Il progetto di Slow Food Italia sostenuto dal bando Re:azioni semina il cambiamento a partire dal cibo
Costruire una cultura alimentare basata sul piacere e su una forte coscienza ambientale è uno degli obiettivi promossi dagli Orti Slow Food, laboratori a cielo aperto e strumenti didattici efficaci per toccare con mano e conoscere da vicino il cibo che arriva sulle nostre tavole. All’interno della rete degli orti slow, tra quelli curati nelle scuole e quelli di comunità, si coltivano piante e ortaggi di ogni varietà, ma soprattutto nascono idee e si favoriscono processi positivi di cambiamento.
Ne è l’esempio il progetto Orti e Mestieri, come voler bene alla terra attraverso cui, nel corso del 2025, Slow Food Italia ha avviato nuove iniziative in oltre 20 plessi scolastici piemontesi e 5 orti di comunità tra Piemonte e Liguria, sostenute dal bando Re:azioni. Difendi l’ambiente, contribuisci al benessere di domani di Fondazione Compagnia di San Paolo, co-finanziato da Banca d’Alba. I destinatari degli incontri sono stati coinvolti in attività pensate per ciascun contesto, guidate dall’approccio One Health, la visione che mette al centro la salute di ogni essere vivente e dell’ambiente.
«Il progetto ha contribuito a cogliere tutte le sfumature attorno al cibo: è energia per il corpo, è elemento conviviale per la socialità, è tradizione culturale ed è uno strumento per imparare a leggere il territorio. Il cibo che siamo abituati a vedere trasformato o coltivato nei terreni vicino a noi non è per nulla scontato: ogni paese e ogni luogo vantano caratteristiche uniche e questo si riflette nella produzione alimentare. Imparare a leggere le realtà attraverso la lente gastronomica, anche in contesti e territori non ancora conosciuti, significa difendere e sostenere la biodiversità e valorizzare le eccellenze locali, oltre che attivare microeconomie, incrementare il rapporto tra produttore e ristoratore e promuovere pratiche virtuose» afferma Angela Berlingò, dell’ufficio Educazione di Slow Food Italia.
Dalle scuole primarie…
Educare a una buona alimentazione sin da piccoli è fondamentale per costruire una forte consapevolezza rispetto ciò che abbiamo nel piatto. Giochi di squadra, video, racconti, esperienze sensoriali… sono tanti gli strumenti ludico-didattici che hanno guidato i bambini. «Comprendere che non esiste un concetto universale di “cibo buono” ha destato nei partecipanti molto stupore: sono rimasti colpiti dalla ricchezza gastronomica del mondoー commenta Maria Vittoria Calestani, una delle formatrici Slow Food coinvolte nel progetto ー. Bambine e bambini hanno condiviso le proprie esperienze personali. Molti avevano già potuto vivere l’esperienza dell’orto insieme alle proprie famiglie, rafforzando alcuni concetti, come quello di stagionalità e tempo di attesa, che in altri contesti urbani non vengono trasmessi». Con il supporto di Federica Povero, nutrizionista e collaboratrice di Slow Food, i giovani studenti hanno imparato a leggere le etichette, scoprendo proprietà nutrizionali degli alimenti, per capire come questi si trasformino in energia per il nostro corpo.
…Alle scuole secondarie di primo e secondo grado
Oggi tantissimi ragazzi credono di essere correttamente informati sul cibo dal punto di vista nutrizionale, anche grazie agli strumenti tecnologici che hanno a disposizione. Tuttavia anche loro sono esposti a falsi miti e per questo è importante agire con interventi educativi mirati.
Oltre a discutere in aula di alcuni concetti legati all’educazione alimentare, anche i ragazzi e le ragazze delle scuole secondarie di primo e secondo grado hanno approfondito la conoscenza delle etichette alimentari, focalizzando l’attenzione sull’etichetta narrante di Slow Food. Dietro ogni scelta che facciamo nel momento della spesa c’è molto più di un “semplice” prodotto: la selezione delle materie prime, la tutela della biodiversità, le tecniche di lavorazione, la manodopera di produttori e produttrici, il rispetto del territorio e tanto altro. Le caratteristiche organolettiche e sensoriali di un prodotto buono, pulito e giusto variano tantissimo, esistono infinite sfumature all’interno di una stessa categoria ed è proprio questo a distinguerlo da un cibo processato o da produzione intensiva.
Gli studenti e le studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado hanno preso parte al percorso didattico Mestieri che vogliono bene alla terra, scoprendo in prima persona le professioni che contribuiscono nel quotidiano a difendere e preservare la diversità agronomica, l’ambiente e il territorio. Attraverso le visite in azienda hanno conosciuto i custodi della biodiversità della rete Slow Food come allevatori, agricoltori, trasformatori, commercianti e apicoltori. Assaggiando i loro prodotti, in comparazione con quelli standardizzati, hanno potuto apprezzare le differenze organolettiche e questo ha innescato sorpresa e curiosità, anche per il fatto che, in un contesto ludico come la gita scolastica, molti hanno scoperto alimenti che normalmente non avrebbero anche assaggiato.
Avere la possibilità di vedere da vicino e vivere attraverso un’esperienza diretta mestieri ritenuti, ancora troppo spesso, “umili”, ha acceso diverse lampadine: molti ragazzi hanno scoperto nuove possibilità per il proprio futuro, mestieri che prima non consideravano.
