L’ottavo Rapporto Gimbe presenta, come ogni anno, un’analisi puntuale, competente e autonoma dello stato della sanità nel nostro Paese. Una radiografia impietosa ma realistica, che conferma quanto l’Adoc denuncia da tempo attraverso il proprio lavoro quotidiano, la propria attività di sportello a contatto con le persone e con la campagna sulla povertà sanitaria lanciata due anni fa.
Nonostante il diritto universale alla salute sancito dalla Costituzione, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) — tra i più importanti e invidiati d’Europa — è oggi a rischio smantellamento. Da anni assistiamo a un lento ma costante processo di indebolimento della sanità pubblica a favore prima di quella privata convenzionata e ora “privata pura”.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: cresce chi si cura nel privato, ma solo chi può permetterselo. I cittadini con minori disponibilità economiche — famiglie, anziani, donne e bambini — sono costretti a rinunciare alle cure. Secondo gli ultimi dati Istat, nel 2024 il 9,9% degli italiani ha rinunciato a curarsi, contro il 7,6% del 2023. Una crescita preoccupante, che fotografa un Paese dove la salute sta diventando sempre più un privilegio e sempre meno un diritto.
Le liste d’attesa restano lunghissime, nonostante il decreto dal Governo che non ha portato nessun risultato. Intanto aumentano le disuguaglianze territoriali, di genere e di età. Le regioni del Sud continuano a essere penalizzate da un riparto iniquo del Fondo Sanitario Nazionale: la Campania, ad esempio, riceve ogni anno circa 300 milioni di euro in meno rispetto a quanto le spetterebbe, solo perché considerata una regione “più giovane”.
“Siamo pienamente d’accordo con l’appello del presidente della Fondazione Gimbe: ‘Salviamo il Servizio Sanitario Nazionale’” – dichiara Anna Rea, Presidente nazionale ADOC la quale aggiunge “Se non ora, quando?”. – “Dopo la pandemia, i tanto osannati ‘eroi’ della sanità — medici, infermieri e operatori sanitari — sono stati dimenticati. Lavorano in condizioni durissime, sottopagati, e molti giovani rinunciano a entrare in questo settore. Senza nuove assunzioni e senza una giusta valorizzazione del personale, le liste d’attesa non potranno mai essere smaltite.”
Apprezziamo e condividiamo la proposta di un patto politico, sociale e professionali condiviso tra istituzioni, associazioni e cittadini per salvare il sistema sanitario pubblico. Un patto che punti su più finanziamenti pubblici, investimenti nella prevenzione e nelle tecnologie, un orientamento e una maggiore consapevolezza dei cittadini e dei consumatori, una sanità più equa e accessibile per tutti.
Vanno coinvolte tutte le associazioni impegnate sul territorio, che spesso si trovano a supplire alle carenze — quando non alla totale assenza — delle istituzioni in diversi campi sanitari che, purtroppo, sono in forte crescita: dalle malattie neurologiche come il Parkinson, la SLA e l’Alzheimer, fino all’intero spettro autistico che riguarda tanti ragazzi, ma anche tutte quelle situazioni in cui non si deve lasciare sola la persona bisognosa di cure e prestazioni.
L’Adoc c’è, ed è disponibile con i suoi 107 sportelli sul territorio nazionale, con il lavoro di orientamento che da anni svolge anche nelle scuole sulla prevenzione, ma soprattutto per aumentare l’impegno attivo e diretto dei cittadini per difendere e migliorare la sanità nel nostro Paese.