Nello Stato del Borno, nel nord-est della Nigeria, l’aumento della violenza dei gruppi armati, da un lato, e la riduzione dei fondi internazionali per gli aiuti umanitari, dall’altro, stanno determinando l’aggravarsi delle condizioni di vita della popolazione già da anni provata dalla fame e dallo sfollamento
Il nord-est della Nigeria è da anni terra martoriata da violenze, fame, sfollamenti interni, assenza di infrastrutture per servizi essenziali. Il conflitto interno nell’area ha causato lo sfollamento di oltre 2,2 milioni di persone, limitando l’accesso al cibo, all’assistenza sanitaria e ai servizi di base. Il numero delle vittime civili continua ad aumentare, con ordigni esplosivi improvvisati che rappresentano una minaccia costante.
Nello Stato del Borno, in particolar modo, l’intensificarsi delle violenze delle ultime settimane, per mano dei gruppi armati, aggrava una situazione umanitaria già fortemente fragile. L’ultimo episodio è accaduto durante la prima settimana di settembre, quando un villaggio è stato attaccato e più di 50 persone sono state uccise.
Nel Borno aumenta la violenza
Dall’inizio del 2025, c’è stato un aumento delle violenze perpetrate dai gruppi armati a danno dei civili. Sono state documentate varie forme di violazioni tra cui: imboscate, attacchi mirati, ordigni esplosivi improvvisati lungo le strade, posti di blocco illegali, furti d’auto, rapimenti e sequestri di persone. Secondo i dati diffusi da Good Governance Africa, un’organizzazione senza scopo di lucro, sono stati registrati circa 300 attacchi che hanno causato la morte di circa 500 civili soltanto nei primi sei mesi dell’anno in corso.
Sia le forze governative che i civili sono stati pesantemente colpiti. Diverse postazioni di blocco sono state istituite lungo le principali vie di comunicazione, come la strada Dikwa-Marte e le strade Magumeri-Gubio, Monguno-Maiduguri, Bama-Banki e Konduga-Bama, interrompendo la circolazione dei civili ma anche l’accesso umanitario.
Diverse postazioni militari sono state conquistate, con le forze governative cacciate dai gruppi armati di opposizione; alcune di queste località includono Sabon gari e Wajiroko a Damboa, Wulgo a Ngala, Yadi gari e Buni yadi a Gujba, tra le altre. Recentemente è stata osservata un’evoluzione nelle tattiche operative dei gruppi armati organizzati. In particolare, si è registrato un aumento dell’uso dei droni a fini di sorveglianza, nonché del loro impiego durante gli attacchi. Ciò indica un cambiamento significativo nella capacità operativa dei gruppi armati organizzati, a dimostrazione della loro evoluzione in termini tecnologici.
Le conseguenze per i civili
La situazione degli sfollati interni che risiedono nei campi in cui opera INTERSOS, come il campo GSSSS di Bama e Dikwa, è molto preoccupante. Solo nel campo GSSSS di Bama, ci sono oltre 110.000 persone che vivono in condizioni di sovraffollamento. Il contesto umanitario è ulteriormente aggravato dalla limitata libertà di movimento e dal precario accesso ai terreni agricoli dove poter lavorare, a causa delle minacce alla sicurezza dei civili stessi nelle aree al di fuori del campo.
Il governo, intanto, ha avviato un programma di trasferimento degli sfollati interni nelle loro zone di origine. Tuttavia, l’insicurezza e la mancanza di adeguati servizi di sicurezza e di base nelle comunità di ritorno hanno costretto molti sfollati interni a tornare nei campi nelle principali città in cerca di protezione e assistenza.
La crisi umanitaria dello Stato del Borno è tra quelle colpite dal taglio dei finanziamenti per gli aiuti umanitari, iniziati a febbraio del 2025 su decisione dell’amministrazione statunitense. Questo ha costretto molti attori umanitari a ridimensionare le operazioni, a ritirarsi dalle comunità difficili da raggiungere o a ridurre in modo significativo i loro interventi programmatici. Ciò ha creato gravi lacune nella fornitura di servizi, lasciando gli sfollati interni con un accesso limitato ai servizi sanitari, al sostegno nutrizionale, alle strutture di rifornimento di acqua potabile e ai programmi di protezione.
Il nostro intervento
Le loro condizioni di vita continuano a deteriorarsi, con un aumento della vulnerabilità e una riduzione delle prospettive di una rapida ripresa e di soluzioni durature. Le operazioni di INTERSOS continuano nonostante le difficoltà, anche se l’impatto della riduzione dei finanziamenti ha comportato una diminuzione del personale, limitando la portata dell’attuazione dei programmi di aiuto.
L’emergenza fame è quella che tiene maggiormente in ostaggio la popolazione, che è costretta a dipendere fortemente dall’assistenza umanitaria per soddisfare i bisogni primari, mentre l’assenza di opportunità di sostentamento sostenibili aumenta la vulnerabilità e compromette la resilienza nelle aree in cui operiamo. Secondo le stime di OCHA – Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari- saranno circa 600.000 i bambini che, secondo le previsioni, soffriranno di malnutrizione acuta grave – una condizione potenzialmente letale – durante la stagione di carestia.
Noi continuiamo comunque a fornire assistenza vitale ai civili in fuga dagli attacchi dei gruppi armati in città come Bama, Banki, Damasak, Rann e Dikwa. La risposta umanitaria comprende la distribuzione di cibo di emergenza, servizi sanitari e nutrizionali e la fornitura di kit con beni essenziali e igienici.