Il sogno di una Chiesa che si forma insieme - Azione Cattolica Italiana

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Negli ultimi anni, come popolo di Dio, abbiamo provato a vivere e a consolidare, ripescandola dal cuore dell’essere Chiesa, una tradizione: quella del camminare insieme. Il Sinodo universale insieme al Cammino sinodale delle Chiese in Italia ci hanno fatto riscoprire uno stile, una prassi, una spiritualità tanto affascinante quanto complicata da vivere, perché richiede di imparare la grammatica della reciprocità e il ritmo della fiducia. Camminare insieme non è spontaneo: è un’arte che si apprende, come si apprende una lingua nuova, fatta di ascolto, lentezza, rispetto dei tempi dell’altro. È in questo cammino condiviso che la Chiesa ha iniziato a ritrovare il proprio respiro più vero, quello del “noi” della fede.

Un cammino condiviso

Anche il percorso sinodale italiano, giunto oggi alle porte della terza Assemblea nazionale, ne è una prova concreta. Come si ricorderà, le discussioni seguite alla Seconda Assemblea (marzo-aprile 2025), che portarono al ritiro del testo delle Proposizioni, generarono in molti (delegati e non delegati) smarrimento, giri di telefonate, riflessioni quasi scandalizzate dal fatto che l’Assemblea non fosse riuscita a concordare sul documento finale, come fosse un fallimento. In realtà quel passaggio è stata la più concreta testimonianza di cammino condiviso: un segno che la sinodalità non si misura dal consenso immediato, ma dalla capacità di continuare a cercare insieme la verità nello Spirito, con tutta la fatica che comporta il mettere insieme anche le più diverse sensibilità. Proprio per questo, papa Francesco più volte ha ricordato che l’esperienza sinodale non è un’esperienza di democrazia, ma qualcosa di più.

I primi passi

Ho ben nitido il ricordo dei primi mesi della fase narrativa. Con il volto ancora coperto dalle mascherine, dopo l’invito rivolto in diverse occasioni, in particolare al termine delle celebrazioni domenicali, ci siamo ritrovati nei saloni parrocchiali. Tutti. Lì, attorno a un tavolo, forse per la prima volta, ci siamo ritrovati non solo i “fedelissimi”, quelli del “nostro giro”, ma diversissime espressioni della comunità, compresi soprattutto coloro che si definivano “semplici fedeli della domenica”. Ricordo una signora che frequentava solo la messa delle 11:30, seduta in fondo. Disse: «Io vengo qui da vent’anni e nessuno mi aveva mai chiesto cosa penso della Chiesa». Quel silenzio che seguì, quel disagio di chi si accorgeva di aver dato per scontate troppe presenze, fu il primo vero passo sinodale.

In quel periodo credo di aver capito che la sinodalità non è banalmente un processo da amministrare, ma un’esperienza da vivere: una scuola di fede in cui si cresce insieme, lasciandosi formare dallo Spirito che parla attraverso gli altri. È l’esperienza più autentica di Chiesa, madre che educa i figli camminando con loro.

La Chiesa come popolo di Dio

Così, negli ultimi quattro anni abbiamo riscoperto ciò che il Concilio Vaticano II aveva già sognato: la Chiesa come Popolo di Dio, un popolo che condivide una sola vocazione e una sola missione, anche se con ruoli e servizi diversi. Il Cammino sinodale ci ha aiutati a tornare a questo cuore conciliare, ricordandoci che non ci sono “categorie” di credenti, ma fratelli e sorelle che si formano gli uni con gli altri. È questo, in fondo, il senso più profondo della sinodalità: una Chiesa che, camminando, si forma insieme, perché tutti sono discepoli e nessuno è solo maestro. 

Per troppo tempo abbiamo pensato la formazione come un percorso da ricevere da chi “ne sa di più”. Invece il cammino sinodale ci sta insegnando che la formazione ecclesiale è sempre un processo reciproco: ci si forma insieme, camminando insieme. L’altro smette di essere un problema da gestire e diventa la voce con cui Dio mi parla, si rivela. E così la comunità diventa laboratorio di fede: uno spazio in cui l’esperienza viene raccontata per essere illuminata dalla Parola e da essa trasformata.

Riformare l’iniziazione cristiana

In questo contesto si inserisce anche la riflessione, maturata durante il Cammino sinodale, sull’urgenza di riformare l’iniziazione cristiana, soprattutto in senso esperienziale, mistagogico e comunitario. La fede non si trasmette per istruzione, ma per partecipazione. Non da una cattedra, ma condividendo la vita. Ed è sicuramente un frutto dello Spirito se tra i vari elementi di riflessione emersi nel percorso sinodale delle Chiese in Italia, sembra aver assunto un’importanza molto rilevante la necessità di superare modelli catechistici classici, perché la formazione si possa costruire in modo circolare. Non più spiegare il catechismo ai bambini mentre i genitori aspettano in corridoio, ma costruire percorsi dove tutti – catechisti, genitori, ragazzi – si formano insieme. 


È un cambio di paradigma: l’iniziazione cristiana diventa un percorso di esperienze, di ascolto, di servizio e di celebrazione, dove ogni battezzato, secondo la propria vocazione, partecipa alla crescita dell’altro. Così la Chiesa diventa realmente madre e maestra: una madre che accompagna e genera alla fede, e una maestra che apprende essa stessa dal cammino dei figli che forma.

Il sogno di una Chiesa che si forma insieme

Una Chiesa che si forma insieme è una Chiesa che testimonia la fraternità in un tempo frammentato. In un mondo in cui ciascuno tende a difendere la propria identità come un confine, rivendicandone l’invalicabilità, la comunità cristiana offre un segno diverso: quello di un popolo che non teme la diversità, ma la abita come dono.

Così la Chiesa, madre e maestra, continua a formarsi e a formare, imparando la fede mentre la insegna. È una madre che cresce insieme ai suoi figli, e una maestra che non smette mai di apprendere dal Vangelo che annuncia. In questo cammino condiviso si manifesta il suo volto più umano e più divino: quello di una comunità che genera alla fede e accompagna verso la pienezza della vita.

E forse è proprio questo che il mondo attende da noi: non una Chiesa perfetta, ma una Chiesa che, con umiltà e fiducia, continua a imparare a credere insieme. Perché forse amare insieme si impara esattamente così: camminando piano, ascoltando chi va più lento, aspettando chi si è fermato. Senza fretta di raggiungere risultati immediati (le tappe sacramentali), ma con la certezza che lo Spirito cammina con noi.

Recapiti
Luca Micelli