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DIRE ALL’OSCURITA CHE NON È ONNIPOTENTE
Il CNCA a sostegno della Global Sumud Flotilla e per la pace in Palestina


Estate 2024

Nel corso del 2024, il Gruppo Spiritualità del CNCA ha presentato un piccolo libriccino intitolato Dire all’oscurità che non è onnipotente. Il testo si apre con un’immagine toccante: vicino a Firenze, sul muro interno della Badia Fiesolana, sono stati appesi fogli in arabo e in inglese con l’età e il nome dei bambini uccisi a Gaza nell’anno successivo all’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023.

Il libriccino sottolinea l’importanza di “dire il nome”, come cura per i viventi.

Il male generalizza: è necessario invece amare il nome, quel particolare volto e quella particolare storia, quella stortura e quella originalità, dar valore al dettaglio.

Febbraio 2025

Il CNCA ha organizzato un incontro online sulla situazione in Palestina con la studentessa palestinese Rita Baroud. Ventunenne, Baroud ci racconta la guerra dal suo campo profughi nella Striscia di Gaza, a Deir al Balah. Alla domanda: “Cosa possiamo fare?” Rita risponde: “Continuare a parlare di Gaza, le persone a Gaza hanno bisogno del massimo supporto. Adesso, anche se le bombe sono ferme, le persone stanno affrontando la guerra dentro di sé, il trauma e la difficoltà della sofferenza e della loro condizione psicologica. Io non ho speranza per Gaza, abbiamo finito le parole, adesso ci vogliono evacuare da Gaza. Non si riesce a capire, tutto è molto complicato. Quello che posso chiedere è continuare a parlare di Gaza il più possibile. Per adesso questo è quello che è meglio fare, boicottare chi sta causando tutto ciò. Boicottate chi sta causando tutto ciò.”

Estate 2025

Nasce la Global Sumud Flotilla, la più grande flotta civile mai organizzata per rompere il blocco di Gaza. Quindicimila persone, da 44 paesi. Le partenze: Genova il 30 agosto, Barcellona il 31, poi Tunisi e la Sicilia il 4 settembre. Un mare di corpi e di coscienze che provano a forzare il silenzio.

Questa flotta si inserisce in un’ondata crescente di attivismo globale contro il conflitto a Gaza. Infatti non è la prima iniziativa. Prima della Flotilla c’è stata la Global March to Gaza, una marcia pacifica dal Cairo fino al valico di Rafah, con un accampamento di protesta. Migliaia in cammino. Molti però fermati dalle autorità egiziane o libiche. Anche gli sforzi umanitari sono stati significativi, come la World Central Kitchen, che fino a maggio 2025 ha distribuito oltre 130 milioni di pasti. O come l’iniziativa italiana “L’ultimo giorno di Gaza”.

E poi le parole. Francesca Albanese, speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi, nel suo rapporto From economy of occupation to economy of genocide mostra come lo sfollamento dei palestinesi non sia solo una strategia militare, ma un progetto coloniale. Una diagnosi dura, che fa discutere e divide. Il conflitto è anche una guerra di narrazioni. La Palestina, resa “invisibile” dall’orientalismo occidentale, combatte una lotta narrativa.

Il conflitto non è solo una battaglia fisica, ma anche culturale e discorsiva. L’orientalismo occidentale rende la Palestina “invisibile”, e la lotta è anche una questione di narrazione. In Cisgiordania, la violenza contro i palestinesi continua, evidenziando una resistenza non solo armata, ma legata anche al diritto alla terra e alla sopravvivenza culturale. A Hebron, dove famiglie palestinesi vengono strette tra insediamenti e posti di blocco; a Nablus e nei villaggi intorno, teatro di raid militari e demolizioni; nella valle del Giordano, dove gli espropri di terre continuano.

La guerra non inizia solo con i missili. Inizia nel linguaggio che esclude, nel gesto che umilia, nei diritti negati. È un sintomo, non la causa.

La guerra è l’incapacità di tollerare che l’altro esista, che il suo desiderio sia diverso dal nostro. Gino Strada lo diceva chiaro: non si può “umanizzare” la guerra. Si può solo abolirla.

E la pace?

Chi sale in montagna sa bene che la vetta non si possiede, si contempla. La pace è così: un “di meno” che diventa essenziale. È il respiro, la parola, l’incontro. Non si tratta di vincere, ma di rinunciare alla vittoria. Non di possedere, ma di abitare. Accettare la perdita è la vera conquista. Non perdere una guerra, ma rinunciare alla vittoria. Non possedere la verità, ma imparare a stare nel limite. Guardare, senza voltarsi dall’altra parte. Ed è proprio in questa perdita necessaria che si apre la possibilità della pace.

Mentre i nostri occhi sono puntati su Gaza e la Cisgiordania, non dobbiamo dimenticare che oggi nel mondo sono in corso oltre cinquanta conflitti armati. La guerra non è l’eccezione, è una regola da spezzare.

In tutto il mondo, centinaia di popoli esistono e resistono in vari modi. Ci sono forme di resistenza armata, ma anche forme pacifiche o di disobbedienza civile. Spesso le lotte dei popoli indigeni si intersecano con le conseguenze della crisi climatica. In ogni caso, la resistenza è un modo per contrastare sistemi economici e di potere.

Loro ci insegnano che la vera forza sta nel prendere parola, nel non restare muti di fronte al male, nell’esserci con i corpi, i pensieri e le azioni. L’invito è chiaro: “Cercare e saper riconoscere, chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio” (Italo Calvino).

Per questo, possiamo sostenere la Global Sumud Flotilla e invitare tutte le organizzazioni a unirsi alla loro narrazione.

Il CNCA dedica la sua prossima Assemblea nazionale proprio al tema “PACE. Indignatə, Disobbedienti, Disarmanti”. L’evento si terrà a Spello l’11-12 dicembre 2025.

Per saperne di più

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Mariano