Catalogo Nazionale Dati e Schema Editor: come standardizzare i dati per l’interoperabilità della PA
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Nel secondo appuntamento del ciclo Digital Talk organizzato da FPA e ISTAT, è stato approfondito il ruolo fondamentale che la standardizzazione dei dati ha nella realizzazione del Catalogo Nazionale Dati (schema.gov.it) tramite lo strumento Schema Editor. L’incontro ha evidenziato anche le strategie e una governance condivisa per costruire un sistema dati interoperabile, efficiente e aperto, che abiliti una nuova collaborazione fra le amministrazioni pubbliche italiane
27 Ottobre 2025
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Paola Orecchia
Giornalista
Foto di Marten Newhall su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/persona-che-usa-la-lente-dingrandimento-che-ingrandisce-laspetto-del-naso-e-degli-occhiali-da-sole-uAFjFsMS3YY
L’interoperabilità di dati rappresenta un elemento strategico per la trasformazione digitale e l’efficienza operativa della PA. Affinché si giunga a un utilizzo condiviso dei dati, ISTAT con il supporto del Dipartimento per la Trasformazione Digitale e PagoPA, ha dato vita al Catalogo Nazionale Dati (schema.gov.it), che si configura come una piattaforma aperta e governance condivisa, per armonizzare e standardizzare gli schemi dati di dominio pubblico in modo aggiornabile e coerente.
Il secondo appuntamento del ciclo di Digital Talk organizzato da FPA in collaborazione con ISTAT ha messo in luce la necessità e il valore della standardizzazione semantica come leva di collaborazione tra amministrazioni, ma anche l’importanza di strumenti come lo Schema Editor per modellare dati utilizzabili e validi e un approccio multidisciplinare che coinvolge esperti legali, organizzativi e informatici.
Durante il talk si è messo in evidenza anche come alla PDND – Piattaforma Digitale Nazionale Dati – spetti il ruolo di hub centrale per lo scambio di dati e API certificate e come la costruzione di comunità di pratica e la formazione dedicata siano altri due temi chiave per lo sviluppo di un ecosistema di dati pubblico, capace di generare benefici tangibili per PA, imprese e cittadini. Al Digital Talk hanno partecipato: Claudio Ceccarelli, direttore centrale per la raccolta dati di ISTAT, Matteo Fortini, Tecnical Project Manager del Dipartimento Trasformazione Digitale, Marco Cipri, responsabile area interoperabilità di PagoPA, e Andrea Cigliano, IT manager di INPS.
Come selezionare e standardizzare i dati
I punti di partenza per costruire una concreta interoperabilità sono la conoscenza e la classificazione precisa del patrimonio informativo di ciascuna amministrazione.
Sulla base di queste premesse, la prima azione concreta che gli enti sono chiamati a compiere è definire le finalità specifiche di ogni dato raccolto, evitando ridondanze e dati inutili o non collegati tra loro. La chiarezza sulle finalità consente una gestione consapevole delle informazioni, che deve avvenire garantendo la qualità dei dati e rispettando il GDPR. “L’obiettivo non è mettere a disposizione tutti i dati e inondare la PDND di informazioni, l’obiettivo è raccogliere quelle informazioni che possono essere utili a chi le diffonde e a chi le prende”, ha spiegato Claudio Ceccarelli di ISTAT. “Quindi dobbiamo standardizzare e classificare le informazioni in modo tale che siano il più possibile comprensibili a chi poi le usa”. Solo attraverso la standardizzazione condivisa da tutti gli stakeholder è possibile costruire un ecosistema dati armonizzato e di valore.
Il primo dei due sondaggi proposti da FPA durante il talk, però, ha rivelato che ben il 41% delle PA è ancora in una fase esplorativa del proprio patrimonio informativo; pertanto, è necessario avere consapevolezza e strumenti che aiutino le amministrazioni a procedere con questa attività e con la standardizzazione dei dati, per poter successivamente alimentare il Catalogo con i propri dataset.
“Lo Schema Editor è lo strumento fondamentale per la gestione delle informazioni all’interno del sistema. È uno strumento che ci consente di creare, modificare e pubblicare gli schemi di dati, di annotarli semanticamente, di validare le sintassi e la semantica e favorire l’interoperabilità semantica” ha illustrato Ceccarelli.
Schema.gov.it: una governance condivisa per standard in evoluzione
La sfida dell’interoperabilità non è solo tecnica, ma anche culturale: occorre un approccio multidisciplinare e collaborativo, che coinvolga esperti di dominio, legali, organizzativi e informatici per definire e manutenere i dati coerenti con i processi e le normative.
A spiegare questi aspetti è stato Matteo Fortini, delDipartimento per la Trasformazione Digitale, che inoltre ha aggiunto: “Lo standard deve essere vivo, in continua evoluzione, e allineato con le norme come il Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 82/2005), le linee guida AGID e il GDPR”. Se l’interoperabilità implica che le banche dati messe a disposizione dei titolari siano sempre aggiornate e autorevoli, l’idea è che ogni amministrazione titolare di domini specifici (per esempio, INPS è titolare di tutto quello che è il dominio del welfare, quindi può esprimere con coerenza, ma anche con autorità la descrizione del suo ambito) pubblichi le proprie risorse semantiche, i vocabolari controllati e i propri schemi dati costantemente aggiornati tramite repository dedicati, favorendo l’utilizzo diffuso e la collaborazione tra PA.
