Gestione documentale, motore per la PA Digitale del 2026

Compatibilità
Salva(0)
Condividi

L’evento ” Documenta Futura: dati, archivi e wallet” organizzato da FPA in collaborazione con Dgroove ha tracciato la rotta per l’innovazione della Pubblica Amministrazione, posizionando la gestione documentale come il fulcro strategico della trasformazione digitale. In vista delle scadenze del Piano Triennale 2024-2026, il dibattito ha evidenziato l’urgenza di un approccio integrato per affrontare le sfide imminenti: dall’adozione dell’EU Digital Identity Wallet alla gestione dei “dati certi” tramite interoperabilità. Superare la frammentazione degli archivi, colmare il vuoto di responsabilità e competenze, e sfruttare le potenzialità normative dell’eArchiving europeo e tecnologiche dell’intelligenza artificiale sono le priorità emerse. L’appello finale è a considerare la governance documentale come il vero motore per costruire servizi pubblici efficienti, trasparenti e affidabili

2 Dicembre 2025

Foto di CHUTTERSNAP su Unsplash https://unsplash.com/it/foto/eH_ftJYhaTY

Il 18 novembre 2025, l’evento “Documenta Futura: dati, archivi e wallet. La gestione documentale per il Piano Triennale“, organizzato da FPA in collaborazione con Dgroove, ha riunito i principali attori della transizione digitale italiana per un confronto su come la gestione documentale possa essere intesa come un abilitatore strategico per l’innovazione della pubblica amministrazione. L’incontro ha offerto una sintesi del percorso di approfondimento dell’Osservatorio Documenta Futura avviato da Dgroove nel corso del 2025, fornendo ai decision-maker una bussola per orientare le scelte di programmazione in linea con gli obiettivi del Piano Triennale. Il parterre di relatori ha garantito un’analisi a 360 gradi: da Mariella Guercio, già Professore Ordinario di Archivistica, a Fabio Massimi Funzionario Direzione Innovazione e transizione digitale di AgID, passando per esperti come Andrea Piccoli, anche Coordinatore triveneto ANORC e ANORC Professioni,  Stefano Sasso, Matteo Savoldi e Francesco Giachi di Dgroove. I loro contributi hanno delineato con chiarezza il nuovo ecosistema digitale in cui le PA si trovano oggi a operare. 

Verso l’ecosistema digitale 2026: wallet e dati certi 

Per la Pubblica Amministrazione, comprendere e prepararsi all’imminente ecosistema digitale non è più un’opzione, ma una necessità strategica. Strumenti come l’EU Digital Identity Wallet e il regolamento eIDAS2 stanno per ridefinire radicalmente la relazione tra cittadini, imprese e amministrazioni. Come sottolineato da Andrea Piccoli, concetti come attestati elettronici di attributi, identità digitali, istanze e notifiche digitali non sono più astrazioni teoriche, ma i mattoni fondamentali su cui si costruiranno i servizi pubblici del futuro. 

In questo scenario, emerge con forza il concetto di “dato certo”, come definito dalle Linee Guida sull’interoperabilità. Un dato, per essere considerato di qualità, deve rispettare cinque principi chiave: Accuratezza, Completezza, Aggiornamento, Coerenza e Accessibilità tramite la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND). Questo rappresenta un cambio di paradigma epocale per la gestione documentale, che non si limita più a conservare “documenti”, ma deve garantire l’affidabilità e la provenienza dei singoli “dati” che li compongono. 

Tuttavia, è proprio qui che emerge una tensione fondamentale. Come può un dato essere veramente “certo” — completo, coerente e costantemente aggiornato — se la sua fonte originaria è dispersa in decine di silos applicativi che non comunicano tra loro? Questa contraddizione svela come la promessa di un’amministrazione basata sui dati si scontri con una realtà di frammentazione archivistica, un problema che richiede una pianificazione rigorosa, la cui roadmap è già tracciata dal Piano Triennale. 

Il Piano Triennale, la guida per la trasformazione 

Il Piano Triennale per l’Informatica 2024-2026 si conferma lo strumento di governance essenziale per guidare la trasformazione digitale della PA. L’architettura del Piano, come delineata da Fabio Massimi (AgID), rivela una chiara intenzione: superare la visione dell’ICT come funzione di supporto per integrarla nel cuore della strategia amministrativa, articolando le sfide in tre macroaree interconnesse: 

  • Processi: include l’organizzazione, la gestione del cambiamento e il ruolo cruciale dell’Ufficio del Responsabile per la Transizione al Digitale (RTD). 
  • Applicazioni: comprende i servizi digitali, le piattaforme abilitanti, la gestione dei dati e l’intelligenza artificiale. 
  • Tecnologie: riguarda le infrastrutture digitali e la sicurezza informatica. 

