Adotta un chicco: Letizia Cucchiella e i grani abruzzesi

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In occasione della campagna Tutta farina del nostro sacco e in attesa di Slow Grains – Dialoghi per coltivare il futuro, abbiamo chiesto ai cuochi dell’Alleanza di raccontarci il loro rapporto con grani e farine. Partiamo dalle pendici del Gran Sasso con la cuoca Letizia Cucchiella.

«La Solina e la Rosciola arrivano dall’azienda biologica di mio fratello Luca, che con la moglie Rosa coltiva cereali, legumi e zafferano dell’Aquila. Il Senatore Cappelli da un cugino di San Demetrio Ne’ Vestini. Sono grani di montagna, resistenti e rustici: dalle mie parti fa freddo!».

Letizia nell’Osteria dell’Alleanza di Cheese 2025

A circa mille metri di altitudine sugli Appennini abruzzesi, a Bominaco, in provincia dell’Aquila, Letizia Cucchiella gestisce e anima l’Agriristoro Le Origini, all’ombra del castello medievale che testimonia il passato del borgo oggi abitato da poche decine di persone.

Ai fornelli da oltre trent’anni, è da quasi cinque che la cuoca dell’Alleanza Slow Food ha trovato qui la sua dimensione: «Umana, oltre che lavorativa. Questo vale sia in cucina dove riusciamo a lavorare e studiare i menù con i giusti tempi, che in sala. Il locale è piccolo, ma come una grande famiglia, perché non contano i numeri, ma che le persone si sentano apprezzate e mai tradite» spiega Letizia, che prima di approdare a Bominaco gestiva una realtà più grande con banchettistica e ospitalità, dopo anni di esperienza nella ristorazione insieme alla famiglia.

Il profumo del pane a mille metri

Da Le Origini, per prima cosa in tavola viene servito il pane caldo con l’olio: «per me è il sapore più buono, il ricordo di casa. Nei giorni in cui lo sforniamo, ci piace accogliere gli ospiti col suo profumo». Letizia racconta che prima di iniziare a produrlo da sé, lo faceva arrivare fino a Bominaco con l’autobus di linea da una panetteria di fiducia. Ora lo cuoce nel forno a legna dove sforna anche le pizze, tutte farcite con materie prime locali.

Farine vive, impasti biodiversi

E le farine? «Non esiste una regola, perché sono prodotti vivi, non come le farine industriali – afferma decisa la cuoca -. Studio i dosaggi migliori e li cambio in base a quello che porta mio fratello: generalmente per il pane, le pizze al forno e quelle fritte, uso una parte di Solina di tipo 1; per la crostata con la confettura fatta in casa preferisco la Rosciola, mentre l’impasto delle ferratelle è con la Solina e lo zafferano. Per la pasta fresca uso la Senatore Cappelli, perché dà una sensazione più ruvida». 

La cucina della memoria e del territorio

La cucina di Letizia è vivace, curiosa e genuina. Una fucina di idee che corrono tra i due fili conduttori della memoria e della valorizzazione del territorio. Tra le paste fresche, i formati tradizionali come la lasagna e il maccherone alla chitarra si affiancano a nuove sperimentazioni: «ora ho in carta il quadrotto con zucca e funghi, quest’estate facevo la mafaldina, una versione corta della mafalda». 

Immancabile in menù è la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio, una varietà piccola e saporitissima che cresce solo oltre i mille metri di altitudine sulle pendici del Gran Sasso. Viene proposta nella tradizionale zuppa che in questo periodo è accompagnata dal pane tostato, nei mesi più caldi dalle “volarelle fritte”, i ritagli di pasta. «Sono un ricordo d’infanzia della merenda estiva che ci preparava la nonna, gli scarti dell’impasto dei ravioli, fritti e conditi con il miele e la ricotta».

Ricordo, ricerca, riutilizzo: «Sempre dalla nonna ho imparato a recuperare il pane secco, ripassato nel latte e nell’uovo e poi fritto. Lei lo serviva salato, io lo propongo come dolce – una sorta di pain perdu francese, con la ricotta al posto del gelato». Niente è casuale, tutto funzionale a comporre una proposta di cucina diretta e sincera: «oggi siamo abituati all’estetica, alla perfezione. Con i prodotti naturali non è sempre così, per esempio le paste fresche con farine da grani tradizionali possono risultare più dure rispetto ad altri impasti. Ma basta spiegarlo e allora i clienti sono più contenti, e tornano più volentieri.

Il grano Solina, Presidio Slow Food

Slow Grains, una rete per coltivare il futuro

Dalla Preistoria a oggi, il grano e i cereali hanno accompagnato le varie civiltà sviluppando nel tempo un’economia generata da una moltitudine di agricoltori che custodiscono i semi e li coltivano in modo sostenibile.  La rete Slow Grains riunisce produttori e trasformatori che in tutto il mondo recuperano le varietà locali dei cereali, custodendo i semi, coltivandoli e trasformandoli in farina, pane e pasta e prodotti da forno.

Per valorizzare i tanti piccoli produttori e trasformatori locali e nazionali, dal 7 al 9 novembre organizza Slow Grains – Dialoghi per coltivare il futuro. Vi aspetta a Reggio Calabria con momenti di approfondimento e attività laboratoriali aperti a cittadini e operatori del settore, in un percorso di confronto e sensibilizzazione sui temi legati al cibo buono, pulito e giusto.

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