Ripensare il rapporto tra PR e giornalisti: nuovi media, conferenze stampa e comunicazione efficace

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10/03/2025

Ezio Bertino, Delegato FERPI Piemonte e Valle d’Aosta

L’analisi della nostra bravissima Anna Romanin apre una riflessione fondamentale sul rapporto tra PR e giornalisti e sul ruolo ancora centrale del comunicato stampa. Ma c’è un elemento che merita di essere approfondito: il peso crescente dei nuovi media nel mondo dell’informazione.

Oggi il giornalismo non è più quello di dieci anni fa. Se da un lato è vero che molti giornalisti non amano essere contattati via social, dall’altro è innegabile che questi strumenti siano ormai essenziali per la diffusione delle notizie. Insieme ai social, anche le newsletter, i podcast e le piattaforme indipendenti sono diventati fonti primarie di aggiornamento per molti professionisti dell’informazione. Eppure, il comunicato stampa continua a essere ancorato al formato tradizionale. Perché non adattarlo a questi nuovi strumenti?

Immaginiamo un comunicato stampa in versione audio, sotto forma di mini-podcast, magari da ascoltare tra un appuntamento e l’altro. Oppure un formato newsletter, con un linguaggio più diretto e immediato, pensato per chi riceve centinaia di email al giorno. O ancora, un comunicato interattivo, arricchito da link a video, dati e approfondimenti personalizzabili. Sarebbe un modo per rendere il comunicato stampa più efficace e allineato alle nuove abitudini di consumo dell’informazione.

Ma se il comunicato stampa ha bisogno di evolversi, il discorso vale ancora di più per le conferenze stampa. Un dato dell’articolo fa riflettere: quasi la metà dei giornalisti le considera poco o per nulla utili. Questo significa una cosa sola: vanno ripensate completamente. Oggi, con la tecnologia a disposizione, una conferenza stampa può essere molto più di un evento statico e prevedibile. Deve diventare un’esperienza interattiva.

Un live streaming, per esempio, potrebbe integrare la possibilità di porre domande via chat, accedere a materiali esclusivi e interagire in tempo reale. Invece di un’ora di presentazione, si potrebbero fornire contenuti mirati e on-demand, personalizzati in base agli interessi specifici di ogni giornalista. Perché non pensare a conferenze stampa distribuite, con piccoli incontri one-to-one, in presenza o online, piuttosto che a un unico grande evento che spesso si traduce in un monologo?

Tuttavia, è giusto considerare anche un altro aspetto. Se da un lato il digitale offre nuove opportunità, dall’altro pone una sfida concreta: la gestione dell’attenzione. I giornalisti di oggi lavorano con ritmi frenetici, si occupano di mille cose contemporaneamente e sono sommersi da notifiche, email e richieste continue. Un evento online, se mal strutturato, rischia di diventare una distrazione più che un’occasione di informazione efficace.

Rispetto a un evento in presenza, una conferenza digitale non impone lo stesso livello di concentrazione. Il rischio è che il giornalista tenga aperto il meeting senza seguirlo davvero, magari mentre risponde ad altre email o chiude un articolo in scadenza. Se poi tutte le aziende e gli enti iniziassero a organizzare conferenze online senza alcuna innovazione, il risultato sarebbe un sovraccarico informativo che porterebbe i giornalisti a ignorarle del tutto.

La soluzione non è abbandonare le conferenze stampa, ma ripensarle per adattarle alle esigenze reali di chi ne fruisce. Devono essere più brevi, più mirate e, soprattutto, più utili. Non dovrebbero mai superare i trenta minuti, con una prima parte dedicata alla notizia chiave e una seconda per le domande. Se il tema è complesso, meglio fornire materiali di approfondimento in anticipo, così i giornalisti possano arrivare già informati.

Un altro aspetto importante è la personalizzazione. Dare ai giornalisti la possibilità di prenotare domande in anticipo aiuta a evitare lunghe e dispersive sessioni di Q&A. Creare stanze virtuali per brevi incontri individuali con i portavoce permette un’interazione più diretta e produttiva. E per chi non ha potuto seguire l’evento in diretta? Registrare la conferenza e inviare un riassunto testuale e video subito dopo è un modo semplice ed efficace per garantire la massima fruibilità.

Anche l’approccio all’invito deve cambiare. Meglio evitare di coinvolgere indiscriminatamente troppi giornalisti, ma selezionare chi è davvero interessato all’argomento. E per chi non può partecipare in tempo reale, perché non offrire un’alternativa? Un podcast breve con i punti chiave, una newsletter con i dati principali, una Q&A scritta o un video di sintesi potrebbero essere soluzioni perfette per diversificare la fruizione dell’informazione.

Le conferenze stampa online possono essere un’opportunità straordinaria, ma solo se progettate con intelligenza. Devono essere brevi, interattive e disponibili on demand, senza trasformarsi nell’ennesima fonte di distrazione per chi già gestisce una mole di informazioni enorme. Il punto non è fare più eventi digitali, ma farli meglio.

In un contesto in cui il tempo è la risorsa più preziosa e l’attenzione è sempre più frammentata, le conferenze stampa devono offrire un valore reale ai giornalisti. Se si limitano a ripetere il contenuto di un comunicato stampa, non stupisce che vengano ignorate.

L’articolo su FERPI chiude con un’affermazione chiave: "Il comunicato stampa non è morto, si è evoluto". Una verità indiscutibile. Ma la vera domanda è: si è evoluto abbastanza?

Oggi, l’informazione è frammentata, multi-canale e personalizzata. Non possiamo più immaginare la comunicazione come un flusso unidirezionale tra PR e giornalisti. Dobbiamo adattarci ai nuovi strumenti, creare contenuti su misura e valorizzare la relazione umana, che resta il vero cuore della professione.

Se vogliamo che il comunicato stampa resti centrale, dobbiamo renderlo più dinamico e integrato nei nuovi media. Se vogliamo che le conferenze stampa abbiano ancora un senso, dobbiamo reinventarle con un approccio più strategico e digitale.

L’informazione sta cambiando. E la comunicazione d’impresa? Saprà tenere il passo?

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