Intervista all’Onorevole Ilenia Malavasi, Commissione XII “Affari sociali” della Camera dei Deputati
La colangite biliare primitiva (PBC) è una malattia epatica autoimmune, cronica e progressiva: se non trattata adeguatamente, può comportare lo sviluppo di fibrosi e cirrosi epatica e la necessità di ricorrere, nei casi più gravi, al trapianto di fegato. La PBC colpisce prevalentemente le donne e in genere si manifesta tra i 45 e i 65 anni, con sintomi invalidanti, come stanchezza e prurito, che possono fortemente compromettere il sonno, la capacità lavorativa e la partecipazione alla vita sociale. Tuttavia, una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato possono rallentare l’evoluzione della malattia e permettere a molti pazienti di mantenere una buona qualità di vita. Per questo motivo, è importante che tutti gli attori del sistema salute adottino misure tangibili per favorire una diagnosi precoce della PBC e un’adeguata presa in carico delle persone affette dalla patologia: a porre l’accento sul tema è l’Onorevole Ilenia Malavasi, membro della Commissione XII “Affari sociali” della Camera dei Deputati.
Onorevole Malavasi, quali azioni concrete, a suo avviso, è possibile mettere in atto per agevolare la diagnosi della colangite biliare primitiva?
Credo che nel caso della PBC - come per altri malattie, in particolare quelle rare - occorra lavorare su almeno tre versanti: sensibilizzazione, formazione e ricerca. È importante, infatti, informare la cittadinanza per aumentare la consapevolezza della malattia, affinché le persone si rivolgano al medico quando compaiono i primi sintomi, per favorire una presa in carico precoce. Conoscere la patologia è sempre il primo punto di partenza e tutte le iniziative di sensibilizzazione vanno sostenute con forza. Gli stessi medici di medicina generale, però, devono essere messi in grado di riconoscere i primi segnali della PBC, considerando la malattia come una possibile causa e richiedendo esami specifici. Per questo è importante la formazione del personale sanitario, e sarebbe auspicabile creare una rete di collaborazione tra medici di base e specialisti di riferimento per la patologia, come epatologi e gastroenterologi, per favorire un approccio multidisciplinare che è cruciale, specialmente nei casi in cui i sintomi della PBC sono atipici o quando la diagnosi iniziale non è chiara. In questo ambito la digitalizzazione della sanità potrà aiutare, con reti digitali in grado di analizzare dati per arrivare a diagnosi precoci e prese in carico adeguate. Infine, la ricerca. Occorre finanziare gli studi su nuovi biomarcatori, che facilitino una diagnosi sempre più precoce e meno invasiva, oltre a promuovere l’utilizzo dei test diagnostici specifici che sono oggi a disposizione e a sviluppare adeguati strumenti di screening per la fascia di popolazione a rischio: la PBC, infatti, è una patologia più comune nelle donne ed è spesso associata ad altre malattie autoimmuni. Una maggiore attenzione alla medicina di genere rappresenta sicuramente un passo avanti anche per la gestione di questa patologia.
Considerando che, in questi ultimi tempi, per la colangite biliare primitiva sono in arrivo anche in Italia nuove terapie mirate, quanto ritiene importante garantire un accesso tempestivo a questi trattamenti?
L’arrivo di nuove terapie rappresenta una svolta fondamentale per la gestione della PBC, in considerazione della sua natura progressiva e del significativo impatto che i suoi sintomi hanno sulla vita dei pazienti. Occorre però intervenire per far sì che il Fondo Sanitario Nazionale disponga di risorse sufficienti per coprire i costi di questi nuovi trattamenti: è necessario che l’accesso ai farmaci sia omogeneo su tutto il territorio italiano, garantendo a tutti i pazienti lo stesso diritto di cura indipendentemente dal luogo di residenza, superando le disomogeneità che oggi non garantiscono equità di accesso e di presa in carico dei pazienti. A tale scopo, anche in questo ambito rimane centrale promuovere il dialogo, coinvolgendo tutti gli attori del processo decisionale - Ministero della Salute, AIFA, Regioni, comunità scientifica, associazioni di pazienti, clinici e case farmaceutiche - per identificare rapidamente eventuali criticità e possibili risposte. L’imperativo che deve guidarci con responsabilità è il tempo: servono processi virtuosi perché non c’è tempo da perdere. Non mi pare, purtroppo, che questo sia stato il caso dell’acido obeticolico, farmaco per la PBC recentemente ritirato dal mercato: dal mio punto di vista, questa è stata un’occasione persa per rinsaldare quella necessaria alleanza tra pazienti, specialisti e decisori politici che dovrebbe sempre avere come obiettivo finale - e vale la pena ricordarlo - la cura delle persone, l’attenzione ai loro bisogni, l’osservanza dei dati e degli studi clinici. Perché il destinatario finale è sempre il cittadino e in gioco c’è sempre la vita delle persone.
Considerato il significativo impatto che i sintomi invalidanti della colangite biliare primitiva possono avere sulla vita quotidiana dei pazienti, che sono in gran parte donne, ritiene che sia necessario intervenire con politiche mirate volte a fornire alle persone affette dalla patologia un adeguato supporto dal punto di vista lavorativo, psicologico e sociale?
Certamente: l’impatto invalidante dei sintomi della PBC rende essenziale un approccio che vada oltre la semplice gestione medica, perché le manifestazioni della malattia possono compromettere gravemente la capacità lavorativa. Quindi il primo passo è il riconoscimento della PBC come condizione cronica e invalidante, per permettere ai pazienti di accedere a tutti i diritti e alle tutele previste per le malattie croniche. Inoltre, la diagnosi di una malattia come la PBC ha un impatto emotivo profondo, che può generare ansia, depressione e senso di isolamento. Le strutture sanitarie dovrebbero pertanto prevedere percorsi di supporto psicologico specifici per questi pazienti, facilitando l’accesso ad interventi individuali o di gruppo, anche per combattere lo stigma che, purtroppo, spesso accompagna le patologie croniche. Per affrontare al meglio questi aspetti penso che sia molto importante un’organica integrazione ospedale-territorio, per garantire quella multidisciplinarietà che risulta indispensabile per mettere al centro il paziente e dare risposte adeguate al suo bisogno di cura. Come detto, la PBC colpisce prevalentemente le donne, spesso nel pieno della loro vita familiare e lavorativa. I sintomi possono interferire con le relazioni sociali, la cura della propria persona e della famiglia, portando ad un isolamento progressivo: credo che anche in questo caso sia decisiva la presenza delle associazioni di settore nei processi decisionali che riguardano i pazienti, non solo per il portato di esperienza che hanno rispetto alla patologia e alle problematiche ad essa correlate, ma anche per il supporto che possono dare alle persone che ne sono affette, accompagnandole e supportandole nei loro percorsi di cura. Un approccio olistico, che consideri cioè l’impatto della PBC sulla vita a 360 gradi, è una necessità che può migliorare significativamente la qualità di vita dei pazienti.