Nel dicembre 2024, la Direttiva Habitat dell’Unione Europea è stata ufficialmente modificata: il lupo è passato dallo status di “rigorosamente protetto” a quello di “protetto”.
Per opporsi a questa modifica l’OIPA ha appena firmato una lettera per le ONG che chiede agli Stati membri dell’UE di non abbassare lo status di protezione del lupo e di intensificare gli sforzi per raggiungere la coesistenza tra lupi e comunità rurali. Un’azione che mira a dimostrare, dopo un anno dalla modifica della direttiva, che le ONG in tutta l’UE rimangono scettiche riguardo alla svolta politica che l’UE ha fatto sulla protezione della specie, una decisione che non ha preso minimamente in considerazione il parere degli esperti in materia.
Il cambiamento è stato formalizzato dopo che la Convenzione di Berna, che regola la protezione della fauna e della flora selvatiche in Europa, ha aggiornato lo stato di conservazione del lupo. L’UE ha quindi adattato la propria legislazione.
Gli Stati membri dell’UE dispongono ora di maggiore flessibilità nella gestione delle popolazioni di lupo: in alcune aree sarà potenzialmente più facile autorizzare l’abbattimento o misure di contenimento, in particolare in caso di conflitti con le attività agricole o zootecniche.
Una decisione che volta le spalle alla scienza
La decisione “volta le spalle alla scienza”: non ci sono prove che la gestione attraverso l’abbattimento risolva i problemi, e la riduzione potrebbe compromettere i risultati ottenuti finora in termini di conservazione.
Al contrario, le associazioni venatorie e i proprietari terrieri celebrano la decisione come un passo avanti verso una “gestione realistica e sostenibile” dei lupi, tenendo conto solo delle esigenze di agricoltori e allevatori.
Ancora una volta, l’uomo viene posto al livello più alto e più importante rispetto agli altri animali, dimenticando completamente l’importanza e l’uguaglianza di tutti gli animali.
L’impatto sul bestiame in termini statistici è basso. Considerando il patrimonio zootecnico totale in Europa, la probabilità che un singolo animale venga attaccato da un lupo è molto bassa: in media circa lo 0,02%-0,07% all’anno.
Gli attacchi al bestiame, sebbene si verifichino, rimangono statisticamente rari e rappresentano una percentuale minima di tutti gli animali da allevamento. Il lupo è un predatore opportunista, ma evita il contatto umano e tende a colpire soprattutto quando il bestiame non è adeguatamente protetto.
La coesistenza con i lupi è possibile e necessaria
La coesistenza è possibile, ma richiede buone pratiche: recinti, cani da guardia, misure preventive e un equilibrio tra la tutela della biodiversità e la tutela delle comunità rurali. Nei paesi in cui sono state adottate misure preventive, i tassi di predazione sono diminuiti significativamente.
Nonostante ciò, l’Unione Europea ha scelto di abbassare il livello di protezione del lupo, aprendo la strada a tagli più frequenti. Questa decisione molti esperti la considerano affrettata: basarsi esclusivamente sui rischi percepiti, piuttosto che sui dati reali, rischia di mettere in pericolo una specie chiave dell’ecosistema.
Il lupo svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio naturale. Regola le popolazioni di ungulati selvatici, limita l’espansione dei cinghiali e contribuisce alla biodiversità di foreste e pascoli. Ridurre la sua protezione indebolisce un elemento vitale della catena ecologica.
Questo incoraggia tagli indiscriminati, senza affrontare le cause profonde dei problemi del settore agricolo.
Una specie chiave per l’equilibrio dell’ecosistema
Sono già numerose le morti di lupi dovute a cause umane, si vedano ad esempio i dati sui lupi colpiti o uccisi dal bracconaggio e quindi un piano di abbattimento privo di motivazioni scientifiche, ma solo per opportunistiche ragioni politiche, non può che mettere in crisi non solo l’esistenza del lupo come alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, ma l’intero ecosistema che regola la biodiversità, già messo in difficoltà dall’intervento umano.
Il vero problema non è la presenza del lupo, ma la necessità di supportare gli allevatori con strumenti efficaci: prevenzione, indennizzi rapidi, formazione e infrastrutture adeguate. E ancora meglio smettere di mangiare carne e prodotti animali e porre fine all’allevamento.
La modifica normativa facilita la caccia o il controllo selettivo di aree specifiche, il che comporta il rischio che, in assenza di piani di gestione seri e scientificamente fondati, alcune popolazioni locali possano subire un declino troppo rapido o eccessivo.
Il declassamento crea un precedente: se il lupo, un’icona della conservazione, dovesse perdere il suo status di “specie protetta”, ciò significherebbe che altre specie protette potrebbero essere rivalutate in modo analogo, con conseguenze imprevedibili per la biodiversità europea.
Il declassamento dello status di protezione del lupo mina anche gli sforzi esistenti per sostenere la coesistenza tra lupi e comunità locali; in realtà, è davvero necessario intensificare gli sforzi per raggiungere la coesistenza tra lupi e comunità rurali. Proteggere i lupi in Europa non è solo una questione di importanza ecologica, ma anche un riflesso del nostro impegno per la conservazione della biodiversità e dei valori di coesistenza e tolleranza.
I lupi sono parte integrante del patrimonio naturale europeo e svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi e della biodiversità, e il ritorno del lupo in aree d’Europa dove la specie era stata precedentemente estinta rappresenta un notevole successo di conservazione che non deve essere sprecato. La coesistenza non è solo possibile, ma necessaria.
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