Orti di comunità: la casa di reclusione di Saluzzo (Cn)
Negli orti comunitari il progetto ha assunto caratteristiche differenti rispetto al lavoro avviato nelle scuole: ogni attività è stata declinata secondo le esigenze del singolo contesto. All’interno degli orti di comunità sono stati realizzati percorsi formativi sulla sana alimentazione, fornendo strumenti per muoversi nelle scelte della quotidianità. Tra gli orti coinvolti, anche quello della casa di reclusione Rodolfo Morandi di Saluzzo (Cn). Il primo aspetto approfondito insieme ai circa 50 detenuti coinvolti nel progetto – avviato insieme alla cooperativa Voci erranti di Savigliano (Cn) – è stato quello della corretta gestione degli alimenti: durante il percorso formativo sono stati affrontati alcuni aspetti della corretta conservazione e manipolazione del cibo per evitare rischi di contaminazione. Anche la sensorialità ha avuto un ruolo importante durante gli appuntamenti e l’assaggio guidato di prodotti artigianali e industriali ha permesso di riflettere sulle diverse caratteristiche organolettiche e sugli aspetti nutrizionali degli alimenti.
«Durante uno degli incontri, i detenuti hanno raccontato che l’esperienza sensoriale di un cibo buono è tra le cose di cui sentono più la mancanza, dato che nei menù delle strutture di reclusione sono in gran parte utilizzati prodotti a lunga conservazione che mancano quindi della fragranza del cibo fresco. Riassaporare i gusti consente di far riaffiorare nella mente i sapori di casa, la famiglia, il senso di appartenenza a un territorio e alla propria comunità» racconta Calestani, sottolineando come il cibo contribuisca alla costruzione identitaria di ogni persona. A ciascun partecipante è stato chiesto di raccontare una ricetta che gli ricordasse casa e in tante testimonianze ha spiccato l’utilizzo del peperoncino. È per questo che nell’orto presente all’interno della casa di reclusione, coltivato da alcuni detenuti, il capsicum la fa da padrone.
Tra le colture presenti nell’orto ci sono anche i frutti di bosco, messi a dimora per arricchire i prodotti da forno del biscottificio interno alla struttura: un progetto di reinserimento lavorativo a cura della cooperativa Voci erranti, che li fa conoscere e apprezzare da tutta la cittadinanza.
Tutti giù per terra! L’orto di comunità di Quiliano (Sv)
L’idea di creare un orto terapeutico a Quiliano (Sv) nasce nel 2018 grazie all’associazione Autismo Savona Guardami negli occhi e con il coinvolgimento di Slow Food Savona, per creare uno spazio di accoglienza dedicato a ragazzi con disturbo dello spettro autistico o altre disabilità. Ogni ortolano qui viene accompagnato e seguito da un educatore: oltre ai circa 11 ragazzi che frequentano settimanalmente l’orto, si aggiungono una trentina di studenti con disabilità da alcune scuole locali. Nell’orto si coltivano vari alberi da frutto tra cui l’albicocca di Valleggia, Presidio Slow Food, e le erbe aromatiche, e si allevano persino le galline. Questo è un luogo che trasmette uno stato di benessere, in cui i ragazzi e le ragazze si sentono a proprio agio: oltre al miglioramento nelle abilità agricole, le famiglie hanno infatti riscontrato enormi benefici a livello sociale ed emotivo. Nell’orto Tutti giù per terra, per incentivare l’autonomia e l’indipendenza, ognuno svolge il proprio ruolo in un’agenda visiva composta da immagini che varia ogni settimana, rispettando i bisogni specifici e le esigenze di ciascuno: per i ragazzi, che corrono impazienti di iniziare le attività e con gli occhi ricchi di entusiasmo, questo angolo verde rappresenta un posto quasi magico.
Le attività realizzate a Quiliano nell’ambito del bando Re:azioni. hanno coinvolto circa 20 persone, tra cui i giovani utenti del progetto di autonomia abitativa La casa delle Autonomie. Nel corso degli incontri è stato sottolineato, in chiave ludico-didattica, il rapporto tra il cibo e la salute del pianeta, approfondendo i concetti promossi da Slow Food e riflettendo sull’impatto ambientale delle filiere alimentari. Seguendo il linguaggio e le tecniche di lavoro all’interno dell’orto terapeutico, sono stati creati percorsi a tappe per esplorare i cinque sensi e costruire un lessico comune sulle caratteristiche del cibo.
Gli orti di quartiere di Torino
A partire dal 2021 nella cornice torinese sono state recuperate diverse aree verdi abbandonate, divenute oggi progetti di bellezza urbana, luoghi di scambio e di condivisione dove la cittadinanza si prende cura degli spazi comuni facendo germogliare nuove piante, ma soprattutto nuovi legami nel vicinato. Le attività del progetto Orti e Mestieri, come voler bene alla terra hanno coinvolto i tre orti di comunità di corso Rosai, piazza Moncenisio e piazza Risorgimento. Più che essere spazi per approcciarsi all’agroecologia, rappresentano vere e proprie occasioni di convivialità e il pubblico di riferimento è variegato: ci sono persone anziane, altre che vivono da sole, giovani famiglie con bambini, studenti fuorisede o utenti in reinserimento comunitario. Slow Food Italia, insieme all’associazione ArchiMente di Torino, ha voluto proporre anche in questi contesti un programma di incontri incentrati sulla sensorialità e sulla sostenibilità alimentare che si sono tenuti durante tutto il 2025.
Il progetto Orti e Mestieri, come voler bene alla terra è sostenuto dal bando Re:azioni. Difendi l’ambiente, contribuisci al benessere di domani di Fondazione Compagnia di San Paolo e co-finanziato da Banca d’Alba.