I dati Istat sul commercio al dettaglio a luglio 2025 suonano come un ulteriore campanello d’allarme. Nonostante l’apparente crescita del +1,8% in valore, il dato nasconde una realtà preoccupante: il volume delle vendite è fermo, a riprova che le persone comprano meno, ma pagano di più a causa dell’inflazione.
I prezzi aumentano e le persone acquistano meno, specialmente i beni di prima necessità, dichiara Anna Rea, presidente di Adoc. “Il calo delle vendite alimentari è un segnale gravissimo: le famiglie, in particolare quelle più vulnerabili, sono costrette a tagliare anche sul cibo. L’aumento dei prezzi sui beni essenziali, a fronte di un reddito reale che rimane basso, è un segnale concreto di un Paese che rischia seriamente di scivolare verso la povertà”.
Questi dati non sono solo numeri, ma il riflesso delle difficoltà quotidiane che le persone affrontano. L’aumento del commercio elettronico (+2,9%) e della grande distribuzione (+2,8%) a discapito delle piccole superfici (+0,6%) sottolinea la crisi del commercio di prossimità e il divario tra i consumatori che privilegiano le spese online e quelli che si rivolgono ancora ai negozi al dettaglio. Negli ultimi cinque anni hanno chiuso oltre 350mila punti vendita, una crisi che minaccia l’intero tessuto economico del nostro Paese, aggiunge Rea. Quanto serve ancora perché si agisca sul potere d’acquisto e sui prezzi, prima che questa crisi diventi irreversibile.