Il DNA come carta d’identità: la genetica forense ridisegna le indagini

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Al Congresso SIGU di Rimini il Prof. Manfred Kayser: dal colore degli occhi al profilo genetico, sempre più vicini a nuove tecniche investigative

Siamo già in grado di prevedere il colore degli occhi, dei capelli e della pelle da un frammento di DNA. Non possiamo ancora ricostruire un volto intero, ma ogni giorno ci avviciniamo a questo obiettivo.” Sono queste le parole più emblematiche del Prof. Manfred Kayes, esperto mondiale di genetica forense intervenuto in apertura alla XXVIII edizione del Congresso Nazionale di Genetica Umana SIGU, in corso a Rimini dal 23 al 25 settembre 2025.

Ma che cos’è esattamente la genetica forense?

La genetica forense - spiega l’esperto - implica l’uso di principi, marcatori e tecnologie genetiche per analizzare le tracce biologiche raccolte sulla scena del crimine, al fine di contribuire a risolvere conflitti legali e altre questioni forensi.

Quali sono i progressi più recenti in questo campo?

Negli ultimi anni si sono registrati diversi progressi oltre all’uso del profilo del DNA per identificare i donatori delle tracce raccolte sulla scena del crimine, che rimane l’obiettivo tradizionale e tuttora più importante della genetica forense. Ecco tre esempi:

  • Identificazione del tipo di tessuto di una traccia sulla scena del crimine da cui è stata stabilita l’identità del donatore tramite DNA. Ciò viene fatto utilizzando vari tipi di biomarcatori molecolari (RNA, metilazione del DNA, DNA microbico). Questo può fornire informazioni sull’attività del donatore della traccia nel collocarla sulla scena, aiutando il tribunale a stabilire se il donatore identificato tramite DNA sia effettivamente l’autore del crimine.

  • Distinzione e identificazione dei gemelli monozigoti sulla base del DNA, che non possono essere distinti con la normale profilazione forense del DNA poiché condividono lo stesso profilo genetico. Tuttavia, possono essere distinti mediante specifici tipi di analisi del DNA (epigenetica, microbica, genomica). Esistono diversi casi giudiziari che coinvolgevano uno o entrambi i gemelli monozigoti e che sono stati risolti con queste tecniche, in particolare con l’approccio genomico, in cui si applica il sequenziamento dell’intero genoma per trovare siti del DNA che differiscono tra gemelli monozigoti (rari, ma esistenti).

  • Predizione dell’aspetto fisico del colpevole partendo dal DNA raccolto sulla scena del crimine, utile nei casi senza sospettati noti o quando tutti i sospettati conosciuti sono stati esclusi tramite profili di DNA non corrispondenti. Questo fornisce piste investigative che aiutano la polizia a indirizzare le ricerche verso l’autore sconosciuto. È uno dei metodi che recentemente ha permesso di risolvere casi irrisolti da decenni. La mia presentazione al Congresso Italiano di Genetica tratterà anche questo argomento, oltre a fornire aggiornamenti su ciò che sappiamo della base genetica dell’aspetto umano.

In che modo la genetica forense cambierà il futuro del lavoro investigativo?

Per quanto riguarda la domanda “Chi è il colpevole?”, la fenotipizzazione forense del DNA (che predice aspetto, origine ancestrale ed età del sospettato) sta rivoluzionando le indagini, perché consente di trovare autori di reati che non erano sospettati, non hanno precedenti e non sono presenti nelle banche dati del DNA criminale, quindi non identificabili con la normale profilazione forense. Inoltre, è finita l’epoca in cui i gemelli monozigoti avevano una sorta di “carta jolly” per commettere crimini sapendo che non potevano essere identificati tramite la profilazione forense del DNA, poiché ora possono essere identificati con altri tipi di analisi del DNA, in particolare con il sequenziamento dell’intero genoma.

Per quanto riguarda la domanda “Che cosa è successo?”, l’identificazione del tipo di tessuto della traccia e la determinazione dell’attività del donatore nel collocare la traccia sulla scena del crimine stanno cambiando i procedimenti giudiziari, perché i giudici possono ottenere informazioni direttamente dal campione di traccia per stabilire se il donatore identificato tramite DNA sia effettivamente il colpevole oppure no.

Esistono anche studi in corso sull’uso di biomarcatori molecolari per stimare il momento in cui una traccia è stata lasciata sulla scena del crimine, per rispondere alla domanda “Quando è successo?”, ma questa applicazione è ancora lontana dall’essere utilizzata nei casi forensi reali.

Quanto siamo dunque vicini a poter identificare il volto di una persona da una sola goccia di sangue?

Non ci siamo ancora vicini, perché non conosciamo abbastanza della base genetica della variazione del volto umano. Tuttavia, siamo già in grado di prevedere dal DNA di una traccia il colore degli occhi, dei capelli e della pelle del donatore, e questo viene già utilizzato in modo routinario nella fenotipizzazione forense del DNA in diversi Paesi dove la legge lo consente o non lo vieta.

Come si diventa genetista forense oggi in Europa?

In alcuni Paesi europei, come il Regno Unito, esistono corsi di laurea triennale (BSc) in scienze forensi che includono la genetica forense. In altri Paesi, come i Paesi Bassi o la Svezia, esistono corsi di laurea magistrale (MSc) in scienze forensi che comprendono anche la genetica forense. Tuttavia, poiché la genetica è il nucleo centrale della genetica forense, secondo me il percorso migliore è conseguire una laurea triennale e magistrale in biologia/genetica e poi specializzarsi in genetica forense, magari durante un dottorato di ricerca (PhD), come ho fatto io.

Recapiti
info@osservatoriomalattierare.it (Redazione)