negli allevamenti intensivi.
Ne parliamo oggi perché l’ultimo weekend di agosto si celebra il WoDES – World Day for the End of Speciesism, la Giornata Mondiale per la Fine dello Specismo, che vuole puntare i riflettori sulle tante discriminazioni compiute ogni giorno, molto spesso involontariamente, su moltissimi animali. Per scendere nel pratico, vediamo allora quali sono le azioni speciste più comuni.
Il linguaggio
Espressioni come “mangiare come un maiale” o “somaro” per indicare una persona ignorante o incapace sono chiaramente discriminatorie e portano a identificare quegli animali unicamente come portatori di quelle qualità, affibbiate loro, tra l’altro, unicamente per tradizione.
Il cibo
Come abbiamo detto prima, considerare “normale” mangiare alcuni animali significa non riconoscere in loro quella dignità e quel rispetto che invece riserviamo ad altre specie. Spesso, anzi, ci viene difficile andare oltre l’alimento e vedere in una bistecca, ad esempio, una parte di un corpo di un animale.
È interessante notare che nell’ambito culinario lo specismo assume varie forme a seconda del Paese in cui ci troviamo. Se in Europa è comune mangiare piatti a base di carne bovina o suina, in alcuni stati africani o asiatici è ancora in uso il consumo di carne di cane e gatto. In altri ancora, non è permesso cibarsi di mucche o maiali, considerati sacri dalla religione.
Abbigliamento e accessori
Proseguendo con le abitudini speciste a cui la società ci ha abituato, dobbiamo necessariamente menzionare l’utilizzo di pelli o di pellicce nel settore dell’abbigliamento. Se da una parte la sensibilità generale sta facendo cadere lentamente in disuso le pellicce vere, la dicitura “vera pelle”, nelle scarpe o negli accessori, rimane sinonimo di qualità e di durevolezza del capo. In entrambi i casi, però si tratta di sofferenza animale normalizzata e finalizzata unicamente a nutrire un business.
Intrattenimento
Visitare zoo e assistere a spettacoli che coinvolgono gli animali, come accade nei delfinari o nei circhi, sono azioni fortemente speciste che vanno a delegittimare il naturale bisogno di un animale di vivere in libertà. Togliere alcuni animali dal loro habitat naturale per detenerli in piccoli spazi o, ancora peggio, per obbligarli a esibirsi in giochi o spettacoli è maltrattamento, senza se e senza ma.
Cosmetici e prodotti
Un’abitudine del tutto normale come quella di comprare prodotti cosmetici può rivelarsi specista se quei prodotti sono stati testati su animali. Nei Paesi dell’Unione europea i test sugli animali per valutare la sicurezza dei cosmetici sono vietati dal 2013, ma le aziende che producono o vendono in Paesi in cui questo tipo di test è obbligatorio sono autorizzate a commercializzare tali prodotti anche in Europa.
In aggiunta, in alcuni cosmetici possono trovarsi ingredienti di origine animale come alcuni tipi di collagene, di cheratina e di retinolo, ma anche, ovviamente, la cera d’api e la bava di lumaca. Per rispettare il mondo animale nella sua completezza, sarebbe quindi preferibile scegliere sempre prodotti vegani e cruelty-free.
a cura di Evelyn Novello