Adotta un chicco #2: Claudio Zani, artigiano del pane

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In occasione della campagna Tutta farina del nostro sacco, abbiamo chiesto ai cuochi dell’Alleanza di raccontarci il loro rapporto con grani e farine: dalla Lombardia conosciamo Claudio Zani.

Formatore e colonna portante della Condotta Slow Food Brescia, instancabile lavoratore e ambasciatore del proprio territorio, cuoco dell’Alleanza Slow Food. Mentre ci risponde, Claudio Zani è letteralmente “con le mani in pasta” nella sua cucina, perché anche il pane ha bisogno dei suoi tempi, un po’ come le buone idee, per crescere e lievitare. 

Perché è importante raccontare i grani tradizionali a chi non li conosce?

«Bisogna partire dalle basi, dai contadini, da chi si impegna in una semina consapevole, scegliendo varietà che spesso non hanno la stessa resa dei grani selezionati e coltivati con logiche industriali, ma che per contro hanno un’anima vera». Claudio spiega che la sua preferenza in fatto di farine è per quelle da popolazioni evolutive di grani teneri ottenute da varietà come San Pastore, Ardito, Verna, Gentil Rosso, che lui acquista da La Grande Ruota di Dello (Bs), una realtà a conduzione familiare che gestisce anche un mulino a pietra a Sermide, in provincia di Mantova.

«È importante prendersi il tempo di raccontare con pazienza il valore della biodiversità cerealicola, per far capire che il pane che nasce da queste farine è diverso, meno “spumoso”, più scuro, ma con un valore nutritivo di molto superiore a quello dei pani industriali, e soprattutto con una complessità organolettica unica». 

Che cosa si intende per popolazioni evolutive?

Le popolazioni evolutive sono costituite mescolando i semi ottenuti di diverse varietà che, coltivate insieme, di generazione in generazione si adattano sempre più e in modo naturale all’ambiente e dunque risultano versatili nell’uso, ma soprattutto permettono di avere a che fare con farine “vive” poiché portano con sé i profumi spontanei dei campi, come quello della camomilla che cresce insieme al grano, rilasciando i suoi aromi nel pane. Si tratta quindi di un miglioramento genetico che vede gli agricoltori al centro del processo evolutivo. 

Questo metodo è frutto dell’applicazione delle ricerche portate avanti da Salvatore Ceccarelli, già professore di Genetica agraria all’Università di Perugia e da sua moglie Stefania Grando, genetista, nei trent’anni di ricerca condotti principalmente in Siria ma più in generale in diversi Paesi del sud del mondo, gomito a gomito con gli agricoltori, per ottenere semi migliorati dal punto di vista genetico. I dati raccolti dagli studi sul miglioramento genetico sono stati poi adottati in Italia per ottenere semi con una maggiore variabilità genetica capaci di adattarsi meglio ai cambiamenti climatici, come l’aumento delle temperature medie e la variabilità delle precipitazioni, nonché a sviluppare resistenza agli attacchi di patogeni e insetti parassiti. 

Un sistema più resiliente, a partire dai chicchi

Come indicato nelle Linee guida per il mantenimento delle popolazioni evolutive da parte degli agricoltori: approccio teorico-metodologico di coltivazione in ambienti diversificati di Ceccarelli e Grando, la variabilità genetica sostenuta dalle varietà locali e i metodi di breeding partecipativo ed evolutivo possono quindi migliorare il comportamento della coltura alle condizioni specifiche degli agricoltori e fornire una maggiore stabilità produttiva sul lungo periodo, dando l’opportunità agli agricoltori di acquistare e vendere legalmente sementi eterogenee, ma soprattutto di diventare produttori delle proprie sementi nel corso degli anni. Il tutto contribuendo a rafforzare il continuo adattamento della coltura alla crisi climatica. 

La meditazione del pane: un’arte per tutti e tutte

Parlando di panificazione, Claudio ci lascia qualche dritta su come utilizzare il lievito madre liquido, ideale e semplice da gestire nella panificazione a casa. Il cuoco racconta che, quando può, inizia il processo la sera con un impasto leggero, per poi riprenderlo la mattina aggiungendo farina e acqua per l’impasto principale.

Suggerisce poi una tecnica interessante e molto più semplice da replicare di quanto non si immagini, ovvero quella della “pieghe a tre” da mettere in pratica nella prima ora di lievitazione per rinforzare l’impasto e migliorare l’alveolatura: «Si procede stendendo un po’ di farina sul piano dove si andrà a rovesciare l’impasto, successivamente i tre lembi vengono ripiegati verso il centro, come a incartare un pacchetto regalo: dritto, sinistro e poi la parte alta, per dare forza senza stressare. Infine, dopo la completa lievitazione, si cuoce a 220°C per 30-40 minuti».  

Sono questi i gesti semplici, che in realtà fanno la grande differenza. Alla domanda su quale sia il modo migliore per mangiare il pane, Claudio non sa proprio decidere: che sia fresco, tostato, accompagnato o semplice, un pane a lievitazione naturale ottenuto con lievito madre diventa più buono col tempo e anzi, se ben riscaldato, continua a rilasciare i suoi aromi inconfondibili. È un prodotto valido perché porta in tavola sapore, biodiversità e salute, ottenuto da chi coltiva e trasforma con rispetto: con la campagna Tutta farina del nostro sacco, Slow Food Italia e Slow Grains vogliono ricordare quanto sia essenziale valorizzare queste figure.

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