Pet therapy al Besta: cani accanto ai bambini con SMA per ridurre ansia e stress dei trattamenti

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Dott. Riccardo Masson: “Con il progetto WelCoMe un nuovo percorso terapeutico per i piccoli pazienti affetti da atrofia muscolare spinale”

Abbassare ansia e stress nei bambini con atrofia muscolare spinale (SMA) sottoposti a trattamenti invasivi, migliorare l’umore e promuovere il benessere emotivo di famiglie e operatori sanitari. Sono questi gli obiettivi del nuovo progetto di pet therapy (ufficialmente definita Intervento Assistito con Animali, IAA) avviato all’IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, Centro di riferimento nazionale per le malattie neurologiche rare.

Il progetto WelCoMe - AAI (Promoting Wellness in Children Undergoing Medical Procedures through Animal-Assisted Interventions), reso possibile grazie al sostegno di Purina e alla collaborazione della Onlus Frida’s Friends, introduce cani addestrati e certificati nel percorso clinico dei piccoli pazienti, in un contesto particolarmente delicato come quello della somministrazione intratecale del farmaco nusinersen. La sfida è integrare gli IAA in una procedura già complessa e standardizzata, con l’obiettivo di studiare (attraverso protocolli di osservazione, questionari e raccolta di dati clinici) i benefici concreti di questa forma di supporto innovativo.

Ne parliamo con il Dott. Riccardo Masson, neuropsichiatra infantile presso la Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile 2 - Neurologia dello Sviluppo della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano.

Dottor Masson, come e perché nasce questo progetto nel vostro Istituto?

“Premesso che la pet therapy qui non è una novità, è già presente da alcuni anni, questo progetto è diverso e ha caratteristiche particolari. Nasce da una combinazione di iniziative. La volontà dello sponsor, Purina, di investire per mostrare come la terapia animale possa avere un utilizzo clinico reale e documentabile, l’entusiasmo e la professionalità della Onlus Frida’s Friends, che si occupa della somministrazione degli IAA qui da noi, e il nostro interesse nel rendere l’ambiente ospedaliero più accogliente e vicino ai pazienti. L’unione di questi tre interessi ha reso possibile partire con quest’attività, che è una sfida più ambiziosa rispetto alla pet therapy “classica” di reparto”.

Qual è stata la criticità principale nell’inserire l’intervento assistito con animali?

“Inserirla come strumento di trattamento all’interno di un protocollo farmacologico complesso con l'obiettivo di ottimizzare la procedura. Noi facciamo pet therapy con i bambini con SMA che ricevono le infusioni di nusinersen. È una terapia cronica da fare ogni 4 mesi tramite puntura lombare, quindi una procedura invasiva in cui i bambini devono essere sedati. Il percorso è questo: il bambino entra in ospedale, fa gli esami necessari, è preparato e sedato. Poi inzia la procedura, si risveglia, mangia e va a casa. È un day hospital e includere la pet therapy è più complicato che in un reparto con degenti. Abbiamo dovuto trovare tempistiche e coordinamento tra gli operatori che arrivano con i cani e il resto della procedura, già collaudata da anni. In effetti, eseguire questa terapia da molti anni ci ha sicuramente aiutato a includere una variante così particolare. L’intervento con gli animali è suddiviso in due fasi: una iniziale, di accoglienza prima della procedura invasiva e una successiva alla procedura, come “saluto”, con obiettivi diversi”.

Chi seleziona i cani che entrano in reparto?

“La Onlus Frida’s Friends. Hanno animali selezionati e certificati per questo tipo di attività. Anche gli operatori seguono un training specifico. Noi forninamo le informazioni su pazienti (età, gravità della patologia, ecc.) e loro adattano l’intervento di conseguenza. Non è solo venire in ospdale con un cane per uno scambio emotivo o carezze, fanno attività concrete con una propria specifica metodologia”. 

Come state valutando i potenziali benefici di questo trattamento?

“Abbiamo iniziato da poco, quindi i dati sono preliminari. L’obiettivo è quantificare l’effetto della pet therapy su questa popolazione. Essendo un IRCCS, per predisposizione raccogliamo e misuriamo le informazioni per trarre conclusioni dalle esperienze. Abbiamo quindi creato un protocollo gestito da una psicologa dell’équipe per raccogliere dati tramite questionari standardizzati, osservazioni dirette e interviste a bambini e genitori. La prima valutazione riguarda stress e ansia al momento della procedura, se la pet therapy li riduce. Misuriamo sia l’effetto sul bambino, sia i benefici sulla procedura. Se il paziente è più tranquillo, la procedura è più rapida, meno invasiva anche dal punto di vista del farmaco sedativo utilizzato, con benefici a cascata anche su operatori e famiglie. Stiamo cercando di misurare anche l’effetto sul personale sanitario, dall’infermiera che posiziona l’agocannula al medico che fa l’infusione, ecc., perché il clima che si respira, anche emotivo, incide su tempi e sulla qualità del lavoro. Le misure che stiamo raccogliendo sono psicologiche, comportamentali e cliniche (ad esempio quantità di sedativo, facilità della puntura lombare). L’ideale sarebbe inserire in futuro anche marcatori biologici di stress (frequenza cardiaca, sudorazione, frequenza respiratoria) per integrare tutti i dati”.

Perché proprio bambini con SMA?

“Per vari motivi. La SMA è una patologia di elezione nel nostro istituto. Siamo Centro di riferimento regionale per la SMA e per lo screening neonatale di questa patologia e seguiamo circa 140 - 150 bambini e ragazzini in follow-up sottoposti a trattamenti vari. Inoltre, la somministrazione di nusinersen è una procedura abbastanza standardizzata, quindi consente più facilmente di inserire un protocollo di valutazione in un contesto che è sì di grande stress come può esserlo una puntura lombare, ma anche molto sistematico. È più misurabile rispetto, per esempio, a uno studio sulla preparazione per una risonanza magnetica in sedazione, dove la popolazione è più eterogenea per patologie e gestione. Ma se la terapia si dimostrasse efficace, sarebbe un elemento da considerare per estenderla anche ad altre situazioni”. 

Ci sono già delle evidenze?

Qualche dato preliminare c’è: una riduzione dell’ansia e di alcuni dati relativi al dolore percepito a posteriori. Durante la procedura i bambini sono sedati, quindi non sentono un dolore specifico in quel momento. Somministriamo però test sulla scala di dolore percepito dopo, che può includere anche il fastidio locale. Stiamo facendo dei confronti interni, in cui ogni bambino fa il controllo di sé stesso tra sedute con e senza pet therapy, e tra gruppi, divisi in chi fa la pet therapy e chi non può farla per allergia, paura dei cani, ecc. Parliamo però di un progetto pilota che è nato come attività assistenziale, non come studio interventistico rigoroso. Il progetto però è di lungo respiro, è iniziato quest’anno e proseguirà per tutto il 2026”.

Recapiti
info@osservatoriomalattierare.it (Ivana Barberini)