A guidare l’azione delle amministrazioni sono principi la cui applicazione è ancora una sfida: 

  • digital & mobile first: progettare i servizi partendo dal digitale e dall’accesso mobile. 
  • API-first: sasare l’interoperabilità su interfacce applicative standard. 
  • once-only: evitare di chiedere a cittadini e imprese dati già in possesso di un’altra PA. 

In questa architettura, la gestione documentale cessa di essere un adempimento isolato per diventare un pilastro trasversale. Essa influenza l’organizzazione dei processi, abilita i servizi digitali e garantisce l’integrità e la sicurezza delle infrastrutture. Tuttavia, questa visione strategica e integrata si scontra con una sfida storica e profondamente radicata: la frammentazione degli archivi

L’archivio unitario: un principio fondamentale sotto stress 

Il principio archivistico dell’unitarietà è un concetto strategico che garantisce l’integrità, la coerenza e la memoria storica della documentazione di un ente nel tempo. Come ha ricordato Mariella Guercio, l’archivio è un’entità organica che attraversa diverse fasi — corrente, di deposito e storico — ma rimane un unicum. Figure storiche della disciplina come Giorgio Cencetti hanno affermato con forza che “tutto è semplicemente archivio”, mentre Eugenio Casanova bollava ogni tentativo di separare l’archivio corrente da quello storico come “elucubrazioni […] reazionarie e incompetenti”. Questo principio è oggi sancito dal Codice dei beni culturali, che vieta lo “smembramento” degli archivi pubblici. 

Nell’era digitale, la minaccia più grande a questo principio è la proliferazione di applicativi verticali. Ogni software gestionale tende a creare il proprio archivio, generando “silos” informativi isolati che impediscono una visione d’insieme. Questa frammentazione non solo viola un principio fondamentale, ma produce inefficienze concrete: duplicazione dei dati e un enorme rischio per la conservazione a lungo termine. Per un RTD, questo significa che ogni nuovo applicativo verticale acquisito senza una strategia di integrazione documentale non è una soluzione, ma l’ennesimo mattone nel muro che ostacola l’interoperabilità e il principio once-only. Superare questa frammentazione richiede un ripensamento profondo della dematerializzazione e della governance dei processi. 

Dematerializzazione e responsabilità: la vera sfida è nel processo 

La dematerializzazione non è una semplice scannerizzazione di massa, ma un profondo ripensamento dei processi organizzativi e delle relative responsabilità. Come illustrato da Matteo Savoldi, le amministrazioni hanno davanti due strade maestre: ridisegnare i processi in ottica digital-native, abbandonando i flussi analogici, o avviare progetti strutturati di digitalizzazione del cartaceo pre-esistente. L’errore più grave, ha ammonito Savoldi, è replicare i vecchi flussi di lavoro cartacei nel mondo digitale, un approccio che produce solo inefficienza. 

Questa riprogettazione, tuttavia, non può avvenire in un vuoto di governance. Stefano Sasso ha parlato di una vera e propria “crisi di responsabilità”. Il Piano Triennale (Obiettivo 3.3) pone target precisi: entro il 2025, il 100% delle PA dovrà aver nominato il Responsabile della gestione documentale ed entro il 2026 il Responsabile della conservazione. Ma la vera sfida, ha evidenziato Sasso, è garantire che queste figure possiedano le “idonee competenze giuridiche, informatiche ed archivistiche” necessarie per governare la catena di custodia del documento digitale. Senza una chiara attribuzione di responsabilità e le giuste competenze, ogni sforzo di digitalizzazione rischia di essere vano. 

Orizzonte europeo: le garanzie dell’eArchiving 

In questo contesto di sfide, il nuovo quadro normativo europeo sull’eArchiving rappresenta una svolta per garantire validità legale e conservazione a lungo termine. Come spiegato da Mariella Guercio, l’introduzione del servizio fiduciario di archiviazione elettronica qualificato ha obiettivi chiari: garantire effetti giuridici, fornire una presunzione di integrità e proteggere i documenti da obsolescenza e alterazioni. 

