L’IA al fianco del chimico per accelerare lo sviluppo di farmaci per malattie rare e complesse

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Un team di ricercatori dell’Università di Pisa si è avvalso di algoritmi informatici di ultima generazione per la creazione di molecole terapeutiche innovative che rispondano a precisi requisiti

In natura tutto è chimica: ogni cosa, viva o inanimata, possiede una propria struttura atomica ben definita. Gettando una fugace occhiata all’ambiente intorno vi renderete subito conto dell’enorme grado di differenziazione, a livello molecolare, che caratterizza le persone o gli oggetti su cui ricade lo sguardo. Eppure non sono così tante le molecole capaci di suscitare un effetto sull’organismo umano e, auspicabilmente, contrastare la progressione di una malattia. Trovare o combinare proprio queste molecole per trasformarle in veri e propri farmaci richiede tempo e applicazione, ma l’intelligenza artificiale ci viene in aiuto, accorciando la fase “esplorativa”. A tutto vantaggio delle successive fasi di sperimentazione.

MOLECOLE COME FRASI: I CHEMICAL LANGUAGE MODELS

Un gruppo di ricercatori coordinato dal prof. Tiziano Tuccinardi, del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, insieme ai colleghi dell’Università di Bonn, ha sfruttato i cosiddetti “Chemical Language Models” (CLMs) - cioè dei modelli di linguaggio chimico - per progettare nuove molecole a scopo terapeutico partendo da frammenti di esse o dalla loro combinazione. “Per comprendere meglio il nostro lavoro si può pensare al modo in cui impara a parlare e scrivere un bambino”, afferma Tuccinardi. “Prima gli si insegnano le parole e poi gli spiega come combinarle per creare delle frasi: nel nostro caso, le parole corrispondono ai frammenti di molecole. Abbiamo ricercato tutte le molecole esistenti nei database scientifici per capire da quali frammenti sono composte”.

Nello studio pubblicato sulla rivista European Journal of Medicinal Chemistry, la dott.ssa Lisa Piazza e i suoi colleghi dell'Università di Pisa hanno utilizzato i CLMs proprio per cercare di 'tradurre' il linguaggio chimico, svolgendo il principale passaggio della ricerca: permettere all’intelligenza artificiale di comprendere le molecole, così da poterne generare di nuove.

L’intelligenza artificiale ha imparato a collegare i frammenti per ricreare delle molecole”, prosegue Tuccinardi. “La ricerca, basata su molecole di interesse farmaceutico, ha permesso al nostro modello di crearne di nuove, facilmente sintetizzabili e promettenti per lo sviluppo di nuove terapie”. Per tornare all’esempio precedente, i CLMs non generano frasi illogiche o prive di significato ma di senso compiuto, e questo consente di ottenere delle molecole attendibili e in grado di passare dalla versione “digitale” a quella “reale”. 

LA RICERCA DI UNA MOLECOLA HA INIZIO DA LONTANO

La sintesi chimica di una molecola da testare a scopo terapeutico su modelli animali e nei trial clinici su persone comincia in laboratorio, con lo studio della struttura e dei legami che uniscono gli atomi, per proseguire attraverso il ricorso a modelli cristallografici e a test di valutazione delle affinità di legame. È un processo lungo e altamente selettivo che segue regole di trasformazione, frammentazione e combinazione molecolare piuttosto ferree. Tutto si gioca sull’equilibrio tra creatività e rigidità del processo di sintesi chimica.

 “Gli attuali database sono composti da molecole commerciali, già registrate e magari utilizzate in precedenti ricerche”, precisa il chimico pisano. “Lo scopo dell’algoritmo che abbiamo disegnato è di mettere un ricercatore nelle condizioni di disporre di molecole nuove, dotate delle precise caratteristiche chimiche necessarie ai suoi studi. Questa fase di esplorazione e individuazione delle molecole di partenza, di solito, richiede un lungo intervallo di tempo, durante cui si eseguono studi di virtual screening e, alla fine, si scelgono quelle commerciali da testare; se rispondono al requisito iniziale le si utilizza negli studi clinici”. Per tale ragione gli studi di preclinica sono così delicati e il rischio che un farmaco sperimentale fallisca le fasi di sperimentazione sono elevate: di tante opzioni iniziali solo un piccolo gruppo di candidati farmaci arriva al termine del lungo processo di validazione e sbarca sul mercato.

Oggi però le cose potrebbero cambiare, come dimostra l’avvento dei CLMs, modelli di intelligenza artificiale che considerano le molecole come se fossero le frasi di una pagina e le combinano per creare testi sempre nuovi, promettendo di rivoluzionare il modo in cui si immagineranno e realizzeranno i composti chimici del futuro.

