SARA SI E' LICENZIATA IERI - Massimo Rosa

Compatibilità
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Mi scrive Sara.

“Due anni nella stessa azienda. Sempre la prima ad arrivare, l’ultima ad andare.
Quella che risolve i casino dell’ultimo minuto, che copre i buchi quando qualcuno manca.

“Sei fondamentale per noi”, le dicevano.

Poi è arrivata la revisione annuale. Zero aumento. Zero promozione. Zero progetti interessanti.

Nel frattempo, l’azienda ha lanciato un programma sul “people first” e organizzato yoga aziendale.
Sara si è licenziata ieri.”.

La verità è che il riconoscimento non è una pacca sulla spalla o un post celebrativo del CEO.

È fiducia tradotta in azioni concrete: crescita reale, compenso adeguato, autonomia su progetti significativi, ascolto vero.

E soprattutto, è un “grazie” che pesa. Quello che ti guarda negli occhi e sa esattamente perché ti sta ringraziando.

Non il “grazie eh” lanciato correndo verso la prossima riunione.

Perché altrimenti succede qualcosa in silenzio: le persone smettono di sentirsi riconosciute, non urlano. Non sbattono porte.

Si spengono.

Restano fisicamente presenti, ma emotivamente altrove.

Fanno lo stretto necessario.

Non propongono più idee.

Quel fuoco che avevano? Cenere ormai fredda.

E allora partono le diagnosi: “Quiet quitting”, “mancanza di engagement”, “problema generazionale”.

No. Non è un problema generazionale. È un problema di cecità.

Le persone non si sono sconnesse.

Sono state disconnesse. Dalla nostra incapacità di vedere quello che fanno.

Hai un’azienda e vuoi la soluzione?

Se guidi persone, chiediti: quando è stata l’ultima volta che hai detto “grazie” sapendo esattamente perché lo stavi dicendo?

Un grazie che nomina il problema risolto, lo sforzo fatto, l’intelligenza dimostrata.

E soprattutto: quanto tempo è passato dall’ultimo “grazie” che hai trasformato in azione concreta?

Perché le parole senza fatti sono rumore. E le persone imparano a non ascoltare più.

Sei tu invece quello invisibile?

Non sei sbagliato perché vuoi essere riconosciuto.

Sei umano. È un bisogno legittimo, professionale, sacrosanto.

Se dove sei nessuno vede quello che fai, se i tuoi sforzi vengono presi per scontati… non è colpa tua.

Stai cercando di respirare in una stanza senza ossigeno.

E prima o poi dovrai decidere: continuo a soffocare, o cerco aria da un’altra parte?

Quella decisione non ti rende ingrato. Ti rende sano.

Il riconoscimento non è un extra.

È l’ossigeno che tiene accese le persone giuste.

Senza, anche i migliori smettono di respirare.

E quando se ne vanno, portano con loro tutto quello che non abbiamo saputo vedere.

Peccato.

Recapiti
Massimo