Osteogenesi imperfetta e scuola, AsItOI: “Servono protocolli chiari per tutelare gli alunni fragili”

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Dopo la sentenza di Lecce, l’Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta richiama l’attenzione su informazione, responsabilità e inclusione

Una diagnosi comunicata fin dal primo giorno di scuola, una certificazione sanitaria depositata correttamente e una fragilità nota a tutto il corpo docente. Eppure, nel 2019, un alunno di 12 anni con osteogenesi imperfetta è rimasto gravemente ferito (frattura bilaterale di entrambi i peroni) durante una lezione di educazione fisica in un istituto della provincia di Lecce. La recente sentenza del Tribunale ha riconosciuto la responsabilità esclusiva del Ministero dell’Istruzione e del Merito, sottolineando la mancanza di protocolli organizzativi efficaci per la gestione delle informazioni sanitarie sensibili e condannandolo risarcire quasi 9mila euro per responsabilità esclusiva. Un episodio che riporta al centro il tema della tutela dei minori con malattie rare in ambito scolastico e la necessità di un sistema capace di garantire sicurezza e inclusione reale.

Ne abbiamo parlato con Leonardo Panzeri, Presidente dell’Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta (As.It.O.I.), impegnata da anni nel supporto alle famiglie, nella promozione dei diritti e nella diffusione di una maggiore consapevolezza sulla fragilità ossea congenita.

Quali criticità evidenzia rispetto alla tutela dei bambini con osteogenesi imperfetta nell’ambito scolastico?

La maggiore criticità può essere velocemente riassunta nella mancanza di dialogo tra i diversi “attori in gioco”, ovvero tra la direzione, gli insegnanti, gli assistenti che dovrebbero prendersi cura del bambino e i genitori. Questo porta a incomprensioni tra le parti in causa e a prese di posizione che fanno sì che il dialogo sia spesso quasi subito interrotto. Con questo non voglio insinuare che la responsabilità di ciò sia sempre delle istituzioni o della scuola. Talvolta, infatti, è anche dei genitori che hanno difficoltà ad avere una conversazione tranquilla e serena con le varie figure professionali. Un’altra criticità rilevata è che la mancanza di risorse economiche impedisce di poter garantire l’assistenza continuativa del bambino, una situazione spesso “risolta” con una presa in carico parziale, il più delle volte, da parte di un’insegnante di sostegno o, raramente, da un’assistente alla persona”.

Quali strumenti o protocolli dovrebbero essere messi in atto perché situazioni simili non si ripetano?

“Principalmente, è necessario che vengano seguiti tutti i passaggi previsti dalle normative. Innanzitutto, quindi, la scuola deve acquisire informazioni sulla patologia del bambino, anche nel caso in cui questa sia rara e sia complicato reperirle, e nonostante possa esserci difficoltà nel capire le esigenze di ogni bambino nello specifico. È quindi fondamentale che vengano forniti i contatti degli specialisti (che devono, a loro volta, rendersi disponibili ad essere consultati) perché possano fornire chiarimenti. Anche l’associazione stessa e le famiglie, se opportunamente documentate, possono offrire spiegazioni. In secondo luogo, è essenziale che venga fatta una valutazione complessiva da parte di tutte le figure coinvolte. Questo vuol dire (come viene stabilito dalla normativa, come quella lombarda, a cui qui si fa riferimento) che i genitori, il dirigente scolastico, gli insegnanti, gli assistenti sociali e alla persona si devono incontrare per definire insieme quali siano le criticità e i bisogni, in ordine di priorità, del bambino. È fondamentale precisare, inoltre, che, nel caso dell’osteogenesi imperfetta, queste criticità non riguardano tanto il seguire le lezioni o l’interagire con gli altri bambini, ma principalmente la paura degli altri alunni che non conoscono la patologia. Molto spesso, infatti, dopo che i genitori hanno spiegato alla classe che cos’è l’osteogenesi imperfetta, i bambini non hanno alcuna esitazione nel prestare attenzione nell’avvicinarsi, nel giocare, nello stare insieme al bambino. Riassumendo, quindi, il protocollo da seguire è semplicemente quello di comunicare in modo chiaro, seguendo le direttive scolastiche, che cos’è la patologia. Questo è più che sufficiente. Però deve essere fatto. Purtroppo, però, ciò che spesso si verifica è una presa di posizione da parte della scuola, ancora prima di essersi informata sulla patologia, che porta i genitori ad avere difficoltà ad instaurare un dialogo aperto e sereno con i dirigenti scolastici e gli insegnanti. Ciò può comportare un rapido inasprimento dei rapporti che, di frequente, si risolve esclusivamente attraverso il coinvolgimento di un legale che, eventualmente anche solo mediante una comunicazione formale, obbliga la scuola ad informarsi sulla patologia del bambino in questione”.

L’osteogenesi imperfetta non impedisce una vita attiva, ma richiede attenzione e consapevolezza da parte dell’ambiente scolastico e sociale. Qual è l’impegno dell’Associazione nel promuovere una cultura inclusiva e informata?

“Da qualche anno, l’Associazione sta portando avanti un progetto, chiamato “GiocandO Insieme”, che è particolarmente importante proprio da questo punto di vista. È un progetto nato con l’intenzione di far capire ai bambini e ai genitori di non lasciarsi frenare dalla paura e che si può fare praticamente tutto se si presta la dovuta attenzione, ma è anche fondamentale perché insegna ai bimbi che possono stare e giocare tranquillamente insieme agli altri. Questo li aiuta a comprendere la collettività e la condivisione delle attività. Questo progetto, inoltre, ha un impatto positivo anche sui loro fratelli, che spesso partecipano con loro, poiché non sanno necessariamente come muoversi con un altro bambino con osteogenesi imperfetta. Ciò che ne risulta è una comunità di bambini con osteogenesi e non che, giocando insieme, impara non solo cosa vuol dire stare in gruppo ma anche cosa significa relazionarsi nel gruppo. Per questo motivo, “GiocandO Insieme” è così importante: perché introduce i bambini al gioco collettivo e allo stare insieme, dando loro una consapevolezza necessaria per quando si trovano nel contesto scolastico”. 

Ci sono progetti, collaborazioni o iniziative future che l’Associazione sta portando avanti per migliorare la qualità di vita e la sicurezza delle persone con osteogenesi imperfetta?

“Proprio di recente, l’Associazione ha iniziato a lavorare alla creazione di un network al fine di coalizzare tutti i vari centri medici e scientifici specializzati in osteogenesi imperfetta con lo scopo di fornire, soprattutto ai bambini, le migliori valutazioni e i migliori trattamenti. Sfortunatamente, non sempre le varie associazioni di pazienti riescono a portare avanti un progetto di questo genere perché, nella maggior parte dei casi, i centri che prendono in carico una determinata patologia sono pochi, talvolta anche uno solo, o sono sparsi e focalizzati su una singola disciplina. Per questo è ancora più importante che noi, che abbiamo questa possibilità, coltiviamo la creazione di un gruppo e la collaborazione tra i nostri specialisti, in modo da trattare al meglio ogni bambino con osteogenesi, e naturalmente anche ogni adulto”.

Recapiti
info@osservatoriomalattierare.it (Ivana Barberini)