I dati ISTAT, che a settembre 2025 registrano una variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo (NIC) del +1,6% su base annua, con i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona che restano alti al +3,1%, confermano una realtà drammatica: i consumi sono fermi e l’inflazione, in particolare quella del carrello della spesa, sta bloccando il Paese e le aziende che vogliono investire in innovazione. Il potere d’acquisto è tra i più bassi d’Europa e l’inflazione, pur non galoppando ai ritmi del passato, sta mettendo in difficoltà i consumatori. La triste verità è che non si arriva alla fine del mese e si taglia sull’essenziale, che ormai è diventato un lusso. È inaccettabile che il peso del caro vita ricada interamente sulle spalle dei consumatori, colpendo ormai in modo incisivo la capacità di spesa del ceto medio.

A tal proposito, prendiamo atto delle misure previste nel Documento Programmatico di Bilancio trasmesso dal MEF alla Commissione UE, come l’ulteriore riduzione del prelievo delle imposte dirette per alcune fasce di reddito, una misura che andrebbe a intercettare anche quel ceto medio finora escluso e schiacciato dalla crisi, ma non basta. Si continuano a privilegiare interventi tampone anziché soluzioni strutturali. In particolare, le agevolazioni sono limitative: in un Paese a bassissima natalità ci si concentra solo sulle famiglie numerose, ignorando la stragrande maggioranza dei nuclei con un solo figlio. Inoltre, l’utilizzo di un ISEE basso come criterio per usufruire dei bonus non è sufficiente e, ad usufruire delle agevolazioni e dei bonus c’è anche chi evade il fisco. Chiediamo invece misure strutturali concrete per aumentare il potere d’acquisto attraverso aumenti salariali e politiche fiscali strutturali e durature nel tempo. È fondamentale intervenire sul contenimento dei prezzi attraverso il taglio dell’IVA sui beni di prima necessità e la cancellazione degli oneri impropri sulle bollette energetiche, frenando al contempo le speculazioni lungo la filiera.