Dott.ssa Antonella Insalaco (Bambino Gesù): “Il nostro obiettivo è offrire ai piccoli pazienti e alle loro famiglie non solo una diagnosi certa, ma anche una prospettiva di cura”
Era il 2014 quando, sulle pagine del New England Journal of Medicine, venne descritta per la prima volta la vasculopatia associata a STING a esordio infantile (SAVI). “Sono passati più di dieci anni da quella pubblicazione, che ha segnato la scoperta di questa nuova e grave interferonopatia”, racconta la dott.ssa Antonella Insalaco, medico responsabile della U.O.S. Degenza di Reumatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e coordinatrice del Gruppo di lavoro sulle malattie auto-infiammatorie della Società Europea di Reumatologia Pediatrica.
“Da allora – prosegue Insalaco – la ricerca ha fatto grandi passi avanti nella comprensione e nella gestione della SAVI. Purtroppo, però, nonostante abbia attirato l’attenzione per la sua gravità e complessità clinica, questa malattia genetica rara resta ancora poco conosciuta e difficile da trattare, con importanti ricadute sulla qualità di vita dei piccoli pazienti e delle loro famiglie”.
LA PATOLOGIA
La SAVI è una grave vasculite di origine genetica. Sono state descritte solo poche decine di casi nel mondo, il che la rende una condizione ultra-rara, con una prevalenza stimata inferiore a un caso su un milione di persone. È causata da mutazioni nel gene TMEM173, che codifica per la proteina STING (Stimulator of Interferon Genes), una specie di ‘sensore’ del sistema immunitario che si attiva in presenza di infezioni o danni cellulari. “A causa di queste mutazioni, nei pazienti affetti da SAVI la proteina STING resta perennemente attivata”, spiega la dott.ssa Insalaco. “Questo provoca un’iperproduzione cronica di interferone di tipo I e un’infiammazione continua che danneggia diversi organi e tessuti, in particolare i polmoni, la pelle e le articolazioni”.
L’esordio della patologia è precoce, a volte già nei primissimi giorni di vita. “I bambini colpiti presentano episodi febbrili ad andamento altalenante, accompagnati da un coinvolgimento polmonare rapido e severo”, prosegue Insalaco. “In molti casi si osservano anche manifestazioni cutanee, con ulcere e lesioni vasculitiche crostose che interessano le dita delle mani e dei piedi, e il classico ‘visino a pagliaccetto’, con gote e punta del naso arrossati”. A ciò si associa un ritardo della crescita e un quadro sistemico che non passa inosservato. “La complicanza più temibile rimane la malattia polmonare interstiziale progressiva”, afferma la reumatologa. “L’infiammazione cronica, infatti, porta a fibrosi polmonare, con conseguente difficoltà respiratoria che può diventare rapidamente invalidante e, in alcuni casi, addirittura fatale”. Anche le articolazioni possono essere colpite, con dolore e rigidità, contribuendo a peggiorare la qualità di vita di questi bambini.
LA DIAGNOSI
Riconoscere la vasculopatia associata a STING non è semplice: i pazienti sono pochi e le manifestazioni cliniche della patologia sono molto variabili. Inoltre, alcuni sintomi possono mimare quelli di altre vasculiti o malattie polmonari. “Il sospetto di SAVI deve nascere quando ci troviamo davanti a un bambino con lesioni cutanee caratteristiche e una polmonite interstiziale rapidamente progressiva”, sottolinea la dott.ssa Insalaco. “Non sempre, però, questi piccoli pazienti presentano tutti i sintomi tipici della malattia. Ricordo il caso di una bambina con un quadro infiammatorio importante, poliartrite e tosse persistente, ma senza nessun segno visibile a livello cutaneo. La TC torace evidenziò un quadro estremamente compromesso di vasculite polmonare e la ‘firma dell’interferone’ (un marcatore che indica l’attivazione continua di questa via infiammatoria) risultò essere molto alta. Dall’indagine genetica emerse che aveva una SAVI classica, pur senza alcun interessamento cutaneo”.
Il passo decisivo per poter arrivare alla certezza della diagnosi è rappresentato dal test genetico, che consente di individuare la mutazione del gene TMEM173. Accanto a questo, tuttavia, possono essere eseguiti esami di supporto che precedono e coadiuvano l’indagine genetica e permettono di valutare l’entità del danno a organi e tessuti: dalla TC torace ad alta risoluzione, per documentare l’interstiziopatia, alle biopsie cutanee, fino ai test di laboratorio per identificare marcatori di infiammazione, come la sopracitata ‘firma dell’interferone’.
“Molti dei nostri piccoli pazienti arrivano al Bambino Gesù dopo lunghi percorsi di accertamenti, costellati di ricoveri e tentativi terapeutici falliti”, racconta Insalaco. “Formulare da subito la diagnosi corretta significa indirizzarli più rapidamente verso trattamenti mirati ed evitare così complicanze irreversibili”.
TRATTAMENTI DISPONIBILI E PROSPETTIVE TERAPEUTICHE FUTURE
Ad oggi non esistono ancora cure risolutive per la SAVI. I trattamenti tradizionali, come glucocorticoidi e immunosoppressori, hanno mostrato benefici limitati. Negli ultimi anni, tuttavia, si sono aperti spiragli importanti. “Una delle strategie più promettenti - spiega la reumatologa - riguarda l’utilizzo dei farmaci JAK-inibitori, che agiscono a valle della via dell’interferone. Abbiamo osservato che questi trattamenti possono migliorare significativamente il quadro cutaneo e respiratorio dei pazienti, anche se purtroppo non riescono ad arrestare del tutto la progressione della fibrosi polmonare”.
“La ricerca di nuove terapie è in parte ostacolata dalla scarsità di pazienti”, osserva la dott.ssa Insalaco. “L’esperienza clinica, infatti, è limitata a pochi casi nel mondo. Basti pensare che l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dove lavoro da molti anni, pur essendo un centro di riferimento che accoglie pazienti da tutta Italia, segue attualmente solo cinque bambini affetti da SAVI”.
Nonostante ciò, la ricerca di base continua a fare passi avanti: uno studio recentemente pubblicato su Nature ha fatto luce sui meccanismi di morte cellulare programmata (necroptosi) associati all’attivazione della proteina STING, aprendo nuove prospettive per lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate. “A questa ricerca, condotta dal dottor Gianmaria Liccardi, dell’Università di Colonia, ha partecipato anche il nostro team dell’Ospedale Bambino Gesù”, racconta la dott.ssa Insalaco.
“Lo studio – prosegue l’esperta – ha dimostrato che l’attivazione persistente della proteina STING non si ripercuote solamente sulla via dell’interferone, ma può anche indurre necroptosi attraverso un’altra proteina, denominata ZBP1 (Z-DNA Binding Protein 1)”. L’interferone rimane la molecola infiammatoria principale, ma la via ZBP1–RIPK3–MLKL è una sorta di ‘circuito parallelo’ che contribuisce in modo decisivo alla patogenesi della SAVI e spiega la gravità del danno tissutale nella malattia.
Aver identificato questa nuova via significa avere a disposizione un bersaglio in più per lo sviluppo di farmaci mirati. “Del resto, il nostro obiettivo è offrire ai bambini affetti da questa patologia e alle loro famiglie non solo una diagnosi certa, ma anche una prospettiva di cura”, conclude la dott.ssa Insalaco. “La strada è ancora lunga ma i nostri primi passi, timidi e incerti, stanno diventando falcate sempre più decise”.