Quando ripenso al mio arrivo a Rondine, nel settembre 2021, riesco a risentire quella sensazione di essere entrata in un luogo sconosciuto e familiare allo stesso tempo. Non sapevo ancora cosa sarebbe cambiato, ma sentivo chiaramente che quel piccolo borgo a pochi minuti da Arezzo avrebbe trasformato il mio modo di vedere il mondo.
Il Quarto Anno Rondine non è una scuola alternativa: è un’esperienza di trasformazione che utilizza la didattica, la convivenza, la relazione e la progettazione come strumenti per crescere come esseri umani prima ancora che come studenti. Io sono stata una dei 27 ragazzi del QAR5 provenienti da tutta Italia, scelti per il desiderio di mettersi in gioco, per la voglia di affrontare le proprie contraddizioni e imparare a non fuggire dai conflitti, ma a guardarli negli occhi e a provare a trasformarli.
Non è mai semplicemente scuola…
La mattina a Rondine si seguono le lezioni del liceo di provenienza secondo i programmi ministeriali, ma quelle ore non sono mai semplicemente “scuola”: insegnanti preparatissimi e pronti a sperimentare ogni giorno, lavorano non solo sui contenuti, ma sulle competenze relazionali, sul senso critico, sulla capacità di stare dentro un gruppo, sul senso profondo che ciò che si apprende ha per sé stessi e per il mondo.
Il pomeriggio si partecipa al “percorso Ulisse” cuore della formazione a Rondine: laboratori di gestione del conflitto, dialogo con gli studenti internazionali della World House (ragazzi provenienti da Paesi in conflitto e post-conflitto che vivono insieme per due anni nella Cittadella della pace) seminari di leadership di pace, incontri con le organizzazioni del territorio, riflessioni guidate sulle proprie vocazioni personali, sui propri talenti e sulle proprie ferite. Il “Metodo Rondine”, parte dall’esperienza concreta delle relazioni e insegna a decostruire l’idea del nemico, a non restare immobili nel giudizio, a cambiare prospettiva, a riconoscere l’umanità nell’altro e a fare la propria parte nella storia. Rondine propone un allenamento quotidiano a non scappare da ciò che fa paura: il conflitto dentro sé stessi, quello con chi ci circonda, quello che attraversa la società.
Una palestra in cui mettere costantemente in pratica ciò su cui si riflette
La comunità che si crea con i propri compagni di viaggio durante il Quarto Anno è un’altra “scuola” di questo percorso: vivere insieme ventiquattr’ore su ventiquattro, condividere stanze, cucina, spazi comuni, litigi e riconciliazioni, momenti di entusiasmo e giornate difficili, è la palestra in cui mettere costantemente in pratica ciò su cui si riflette nel corso di quest’anno preziosissimo. Rondine è un luogo dove niente resta superficiale: se un problema emerge, va affrontato, se una fragilità viene fuori, non viene nascosta, se una responsabilità chiama, si risponde.
Ed è proprio lì, in quel continuo esercizio di verità e di relazione, che è nato il mio progetto di ricaduta sociale: Noi Posso. I moduli di progettazione sociale ci hanno preparato a trasformare un bisogno reale del nostro territorio in un progetto concreto, sostenibile e realizzabile. Io non sapevo ancora che forma avrebbe preso la mia idea, ma sapevo che volevo tornare a Vittoria, la mia città, e regalarle qualcosa che parlasse di inclusione, di legalità, di futuro, di bellezza condivisa. È stato in quel laboratorio di progettazione che ho capito che la musica poteva essere il linguaggio giusto: un coro non funziona se qualcuno vuole prevaricare sugli altri; un coro funziona quando ogni voce trova il suo posto senza coprire quella degli altri, come da bambina avevo inconsapevolmente sperimentato nel coro “Mariele Ventre” di Ragusa.
In Ac ho imparato che la partecipazione civica non è un’opzione ma un modo di vivere
Questa intuizione aveva radici profonde nel mio percorso in Azione Cattolica, a partire dal Movimento Studenti di Azione Cattolica. In Ac ho imparato a servire la comunità, a mettermi a disposizione, a credere che la partecipazione civica non è un’opzione ma un modo di vivere. Nel Msac avevo sperimentato che la scuola può essere un laboratorio di democrazia, che i ragazzi possono diventare protagonisti della loro città e che il bene comune non è uno slogan, ma un allenamento quotidiano.
Tutto quello che avevo vissuto in Ac è entrato a Rondine come un seme già vivo e Rondine gli ha dato terra, metodo, strumenti, visione. È lì che ho imparato a progettare, a strutturare, a capire gli obiettivi, i destinatari, l’impatto, le modalità di rendere una semplice idea qualcosa che può davvero cambiare la vita delle persone. Quando sono tornata a Vittoria e ho fondato il coro Noi posso, un coro sociale di bambini che provengono da contesti socio-culturali diversi della città, non stavo semplicemente mettendo in piedi un’attività musicale: stavo costruendo una comunità educante, un luogo in cui l’inclusione, la bellezza e la legalità potessero essere vissute prima ancora che spiegate.
Il Quarto Anno Rondine mi ha insegnato a scegliere che persona volevo diventare
Ogni prova, ogni canzone, ogni incontro con le famiglie è la traduzione concreta di tutto quello che ho imparato a Rondine: l’ascolto, il fare rete, la gestione delle relazioni, il valore della fragilità, l’importanza della cura, la centralità dell’educazione. E quando oggi, dalla Cittadella della Pace al mio quartiere, dai laboratori con gli studenti internazionali alle voci dei bambini del coro, vedo che tutto si collega, capisco che il Quarto Anno Rondine non è stato solo un anno della mia vita, ma il luogo che mi ha insegnato a scegliere quale tipo di persona volevo diventare. Per questo dico a chi oggi frequenta il terzo anno di un liceo: se cerchi un luogo che ti trasformi, Rondine ti sta già aspettando.