“È molto importante per gli enti fare questo ragionamento, perché descrivere in modo rigoroso il proprio dominio, aiuta molto anche a capire quali sono i processi all’interno dell’ente, aiuta a creare una conoscenza che possa essere condivisa e trasferita ad altri in modo rigoroso”, ha sottolineato Fortini.
L’approccio multidisciplinare per la gestione dei dati comincia quindi con la chiara definizione dei confini di ogni ente o organizzazione: è cruciale distinguere quali dati sono di sua proprietà e competenza (il suo dominio) e quali, invece, provengono e sono definiti da altre entità, in quanto la corretta gestione di queste informazioni ibride è il primo passo. Successivamente, questo processo deve necessariamente superare gli aspetti legali, garantendo la piena conformità normativa (es. privacy e proprietà) per l’interscambio e l’utilizzo dei dati.
Infine, per tradurre queste esigenze funzionali e legali in realtà operativa, si rende indispensabile l’intervento degli informatici, il cui ruolo è quello di costruire gli strumenti tecnici di interoperabilità che permettano ai sistemi dei diversi enti di comunicare e scambiare i dati in modo efficace e sicuro.
Lo Schema Editor aiuta molto, in questo senso, ha spiegato Fortini, e se ciò non dovesse bastare, sono stati predisposti ulteriori supporti a disposizione delle amministrazioni: per esempio, Istat ha una funzione di stewardship nei confronti degli enti, per aiutarli nella modellazione.
Interoperabilità e PDND: un ecosistema di riferimento integrato
Nei paragrafi precedenti abbiamo evidenziato come lo Schema Editor, strumento fondamentale illustrato da Claudio Ceccarelli, sia progettato per creare, modificare e validare schemi dati, con particolare attenzione alla loro utilità e comprensibilità per gli operatori, ma anche per chi sviluppa API interoperabili. Questo aspetto è cruciale. Difatti, Marco Cipri di PagoPA, definendo la PDND come un hub che permette scambi di dati tramite API certificate, ha sottolineato che “per avere una vera interoperabilità occorre che Schema.gov.it e PDND comunichino e condividano coerenza semantica e contenuto”.
Oggi la PDND e il Catalogo ancora non comunicano. PDND non integra le semantiche di schema.gov.it. PagoPA e Istat stanno lavorando per permettere che queste due piattaforme possano comunicare perché “sono le due facce della stessa medaglia”, ha specificato Cipri.
Non c’è interoperabilità reale se uno dei due manca e se tutte e due non condividono le stesse informazioni. L’integrazione consentirà a entrambe le piattaforme di fornire servizi più completi, anche grazie a funzionalità avanzate di intelligenza artificiale sviluppate da Istat e delle quali si parlerà nello specifico il 12 novembre in occasione del terzo Digital Talk di questo percorso.
Verso una comunità di pratica e di condivisione di modelli virtuosi
Il dibattito ha evidenziato come il processo di standardizzazione favorisca non solo l’efficienza interna delle PA ma anche la crescita di un ecosistema pubblico, condiviso con imprese e cittadini. La creazione di una comunità di pratica, nel segno della condivisione, della formazione mirata e della valutazione collaborativa delle API, rappresenta un obiettivo strategico per diffondere e mantenere la qualità e la coerenza dei dati. Marco Cipri ha proposto un sistema di rating per monitorare la conformità delle API e promuovere best practice senza penalizzazioni.
Per mostrare il valore della condivisione delle esperienze, Andrea Cigliano ha raccontato il percorso di INPS, raccomandando alle amministrazioni in ascolto un approccio by design, che preveda da subito una mappatura interna e una condivisione interistituzionale. Inoltre, ha valorizzato il potenziale dell’intelligenza artificiale come facilitatore nei processi di interoperabilità.
Cigliano ha confermato la validità dell’approccio multidimensionale per definire i dati da integrare nel catalogo, strategia che, anche a suo parere, deve includere analisi normativa, mappature dei processi, dialogo interistituzionale e monitoraggio continuo.
La comunità di pratica è un concetto che piace alle amministrazioni: il secondo sondaggio proposto da FPA ha rivelato che il 38%, degli enti partecipanti ritiene che il beneficio della standardizzazione dei propri dati sia diventare un “nodo” di valore nell’ecosistema pubblico, condividendo dati comprensibili e riutilizzabili da altre PA. Un risultato che non era scontato, che indica che si sta diffondendo la consapevolezza sull’abilitare un ecosistema pubblico di valore, in cui i dati siano condivisi, comprensibili e riutilizzabili.
A conclusione di questo secondo Digital Talk, si è messo l’accento anche sulla necessità di formazione. Sul tema, Claudio Ceccarelli ha espresso il proprio pensiero, trasformandolo in auspicio: “La formazione specifica per ogni ruolo è il carburante essenziale per far vivere la comunità e mantenere il sistema attivo”.