ALLARGARE IL VENTAGLIO DI COMBINAZIONI E CERCARE LE MOLECOLE CHE RISPONDONO ALL’OBIETTIVO 

Nell’articolo appena pubblicato, i ricercatori hanno dimostrato di poter utilizzare i CLMs per progettare molecole come fossero stringhe linguistiche, oltrepassando i vincoli imposti dai metodi tradizionali, basati su regole stringenti e approcci deterministici. Tali limitazioni - assolutamente importanti - permettono di ottenere molecole valide sotto il profilo chimico ma difficilmente innovative. Lo scopo dei ricercatori era invece di eliminare i vincoli e le restrizioni e dare briglia sciolta agli algoritmi dell’intelligenza artificiale per valutare la capacità di generare composti tra loro strutturalmente diversi, sebbene chimicamente validi e potenzialmente rilevanti in ambito farmacologico. “Il sistema non è un generatore casuale ma tiene conto delle specifiche inserite all’inizio, come la presenza di certi legami chimici o frammenti molecolari, e va alla ricerca di tutti i candidati con quelle caratteristiche”, prosegue Tuccinardi. “Inoltre, può imparare dai propri errori e nel futuro prossimo potrà essere abbinato a filtri di tipo diverso, selezionando le molecole più idonee allo scopo con un processo dinamico”.

Ad esempio, se il ricercatore necessita di una particolare molecola che possa essere assorbita solo per via orale il sistema potrà escludere tutte quelle che, secondo modelli predittivi, non soddisfano tale requisito: in questo modo, potrà esplorare un insieme di opzioni già filtrate e ricevere un elenco di molecole con la caratteristica desiderata, da valutare singolarmente per individuare quella che meglio risponde agli obiettivi di partenza. In pratica, invece di gestire regole chimiche, i nuovi chimici allenano modelli di linguaggio simili a quelli usati nell’intelligenza artificiale di tipo generativo.

Rispetto ai metodi tradizionali - che generano combinazioni spesso prevedibili - i CLMs sono in grado di innovare sul piano strutturale, esplorando combinazioni mai tentate prima. In questo riescono a essere sufficientemente creativi da produrre una serie di analoghi, cioè di molecole simili a farmaci già noti, ma con alcune variazioni in grado di aumentarne l’efficacia o ridurne gli effetti collaterali. “La difficoltà più grande è stata creare un sistema che imparasse in che modo combinare i frammenti”, ammette Tuccinardi. “Abbiamo dovuto prima spezzare le piccole molecole (small molecules) in frammenti e poi istituire un modello che imparasse a combinarli”. Questo secondo strumento non agisce secondo regole precise ma è in grado di generare migliaia e migliaia di nuove combinazioni, seguendo le indicazioni di chi lo governa. 

UN SISTEMA PER ACCELERARE LO SVILUPPO DI NUOVI FARMACI

Il primo vantaggio di questo sistema è di espandere significativamente e rapidamente il bacino di ricerca delle molecole. In seconda battuta, questo approccio può essere regolato da filtri che affinano il risultato finale della ricerca proponendo un set di molecole brevettabili e da validare nel contesto degli studi clinici.

Ciò che sembra entusiasmante sulla carta - o meglio, al computer - deve tuttavia superare la fase della realtà (non virtuale): sarebbe sbagliato considerare questi strumenti come una semplice soluzione alla produzione farmaceutica. I CLMs sono un vettore di esplorazione di uno spazio chimico finora considerato lontano e remoto, ma i loro prodotti dovranno comunque diventare farmaci efficaci e sicuri nella realtà. Rimane dunque necessario far seguire a questo genere di studi le imprescindibili sperimentazioni precliniche e cliniche, per accertare l’effettiva validità strutturale e funzionale di potenziali nuove molecole. Tuttavia, l’obiettivo finale è accelerare in maniera significativa le prime fasi di ricerca, quelle esplorative, che fino ad oggi procedevano con lentezza.

Il beneficio principale è il guadagno di tempo”, conferma Tuccinardi. “L’algoritmo è rapido e produce soluzioni potenzialmente ad alto impatto clinico. Infine, è uno strumento aperto e disponibile per tutti”. I ricercatori italiani e tedeschi hanno infatti reso pubblici il loro processo metodologico e i dati ottenuti, dimostrando come sia possibile abbattere le barriere della competitività e stimolare potenziali collaborazioni. Oltre a ciò, sono al lavoro per semplificare ulteriormente il sistema e consentirne l’uso non solo ai chimici computazionali ma anche ai biologi e ai biotecnologi che hanno ben chiaro l’obiettivo della propria ricerca e che sono in possesso delle indicazioni specifiche da seguire.

“I primi risultati sono promettenti”, conclude Tuccinardi. “Se arriveremo a disporre di un algoritmo che con pochi click possa produrre un lungo elenco di molecole da testare, le sperimentazioni cliniche ne beneficeranno, con un restringimento dei tempi di validazione e un aumento dell’efficacia dei futuri farmaci”. Una prospettiva sicuramente promettente, soprattutto nell’ambito di malattie rare e complesse che, oltre ad essere orfane di cura, non hanno attualmente a disposizione alcuna terapia specifica.

Recapiti
info@osservatoriomalattierare.it (Enrico Orzes)