Le specifiche tecniche CEN/TS 18170:2025 traducono questi principi in strumenti concreti di trasparenza e responsabilità. Un servizio qualificato di eArchiving dovrà infatti garantire: 

  • Policy di gestione chiare e pubbliche, con una definita catena di responsabilità. 
  • Piani di cessazione del servizio che assicurino la piena portabilità dei dati e degli archivi in caso di cambio fornitore. 
  • Accordi di servizio (SLA) dettagliati che definiscano esplicitamente i formati supportati, la struttura dei metadati, i tempi di conservazione e le modalità di restituzione dei contenuti. 
  • Presenza obbligatoria di personale con competenze archivistiche e di conservazione digitale avanzate, a garanzia della governance del processo. 

Queste nuove garanzie normative offrono alle PA un framework solido per affidare la conservazione dei propri archivi digitali, aprendo al contempo la strada all’adozione di tecnologie emergenti per valorizzare questo patrimonio informativo. 

Intelligenza Artificiale: alleato strategico per la gestione documentale 

La PA gestisce quotidianamente un volume enorme di documenti digitali, multimodali e non strutturati. Come evidenziato da Fabio Massimi, l’intelligenza artificiale può trasformare questa sfida in un’opportunità, automatizzando attività ripetitive e facilitando l’analisi di grandi volumi di dati. I casi d’uso sono già concreti: dalla classificazione automatica delle comunicazioni in entrata, per smistare istanze e PEC senza intervento manuale, alla sintesi di documenti complessi, dal supporto alle procedure amministrative all’analisi dei contratti pubblici. 

L’adozione di queste tecnologie è guidata dalla Strategia Nazionale per l’IA 2024-2026 e dalle Linee guida AgID, che indirizzano le PA verso soluzioni affidabili e trasparenti. Ma l’IA non è solo un acceleratore, è anche un potenziale “collante” per l’archivio frammentato. Tecnologie di classificazione ed entity recognition possono mappare e ricollegare documenti dispersi nei silos, offrendo una prima via per ricostruire quella visione unitaria che la Prof.ssa Guercio ha definito irrinunciabile. Tuttavia, la piena efficacia di queste tecnologie dipende dalla capacità del sistema di collaborare. 

Riuso del software: non codice, ma comunità 

“Il riuso è l’innovazione più sottovalutata della PA”. Con questa affermazione, Francesco Giachi ha evidenziato alla platea come il potenziale di questo modello sia ancora largamente inespresso. Le cause sono note: Linee Guida troppo giuridiche e poco operative, mancanza di modelli di collaborazione sostenibili e una visione del riuso come un semplice “repository” di codice. 

Il cambio di paradigma proposto è radicale: “Il riuso non è software. È comunità”. Un progetto software in riuso sopravvive e prospera solo se supportato da una comunità attiva di amministrazioni e aziende. Il successo non dipende dal pubblicare il codice, ma dal creare una governance condivisa, definire roadmap evolutive comuni e stabilire modelli economici chiari. La visione di Giachi sposta il dibattito da un piano puramente tecnico-legale a uno di governance e community management, un territorio spesso inesplorato nelle strategie ICT della PA. Un approccio “Riuso 2.0” porterebbe benefici enormi: risparmi per le PA, stabilità per le aziende e, infine, servizi migliori e più affidabili per i cittadini. 

Passare dalla consapevolezza e all’azione 

L’evento ” Documenta Futura: dati, archivi e wallet” ha lanciato un messaggio forte e chiaro: la trasformazione digitale della PA passa inevitabilmente da una gestione documentale strategica e integrata. Le sfide sono complesse. Non basta invocare l’innovazione, bisogna governarla: superare la frammentazione dei silos, ricordando che “tutto è semplicemente archivio”; colmare un pericoloso divario di competenze e responsabilità; e abbracciare le nuove frontiere normative e tecnologiche in modo consapevole, trasformando principi come il riuso da adempimento a pratica collaborativa, perché, come detto, “il riuso è comunità”. 

L’appello finale è una sfida diretta ai decision-maker della pubblica amministrazione. È tempo di smettere di considerare la gestione documentale come un centro di costo o un obbligo burocratico. È ora di riconoscerla per quello

Recapiti
di Redazione FPA