di Francesco Cavallaro, Segretario Generale CISAL

Parlare di Mezzogiorno significa parlare dell’Italia intera. Perché il Sud non è una periferia geografica: è una parte fondamentale di questo Paese, un motore culturale, sociale ed economico che da troppo tempo vive però in condizioni di disuguaglianza strutturale. Non è un destino e non è una condanna: è una scelta politica che si può correggere. La CISAL lo ripete da anni: senza un progetto serio per il Sud non esiste un progetto serio per l’Italia. Il Mezzogiorno continua a essere il territorio dove la disoccupazione è più alta, dove i giovani abbandonano la propria terra per mancanza di opportunità, dove il lavoro spesso è precario o sottopagato, dove gli investimenti arrivano a macchia di leopardo e dove i servizi – trasporti, sanità, scuola – procedono con fatica. Eppure è allo stesso tempo un’area piena di energie, competenze, imprese che resistono, comunità che innovano e lavoratori che, nonostante tutto, credono nel proprio futuro. La verità è semplice: al Sud non manca il talento, manca la possibilità di trasformarlo in sviluppo. Serve una politica industriale che non si limiti a piccoli interventi dispersivi, ma che scelga settori strategici e crei condizioni per far nascere e crescere lavoro stabile. Dalla logistica alle energie rinnovabili, dal turismo di qualità alla manifattura avanzata, dall’agroalimentare ai servizi digitali: il Mezzogiorno può diventare un laboratorio nazionale di innovazione, se gli si dà la stessa infrastruttura materiale e immateriale del resto del Paese. La CISAL chiede un impegno concreto su tre fronti: occupazione, servizi e contrattazione.
Sul lavoro, va fermata la spirale dei contratti poveri che continua a penalizzare i lavoratori meridionali. Il Sud ha bisogno di lavoro vero, non di sussidi isolati o progetti a tempo. Ha bisogno di stabilità, di crescita salariale, di formazione continua che accompagni l’ingresso nelle nuove professioni. Sui servizi, occorre un piano straordinario per la mobilità, la sanità territoriale, le reti digitali, l’istruzione. Senza servizi adeguati non si attraggono investimenti e non resta nessuno. Sulla contrattazione, infine, il Sud merita tavoli che riconoscano il valore del lavoro e garantiscano equilibrio tra produttività, diritti e qualità dell’occupazione. Le imprese devono essere messe nelle condizioni di crescere, ma i lavoratori devono essere messi nelle condizioni di vivere con dignità. C’è un’altra grande questione: i giovani. Ogni ragazzo che lascia il Sud per mancanza di opportunità è una sconfitta collettiva. Non può esserci un Paese che rinuncia al futuro di un’intera generazione. Valorizzare il Mezzogiorno significa invertire la rotta, offrire prospettive, restituire fiducia. Il Sud non chiede assistenza, chiede responsabilità. Non chiede privilegi, chiede equità. E chiede un’Italia che non si rassegni alla geografia delle disuguaglianze. La CISAL continuerà a battersi perché il Mezzogiorno sia finalmente considerato ciò che è: non un problema da gestire, ma una risorsa da liberare. Perché quando cresce il Sud, cresce l’Italia. E quando il lavoro torna a essere protagonista, allora può tornare a essere protagonista anche il futuro.