La crisi di mezza età non è più un passaggio riservato agli over 50. Un tempo si parlava della cosiddetta “gobba di infelicità” come di un momento naturale della vita, tra la leggerezza della giovinezza e la serenità della vecchiaia. Ma oggi quella curva si è spostata, e in peggio. Secondo uno studio condotto da Alex Bryson dell’University College di Londra, pubblicato sulla rivista Plos One, questa fase critica si sta anticipando sempre di più: i giovani risultano oggi meno felici rispetto al passato, mostrando segnali di disagio e insoddisfazione già nei primi anni dell’età adulta. Il trend è particolarmente visibile nei Paesi anglofoni ad alto reddito come Regno Unito e Stati Uniti, ma si osserva anche in molti altri paesi.
Giovani e disagio: i fattori principali
Bryson e il suo team evidenziano come lo stress e il disagio psicologico aumentino sotto i 40 anni, in modo più marcato man mano che l’età diminuisce.
Tra le cause possibili:
- Aumento dell’uso dei social media
- Impatto della pandemia di Covid-19
- Scarso accesso ai servizi di salute mentale
- Crescente solitudine digitale
La ricerca conferma un trend che molte altre indagini hanno iniziato a segnalare negli ultimi anni: la salute mentale è in peggioramento, e il fenomeno colpisce soprattutto le fasce più giovani della popolazione. Non si tratta di un disagio passeggero: i giovani di oggi, spesso etichettati come “sempre connessi”, vivono in realtà una profonda disconnessione emotiva e “solitudine digitale”.
Dai legami autentici ai followers: le relazioni ai tempi dei social
Le vecchie generazioni erano unite con “pochi amici ma buoni”, stessi luoghi, stesse persone. Oggi, invece, viviamo in un’epoca di connessioni virtuali. I giovani hanno migliaia di followers sui social, ma spesso pochissimi rapporti veri nella vita quotidiana. Si pubblicano stories, si scrivono post, si documentano momenti, ma sempre più raramente si vive il presente ed il “qui e ora”.
Il risultato? Un continuo confronto con milioni di persone, ogni giorno. I social sono una vetrina continua di successi degli altri, spesso falsi e irraggiungibili. Anche quando si fanno progressi nella propria vita, si ha la sensazione di essere sempre un passo indietro rispetto a qualcuno che ci sembra aver raggiunto il successo, solamente guardando il feed di Instagram.
Il boom degli “offline club”
In un mondo sempre connesso, cresce il numero di adolescenti che scelgono di spegnere smartphone e social per ritrovare concentrazione e benessere mentale. Questo per “curare” il senso di inadeguatezza crescente, la percezione distorta della realtà e soprattutto un impoverimento dei rapporti umani autentici.
Tra i giovani cresce la necessità di disconnettersi, o come dice chi li organizza, per fare “digital detox”. Ma come funzionano questi offline club? Nascono nei Paesi Bassi e si sono diffusi rapidamente in tutta Europa, ed oggi sono attivi anche in Italia. Avvengono in locali, bar o spazi pubblici come parchi, dove si chiacchiera, si legge, si scrive, si fa la maglia o si gioca. L’unica regola, appunto, è non usare dispositivi collegati a internet. Gli obiettivi dichiarati sono “disintossicarsi” dall’uso degli smartphone e valorizzare le interazioni sociali dal vivo.
Fonte: Repubblica; Il Post
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