Forti differenze territoriali – CIDP Italia aps

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Uno degli aspetti più critici emersi dall’analisi del fabbisogno di immunoglobuline in Italia riguarda le enormi differenze territoriali. Nonostante la terapia con immunoglobuline rappresenti un trattamento salvavita per numerose patologie, i consumi variano notevolmente da regione a regione, evidenziando una forte disomogeneità nell’accesso.

Nel 2023, la media nazionale di consumo di immunoglobuline è stata pari a 109,7 grammi per 1.000 abitanti. Tuttavia, alcune regioni hanno registrato valori ben più alti: Emilia-Romagna con 161 g/1.000 ab., Marche e Valle d’Aosta con circa 154 g/1.000 ab. Al contrario, in Calabria, Molise e Campania i consumi sono stati decisamente inferiori, con valori compresi tra 62 e 75 g/1.000 ab.

Questa disomogeneità solleva domande importanti: i pazienti del Sud hanno davvero meno necessità terapeutiche o, piuttosto, incontrano più ostacoli nell’accesso alle cure? Secondo molti esperti, le differenze non dipendono da un minor numero di pazienti bisognosi, ma da ritardi diagnostici, minore disponibilità di farmaci negli ospedali e difficoltà organizzative nei sistemi sanitari regionali.

Le immunoglobuline, utilizzate sia per via endovenosa sia sottocutanea, sono farmaci di alto costo e di complessa distribuzione. La gestione regionale può determinare differenze significative nella loro disponibilità: procedure di gara, logistica di distribuzione, priorità cliniche adottate dalle commissioni terapeutiche ospedaliere sono tutti fattori che incidono.

Dal punto di vista dei pazienti, questo si traduce in una vera e propria “geografia delle cure”, dove il diritto alla salute non è uguale per tutti. Un paziente con la stessa patologia può avere accesso facilitato alla terapia se vive in Emilia-Romagna, ma incontrare difficoltà in Calabria o Molise.

Queste differenze territoriali non solo creano disuguaglianze sanitarie, ma possono anche compromettere l’efficacia della terapia stessa: ritardi nell’inizio del trattamento o interruzioni della somministrazione possono influire negativamente sull’evoluzione della malattia.

Per superare questa criticità, è necessario un maggiore coordinamento nazionale, con strategie comuni di approvvigionamento, criteri unificati di prescrizione e un attento monitoraggio delle differenze regionali. Solo così sarà possibile garantire equità di accesso a tutti i pazienti, indipendentemente dal luogo in cui vivono.

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