MTV chiude: l’eredità che ha cambiato il linguaggio del video

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Dalla finestra collettiva dei videoclip allo specchio dei feed: cosa resta dell’immaginario visivo di MTV e come continua a influenzare la comunicazione di oggi.

La fine di un’epoca 

MTV chiuderà i suoi canali musicali in Europa entro la fine del 2025.
Una notizia che segna la fine di un’epoca culturale: quella in cui la musica si guardava insieme, davanti a uno stesso schermo. Ma è anche l’occasione per capire come è cambiato il nostro modo di vedere e di raccontarci nell’era dei social e dei microformati.

La generazione che ha imparato a guardare

Alla fine degli anni Novanta accendere la tv nel pomeriggio era un gesto di appartenenza. Bastava sintonizzarsi su MTV per entrare in un mondo costruito per i giovani. La musica non si ascoltava soltanto: si guardava, si viveva, si attendeva. Era una finestra su un universo che parlava la nostra lingua e la inventava in tempo reale.

I VJ (giovani, ironici, imperfetti) erano la prova che si poteva essere sé stessi in diretta.
Nessuno aveva mai parlato così in televisione: veloci, autentici, complici.
MTV cambiò il tono, il ritmo e persino il linguaggio visivo della comunicazione pop.
Fu la prima a capire che la musica non era più solo suono: era immagine, racconto, stile di vita. Ogni videoclip era un microfilm, una dichiarazione d’identità. E in quella estetica ibrida di moda, regia e sogno, MTV inventò la grammatica visiva che ancora oggi domina il web.

La fine dell’attesa condivisa

La decisione di Paramount di chiudere i canali musicali di MTV in Europa non sorprende, ma commuove. Non è solo la fine di un marchio, ma la fine di un’epoca in cui l’attesa era parte dell’esperienza. Aspettavamo l’ultimo video dei nostri artisti preferiti, la classifica di TRL, la diretta da Piazza Duomo.

L’attesa era una forma di appartenenza, un’esperienza collettiva.

Milioni di giovani davanti allo stesso schermo, nello stesso momento. Oggi l’attesa non esiste più. Esiste lo scroll, l’istantaneità, la personalizzazione assoluta. Il nostro rapporto con il video si è spostato da collettivo a intimo: non più un flusso condiviso, ma miliardi di micro-narrazioni costruite per ciascuno di noi. Abbiamo guadagnato libertà e controllo, ma perso la bellezza di sentirci parte di un tempo comune.

MTV come laboratorio del linguaggio visivo

Eppure, i social non hanno ucciso MTV: ne sono la sua evoluzione naturale.
Il ritmo sincopato dei reel, i jump cut di TikTok, la centralità del montaggio e del sound design nascono lì, in quel laboratorio dove la musica incontrava l’immagine e diventava racconto.

MTV è stata il primo social network analogico, con i suoi volti, le sue community e i suoi codici. Prima ancora che esistessero follower e feed, ci insegnò a costruire un’estetica personale attraverso la cultura pop.

Abbiamo imparato a leggere il mondo attraverso la luce, i tagli, le pose e le atmosfere dei videoclip. Quello che oggi chiamiamo “content” discende direttamente da lì: dall’idea che un’immagine possa raccontare chi siamo, prima ancora di dirlo a parole. Il video, da semplice formato, divenne una grammatica emotiva. Un linguaggio che metteva insieme arte e consumo, autenticità e costruzione, desiderio e identità.

Dalla finestra allo specchio

MTV era una finestra sul mondo: guardavamo gli altri per capire chi eravamo.
I social, oggi, sono specchi: guardiamo noi stessi per decidere come apparire. Il video non è più rappresentazione, ma autorappresentazione.

E se MTV ci invitava a partecipare a un immaginario comune, le piattaforme ci invitano a costruirne uno personale. È una libertà straordinaria, ma anche una solitudine sottile: viviamo circondati da contenuti che ci somigliano, ma che raramente ci mettono davvero in relazione.

MTV era una piazza, i social sono stanze.

Nell’una si costruiva un “noi”, nell’altra si coltiva un “io” permanente, curato, performativo.
Eppure, il bisogno che ci muove è lo stesso: cercare uno sguardo, riconoscersi, appartenere. Solo che oggi non cerchiamo più l’artista che ci rappresenta, ma la versione di noi stessi che vogliamo mostrare.

L’eredità di uno sguardo

La chiusura di MTV non segna la fine del video, ma la sua dispersione.
Il formato non è morto, si è moltiplicato. È passato dalla tv al feed, dai videoclip ai reel, dalle band ai creator. In questa transizione, il suo potere è diventato più intimo, quotidiano, vulnerabile.

Per chi lavora nella comunicazione, l’eredità di MTV è una lezione ancora viva. Ci ricorda che il video è un linguaggio, non un formato. Che le immagini funzionano solo quando costruiscono un legame emotivo, quando chi guarda non si limita a osservare ma si riconosce.

Oggi la sfida non è più catturare l’attenzione, ma meritarla: creare esperienze che restituiscano senso e comunità dentro la velocità del flusso.

MTV ci ha insegnato a guardare.
I social ci hanno insegnato a guardarci.

Ora tocca a noi, brand, agenzie, team creativi, imparare di nuovo a vedere: restituire profondità a uno sguardo che corre, e costruire un racconto che valga ancora la pena di aspettare.

In SCAI Comunicazione abbiamo un’intera branch dedicata a questo, si chiama Storie. Un’area strategica in cui progettiamo e realizziamo narrazioni visive capaci di connettere brand e persone attraverso il linguaggio del video.

Perché la musica è cambiata, la televisione è cambiata, i formati sono cambiati. Ma il bisogno di sentirsi parte di un racconto, quello no: è ancora lì, in attesa di un segnale.

Recapiti
giulia savasta