Nello Stato del Borno, in Nigeria, curare il diabete è una sfida umanitaria

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Nei contesti di crisi umanitarie le malattie croniche come il diabete si trasformano spesso in patologie che mettono in pericolo la vita di chi ne è affetto. In Nigeria, nello Stato del Borno, dove almeno 3 milioni di persone ne soffrono, interveniamo con consulenze e trattamenti per gli sfollati che vivono nelle aree remote.

Il 14 novembre ricorre la Giornata Mondiale del Diabete. Nelle nostre missioni, ci ritroviamo spesso a dover assistere persone che per lungo tempo non hanno ricevuto cure adeguate o disponibilità di farmaci, aggravando la loro condizione da pazienti cronici. Lo Stato del Borno, in Nigeria -dove si calcola ci siano almeno 3 milioni di persone affette da diabete– rappresenta un esempio importante di come sia necessario garantire le cure in contesti così fragili e instabili.

Da oltre un decennio lo Stato del Borno è al centro di una delle crisi umanitarie più complesse dell’Africa. Il protrarsi del conflitto armato interno, gli sfollamenti su larga scala e le ripetute catastrofi climatiche, come inondazioni e alluvioni, hanno compromesso l’accesso ai servizi essenziali, lasciando milioni di persone dipendenti dagli aiuti umanitari. Intere comunità sono state sradicate, con famiglie costrette ad abbandonare le loro case, i loro terreni agricoli e i loro mezzi di sussistenza. I sistemi sanitari sono stati gravemente indeboliti, le strutture sanitarie risentono della carenza di personale qualificato, di forniture mediche e infrastrutture. 

In queste aree, il peso delle malattie croniche come il diabete può risultare irrilevante rispetto alle urgenze di sopravvivenza che la popolazione affronta nel quotidiano, eppure, per migliaia di persone, queste patologie sono una minaccia per la vita.

Nel 2023 gli abitanti di Konduga, una delle aree locali più colpite dalla crisi in corso nello Stato del Borno, vivevano in condizioni di sopravvivenza estrema. Per chi soffriva di diabete, epilessia, ansia, ipertensione o disturbo da stress post-traumatico, le cure erano spesso un privilegio irraggiungibile. Le famiglie sfollate a causa del conflitto e colpite da ripetute inondazioni non avevano accesso regolare a visite mediche, medicinali o assistenza psicosociale. “Ogni giorno temevo che la mia malattia avrebbe avuto la meglio perché non sapevo più a chi rivolgermi”, racconta una donna diabetica che abbiamo assistito.

Due anni dopo, quella stessa comunità racconta una storia diversa. Circa 83.880 persone hanno ricevuto consulenze, cure e visite specialistiche in due centri di assistenza sanitaria di base. Il personale sanitario locale ora gestisce i servizi per le malattie croniche e la salute mentale con maggior sicurezza, e le famiglie più vulnerabili dispongono di mezzi di sussistenza e di un’assicurazione sanitaria che le accompagnerà nel futuro.

Tutto questo avviene grazie al progetto “Non-Communicable Disease and Mental Health (NCD–MH)”, realizzato da INTERSOS con il sostegno di Stichting Vluchteling (SV), un programma che non solo ha affrontato le urgenti esigenze sanitarie, ma ha anche costruito un modello sostenibile di assistenza in uno dei contesti più complessi e insicuri della Nigeria.

Tra le patologie su cui il progetto sanitario si focalizza, il diabete rimane una di quelle più sfidanti per via della sua diffusione in contesti remoti e dunque del difficile raggiungimento di molte delle persone che ne sono affette. Nelle comunità colpite da crisi, dove l’accesso all’insulina, ai test regolari e a un’alimentazione adeguata è limitato, la malattia può rapidamente diventare pericolosa per la sopravvivenza.

Il nostro team sul campo cerca il più possibile di ampliare la sua risposta di cura attraverso il trattamento e la consulenza sul diabete, arrivando ad effettuare 1.149 visite diabetologiche nella clinica di Dalori e nei 1.000 centri sanitari primari di Konduga LGA. Il 79% dei pazienti assistiti ha raggiunto livelli di glucosio entro i valori target. Attraverso controlli regolari,sensibilizzazione sulla malattia dei pazienti e sostegno alla salute mentale, il progetto ha aiutato le persone a riprendere il controllo della propria salute.

Amina, una donna sfollata di 52 anni sopravvissuta ad un attacco violento del gruppo armato Boko Haram contro il suo villaggio, ha visitato per la prima volta il centro sanitario di Dalori durante un’iniziativa di sensibilizzazione della comunità organizzata da INTERSOS. Proprio durante questa occasione le è stato diagnosticato il diabete ed è stata iscritta al programma per le malattie croniche: “Prima di questo programma, pensavo che la mia malattia fosse incurabile. Oggi mi sento di nuovo me stessa”, racconta Amina.

Grazie a un monitoraggio costante, all’accesso ai farmaci e alla consulenza, i livelli di glucosio di Amina si sono stabilizzati. Oggi sostiene altre donne della sua comunità, incoraggiandole a cercare aiuto tempestivamente e a impegnarsi a seguire i loro piani terapeutici. 

Recapiti
Chiara De Stefano